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Medici ospedalieri, nella liquidazione niente indennità. Possibile raffica di ricorsi

Medici ospedalieri, nella liquidazione niente indennità. Possibile raffica di ricorsi

Per migliaia di medici ospedalieri potrebbe essere scattata l’ora di capire se si sono visti decurtati gli importi della liquidazione: alcune voci non conteggiate infatti potrebbero essere soggette a rientrare nella base per il calcolo della somma, specie per gli ex primari, e il pool di avvocati di Consulcesi valuta di proporre un check-up sul trattamento di fine rapporto/servizio, e anche sull’assegno pensionistico, per l’eventuale istruzione di cause contro le Aziende ospedaliere.


La giurisprudenza è divisa. Secondo un orientamento sviluppato tra i giudici contabili nella liquidazione vanno ricompresi anche compensi percepiti continuativamente ma non citati nelle voci produttive di contribuzione per il calcolo della liquidazione: l’indennità di responsabilità primaziale, l’indennità di struttura specialistica e quella di dirigenza medica maggiorata per il primario. Invece per la legge 152/1968 articolo 11, con orientamento sposato dalla Cassazione con sentenza 3673/97, rientrerebbe solo lo stipendio “comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima e del valore degli assegni in natura, spettanti per legge o regolamento e formanti parte integrante ed essenziale dello stipendio stesso” . Ma anche dopo la sentenza di Cassazione le Corti dei Conti regionali (Campania, n. 480/2005; Emilia Romagna, n.165/1998) hanno riconosciuto il diritto del dirigente medico di veder incluse nella base pensionabile le indennità citate. Per Marco Perelli Ercolini vicepresidente Federspev alla base del problema posto dai primari pensionati e rilanciato da Consulcesi c’è che nel 2000 è cambiato un mondo.

Da quell’anno per i pubblici dipendenti neoassunti la liquidazione non si chiama più indennità premio di servizio ma trattamento di fine rapporto come nel privato, mentre per i “veterani” continua ad esserci l’Ips. Tra i due istituti però c’è una differenza molto grande. Nell’Ips i contributi sono versati a titolo di premio mutualistico su base corporativa. Perciò non tutte le voci stipendiali che finiscono nell’assegno pensionistico entrano nella contribuzione per l’Ips, ma solo le fisse e continuative e tra queste bisogna vedere se vanno incluse le indennità citate. Nel Tfr invece, pur essendoci problemi di altro genere (i dipendenti pubblici continuano a pagare loro la contribuzione) vanno conteggiate tutte le indennità per legge“.

Ai medici assunti prima del 2000 e pensionati in questi anni – continua Perelli – le voci in questione non sono state fatte rientrare nell’Ips dagli uffici contabili di Asl e ospedali. Ma contenziosi sollevati da chi non si è visto conteggiare il presunto diritto in busta paga sono stati vinti in forza dell’interpretazione secondo cui Ips e Tfr sarebbero concetti affini e tutte le voci vanno computate. Indennità dopo indennità, le sentenze favorevoli dei magistrati contabili hanno costruito una giurisprudenza che in sostanza equipara Tfr e Ips. E ora siamo alla resa dei conti. Tutto ciò avviene in un pubblico impiego che non è avvantaggiato in materia: ad esempio nel privato la liquidazione – sia essa Tfr o Ips – si paga in unica soluzione mentre ai dipendenti pubblici è versata a scaglioni annuali“.