Dipendenti pubblici: le ferie arretrate non si perdono automaticamente

Monetizzazione delle ferie non godute: l’endemica carenza di organico nel reparto non libera il datore di lavoro dall’obbligo di corrispondere l’indennizzo per le ferie non godute al lavoratore cessato dal servizio. Approfondisci.

Sommario

  1. L’ultima sentenza della Cassazione
  2. Il valore del potere di autoassegnazione delle ferie
  3. I principi fondamentali della giurisprudenza sulle ferie non godute
  4. Gli obblighi del datore di lavoro per garantire il diritto alle ferie
  5. La decisione della Cassazione: focus sull’onere probatorio e sulle responsabilità aziendali

L’ammontare dei giorni di ferie che i dipendenti pubblici non hanno potuto godere nel corso del loro rapporto di lavoro è piuttosto allarmante, così come la platea di coloro che, anche in ragione del termine prescrizionale decennale a decorrere dalla cessazione dal servizio, avrebbero diritto di ricevere un’indennità economica a ristoro dei giorni di riposo perduti.

L’incremento delle diffide, verosimilmente correlate a due pronunciamenti resi dalla Corte di Giustizia Europea nel 2024, ha portato diverse amministrazioni addirittura a richiedere pareri alle varie sezioni regionali della Corte dei Conti, peraltro in gran parte respinti per inammissibilità, circa la liquidabilità o meno dell’indennizzo ai loro ex dipendenti.

In taluni casi, a finire sul tavolo dei magistrati contabili, nelle sezioni di controllo, sono stati gli stessi bilanci preventivi ed i rendiconti consuntivi delle Regioni e degli enti che compongono il SSN che, in sede di verifica del rispetto degli criteri di sostenibilità economica dei servizi e dell’assenza di irregolarità che possano  pregiudiziale, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari, si sono dovuti occupare anche della questione relativa alla gestione delle ferie dei dipendenti ed, in conseguenza, della loro monetizzazione in caso di cessazione del rapporto.

L’ultima sentenza della Cassazione

È di qualche giorno fa l’ultimo pronunciamento della Cassazione (ord. 5496/2025) che, ripercorrendo sinteticamente il suo consolidato orientamento, ha di fatto annullato la pronuncia di rigetto della domanda presentata da un dirigente sanitario, inizialmente accolta in primo grado e poi respinta in appello, stabilendo alcuni punti saldi sulla legittimità della richiesta indennitaria, invitando il giudice del rinvio a tenerne conto in sede di riesame della vicenda.

Nello specifico, la Corte di Appello aveva sostenuto che la monetizzazione non sarebbe stata dovuta al dirigente perché, avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non lo avrebbe esercitato, né avrebbe dimostrato la ricorrenza di necessità aziendali, assolutamente eccezionali ed obiettive, ostative alla fruizione.

Nel motivare il suo fermo dissenso rispetto a questo ragionamento, la Cassazione ha ripercorso, con illuminante sinteticità, gli approdi essenziali raggiunti negli ultimi tempi, sottolineando con chiarezza il principio fondamentale per cui il dirigente che, al momento della cessazione del rapporto, non ha goduto delle ferie ha diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva, tranne che nell’ipotesi in cui l’azienda non riesca a dimostrare di averlo posto nelle condizioni di esercitare il suo diritto.

Il valore del potere di autoassegnazione delle ferie

Prendendo spunto dal caso concreto (si trattava, infatti, di dirigente amministrativo di una Azienda sanitaria di rilievo nazionale), il collegio ha ricordato che, contrariamente a quanto affermato in sede di merito, “il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, alla cessazione del rapporto non comporta la perdita del diritto all’indennità sostitutiva delle ferie, se il datore di lavoro, in esercizio dei propri poteri di vigilanza ed indirizzo sul punto, non dimostra di avere formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento”.

I principi fondamentali della giurisprudenza sulle ferie non godute

Sulla scorta degli insegnamenti forniti dalla Corte di giustizia europea, sono stati quindi elencati i seguenti principi fondamentali, che dovranno orientare tutte le decisioni amministrative e, giustappunto, giudiziali sul tema delle ferie non godute:

  1. Le ferie annuali retribuite sono un diritto fondamentale e irrinunciabile del lavoratore, con conseguente obbligo da parte del datore di lavoro di agevolarne la fruizione
  2. Il diritto al pagamento di un emolumento economico a compensazione dei giorni di ferie residuati al termine di rapporto è parte integrante del diritto alle ferie annuali retribuite
  3. il datore di lavoro è sempre tenuto a dimostrare di aver adempiuto all’obbligo di concedere le ferie al dipendente
  4. la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto quando il datore di lavoro riesca a fornire la prova di ben specifici elementi.

A tal proposito l’azienda, per tentare di andare esente dall’obbligo di pagamento dell’indennità, dovrà dimostrare di aver invitato il lavoratore a godere delle ferie (se necessario formalmente), nonché di averlo avvisato – in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, queste andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

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Gli obblighi del datore di lavoro per garantire il diritto alle ferie

Fermo il punto che l’onere probatorio ricade, principalmente, sul datore di lavoro ne discende, in termini operativi, che sarà quest’ultimo ad essere gravato, durante il corso del rapporto di lavoro, dall’esercizio dei propri doveri di controllo, vigilanza ed indirizzo sulle modalità di gestione del monte ferie dei propri dipendenti.

Questo significa, in estrema sintesi, che il datore di lavoro deve:

  • organizzare l’attività lavorativa in modo tale da consentire al dipendente di poter fruire delle ferie
  • intervenire per evitare che le esigenze di servizio siano tali da ostacolare la fruizione dei periodi feriali
  • monitorare la gestione delle monte ferie, chiedendo al lavoratore di fruirne ed avvertendolo per tempo del rischio di perdere il beneficio al termine del periodo di riferimento o di quello autorizzato.

La decisione della Cassazione: focus sull’onere probatorio e sulle responsabilità aziendali

Assolutamente chiare le conclusioni raggiunte allora dalla Corte che, facendo sintesi del pensiero fondante delle decisioni della Corte di Giustizia Europea, rileva come il focus risieda  nella necessità previa di verifica (come, peraltro, affermato negli ultimi arresti giurisprudenziali n. 9877/2024 e 9982/2024) di cosa sia stato effettivamente fatto dal datore di lavoro, affinchè le ferie vengano concretamente godute dal dipendente e quali sia, nel caso di specie, la relazione “tra quell’endemica insufficienza di organico, evidentemente non imputabile al lavoratore, e la necessità di assicurare la prosecuzione del servizio, il tutto con la regola ultima di giudizio che, nei casi incerti, pone l’onere probatorio a carico del datore di lavoro e non del lavoratore”.

Cassata pertanto la sentenza di appello, oggetto del ricorso in cassazione, per non essersi attenuta ai principi riconosciuti dalla costante giurisprudenza, avendo erroneamente respinta la domanda del dirigente “in assenza di prova delle circostanze che il datore di lavoro lo avesse invitato a fruire delle ferie residue e che fosse stato assicurato che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedirne il godimento ed ha posto a carico del dirigente l’onere di dimostrare che il mancato godimento delle ferie maturate e non godute nel periodo antecedente alla risoluzione del rapporto per scadenza del termine fosse dipeso da esigenze eccezionali che ne avevano ostacolato la fruizione”.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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