Monetizzazione ferie non godute: il sì della Cassazione al direttore di struttura complessa

La recente sentenza n. 9877/24 ha confermato che anche il direttore di Unità Ospedaliera Complessa ha diritto ad ottenere l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, a nulla rilevando il suo potere di autodeterminazione delle ferie medesime

Sommario

  1. Il caso
  2. Il motivo di ricorso in cassazione
  3. La decisione della Cassazione
  4. Le motivazioni per la decisione

Con la recente ordinanza n. 9877 dell’11/04/2024, la Cassazione continua ad alimentare il revirement che, a partire dallo scorso decennio, ha visto affermarsi il riconoscimento del diritto alla monetizzazione delle ferie non godute anche a quelle categorie di lavoratori che, rivestendo ruoli apicali all’interno delle strutture sanitarie, hanno invocato il pagamento dell’indennità in luogo dei giorni di riposo non potuti fruire in costanza di rapporto.

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Il caso

La questione giunta in Cassazione prende le mosse dalla richiesta del Direttore facente funzioni della UOC di Ortopedia di un Presidio Ospedaliero che, entrato in quiescenza per pensionamento volontario, conveniva in giudizio la sua ex Azienda Sanitaria richiedendo il pagamento di un indennizzo superiore ai 43 mila euro, a ristoro dei 171 giorni di ferie maturate e non godute.

La domanda veniva respinta sia in primo che in secondo grado, con finanche condanna alle spese di lite per il malcapitato dirigente, per cui era costretto a ricorrere alla Corte di Cassazione per sentir affermare il suo buon diritto.

La motivazione del rigetto della Corte di Appello si fondava sul fatto che, ai sensi dell’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/2012, così come interpretato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 95/2016, la monetizzazione delle ferie residuate alla cessazione dell’attività lavorativa, qualora il loro mancato godimento sia dipeso da causa non imputabile al lavoratore, non sarebbe comunque possibile poiché la carenza di personale non sarebbe ostativa alla fruizione delle ferie.

Secondo la Corte, allora, non sussistendo la prova dell'assoluta impossibilità per il dirigente di godere delle ferie, siccome autonomo nell’individuazione di soluzioni che contemperassero l'esigenza di mantenere i livelli essenziali di assistenza e di garantire il recupero delle energie psicofisiche del personale, non potevano rinvenirsi nella fattispecie esaminata i connotati necessari per l’ottenimento dell’indennizzo.

Il motivo di ricorso in cassazione

Presentando un unico motivo di ricorso, il dipendente denunciava nella sentenza impugnata la violazione dell’art.  36 Cost., nonché degli artt. 2109 e 2697 cod. civ., lamentando altresì l’erroneo apprezzamento dell’art. 21 del CCNL del Comparto Sanità 1994-1997.

In particolare, rimarcava la specificità propria della prestazione del dirigente sanitario e delle responsabilità, civili e penali, gravanti sul responsabile di un’unità operativa complessa, rimarcando a vario titolo tutte le carenze organizzative, documentalmente dimostrate, esistenti nel reparto affidato ed alle quali la stessa Azienda aveva tentato di sopperire su esplicita iniziativa dello stesso ricorrente.

La decisione della Cassazione

Come evidenziato, la Corte ha pienamente accolto il motivo di ricorso, richiamando i principi già espressi in precedenza (Cass. 6.6.2022, n. 18140, Cass. 27.11.2023, n. 32830) per cui, sovvertiti gli esiti del rigetto interposto in sede di appello, ha potuto dare finalmente ragione all’insistenza del dirigente medico.

Nel far questo la Cassazione, richiamate le diverse pronunce rese della Corte di Giustizia Europea in materia, ha ribadito il principio per cui il dirigente che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non abbia usufruito tutti tutte le ferie disponibili, mantiene sempre il diritto a ricevere un' indennità sostitutiva, tranne nel caso in cui il datore di lavoro non riesca a dimostrare, con prova integralmente a suo carico, di averlo posto effettivamente nelle condizioni di esercitare il diritto prima del termine del vincolo lavorativo

Approfondendo l’aspetto della dirigenza, che tanto aveva distorto la valutazione nel merito, il Supremo Consesso ha quindi doverosamente rimarcato come l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, che disciplina l’istituto delle ferie annuali retribuite, trovi applicazione anche nei confronti delle figure apicali, trattandosi di norma inderogabile ai sensi del successivo art. 17.

Le motivazioni per la decisione

Pertanto, dovendosi uniformare anche in caso di dirigenza sanitaria ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza comunitaria, si è quindi ricordato come la valutazione del magistrato nazionale debba sempre incentrarsi sul rinvenimento dei seguenti presupposti:

a) che il lavoratore sia invitato "se necessario formalmente" a fruire delle ferie e "nel contempo informandolo - in modo accurato e in tempo utile che se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento";

b) che l’onere di assicurarsi dell'esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite non venga posto interamente posto a carico del lavoratore;

c) che l’onere della prova debba ricadere sempre sul datore di lavoro.

Questa impostazione mantiene la sua validità anche per il dirigente con autonomia di poteri dal momento che, come ricordato dalla stessa Corte, il potere di autodeterminazione delle ferie del dirigente di struttura complessa non può intendersi in modo assoluto, né tantomeno soverchia l’obbligo del datore di lavoro di appurare che il lavoratore sia posto effettivamente in grado di fruire delle ferie.

Nessun rilievo assume, di per sé, la circostanza che il dirigente di struttura complessa abbia poteri di autodeterminazione delle ferie (Cass. n. 32380/2023), atteso che la perdita del diritto e, per l’effetto, della corrispondente indennità sostitutiva scaturiscono unicamente dal fatto che il datore di lavoro riesca ad offrire la dimostrazione di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente - e di averlo nel contempo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, nel caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

La sentenza di appello è stata quindi riformata per non essersi attenuta ai principi condivisi dalla consolidata giurisprudenza, ritenendo prevalenti i poteri organizzativi del dirigente rispetto all’ingente numero di ferie accumulate ed alle carenze di personale riscontrate, così annullando il diritto alla monetizzazione delle ferie, che invece deve essere confermato anche in caso di dirigente di struttura complessa.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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