Responsabilità del fisioterapista: come evitare rischi legali

L’attività del fisioterapista si innesca, ormai sempre più, nell’ambito di una gestione multidisciplinare del paziente, con prestazioni sanitarie svolte in modo discronico. In questa modalità, come si configura la responsabilità professionale?

Sommario

  1. L’autonomia professionale del fisioterapista
  2. Il progetto riabilitativo, cos’è e a cosa serve
  3. La presa in carico e gli obblighi di garanzia del fisioterapista
  4. Con la regola dell’affidamento viene tutelata l’autonomia del singolo operatore

La professione del fisioterapista, al pari delle altre regolate dalla normativa vigente, è definitivamente entrata in una nuova era che, oltre agli auspicabili vantaggi in termini di crescita ed autonomia professionale, dischiude la categoria ad un sempre maggiore ampliamento del perimetro della responsabilità civile, penale, contabile ed amministrativa, complice il richiamo, contenuto nelle disposizioni della l. n. 24/2017 (cd. legge Gelli), a tutti coloro che esercitano indistintamente la professione sanitaria, nel cui ambito rientra a buon diritto anche questa specifica categoria.

A questo si deve aggiungere la circostanza, per cui sempre di più nel mondo della sanità, ma anche del diritto applicato a questa specifica branca, si fa riferimento alla nozione di trattamento sanitario multidisciplinare che, implicando il coinvolgimento di più professionalità diversamente competenti, rende ancora più complessa l’individuazione dei profili di responsabilità di ciascuno sia per il fatto proprio, che per quello commesso da altri partecipanti all’équipe che, invece, si sarebbe dovuto attenzionare.

L’autonomia professionale del fisioterapista

Per comprendere la portata del concetto di 'autonomia professionale' che contraddistingue l'operato del fisioterapista, occorre precisare come questa si svolga all’ambito del profilo e delle competenze professionali proprie del fisioterapista e, comunque, in rapporto con le diagnosi e prescrizioni di stretta competenza medica, ovvero all' interno di una preliminare individuazione del problema clinico e del tipo di risposta riabilitativa necessaria, oltre che della verifica dei risultati.

Questi principi delimitativi del perimetro di autonomia discendono direttamente sia dall’inciso "in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico" contenuto nel D.M. 14 settembre 1994, n. 741 (recante il "Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista"), che dal riferimento ai "profili professionali" previsto dall'art. 2 L. n. 251 del 2000 (concernente la "Disciplina delle professioni sanitarie, infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica").

Secondo il richiamato decreto ministeriale, il fisioterapista è quindi l'operatore sanitario, in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita.

Quindi, nell’ambito della diagnosi e delle prescrizioni del medico, il fisioterapista tenuto conto delle proprie competenze può:

  1. elaborare, anche in équipe multidisciplinare, la definizione del programma di riabilitazione volto all'individuazione ed al superamento del bisogno di salute del disabile;
  2. praticare autonomamente attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilità motorie, psicomotorie e cognitive utilizzando terapie fisiche, manuali, massoterapiche e occupazionali;
  3. proporre l'adozione di protesi ed ausili, ne addestra all'uso e ne verifica l'efficacia;
  4. verificare le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale.

Nel sistema sanitario vigente le funzioni del fisioterapista sono quindi propriamente esecutive rispetto a quelle del medico fisiatra, al quale spetta la definizione del programma riabilitativo del singolo paziente e la predisposizione dei singoli atti terapeutici, di cui resta responsabile, anche se la loro esecuzione è frutto del lavoro di un'equipe della quale fa parte anche il fisioterapista.

L'art. 1, comma 2, del richiamato D.M. 741/1994 va dunque inteso nel senso di consentire al fisioterapista di prestare la propria attività, prendendo comunque a riferimento le diagnosi e le prescrizioni del medico, sia autonomamente che in équipe, ma solo in funzione esecutiva delle prescrizioni mediche.

Il progetto riabilitativo, cos’è e a cosa serve

Nell’ambito della presa in carico di un paziente che necessiti di un intervento di natura riabilitativa, si assiste di norma ad una gestione multidisciplinare, che implica la partecipazione di diversi professionisti che sono chiamati a prestare la loro opera in cooperazione fra loro, condividendo modalità e principi generalmente contenuti nel cd. Progetto Riabilitativo Individuale (PRI), redatto dal medico specialista fisiatra.

Vengono quindi elaborati specifici programmi terapeutici, ritagliati chiaramente sulle esigenze del singolo caso trattato, che vendono però condotti dal singolo protagonista del progetto riabilitativo in modo spesso autonomo, ma con la dovuta integrazione gestionale e di scopo comune a tutti.

Questo implica che, diversamente da quanto spesso si creda, ciascun membro del team coinvolto nel progetto riabilitativo deve sempre mantenere la piena consapevolezza, non soltanto dei contenuti del proprio intervento, ma anche di quello realizzato dagli altri e delle rispettive sfere di competenza ed autonomia professionale.

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La presa in carico e gli obblighi di garanzia del fisioterapista

Nel momento in cui un paziente si affida ad una struttura, pubblica o privata che sia, si genera la cd. “presa in carico”, che poi nell’ambito della prestazione sanitaria complessivamente resa dai singoli professionisti viene ripartita su ciascuno nel rispetto delle rispettive aree di competenza ed intervento.

Questa posizione di garanzia rispetto al paziente viene assunta da tutti gli operatori, che materialmente svolgono una prestazione che, pur mantenendo la propria autonomia, si integra con le altre venendosi ad identificare una sorta di attività in équipe, in cui ciascun componente assume una posizione di tutela, sia qualora operino sincronicamente (ossia nel medesimo contesto di spazio e di tempo), sia qualora intervengano in modo diacronico, ovvero mediante attività temporalmente o funzionalmente distinte fra loro.

In questo caso, il più frequente ma spesso meno compreso, si viene a realizzare una successione nella posizione di garanzia tra i vari componenti l’equipè multidisciplinare, che però nasconde in sé delle insidie dovute al fatto che i confini, anche professionali, risultano alquanto sfumati, con aree di sovrapposizione di conoscenze che ampliano il perimetro della responsabilità, nello specifico quella omissiva per non aver fatto ciò che si era nella possibilità di fare e che era lecito attendersi, in quella situazione, dal migliore professionista del settore.

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Con la regola dell’affidamento viene tutelata l’autonomia del singolo operatore

In questi casi, viene a supporto il principio dell’affidamento per cui, non potendosi richiedere a ciascuno di verificare sempre e comunque l’operato altrui, viene maggiormente tutelata la professionalità ed autonomia del singolo operatore, che pertanto non potrà essere chiamato a rispondere di ogni e qualsiasi errore commesso da altri, i quali sono pertanto titolari del proprio specifico obbligo di garanzia derivante dalla presa in carico del paziente.

Ma, come tutte le regole, anche in questo caso vi sono le eccezioni per cui ogni componente di un équipe multidisciplinare è tenuto, non soltanto a svolgere la propria prestazione nel rispetto dei più elevati standard di qualità e competenza possibili, ma non potrà mai esimersi dal conoscere e valutare l’operato altrui, verificandone la correttezza, nonchè segnalando possibili errori che possano emergere in modo evidente, finanche giungendo ad emendarli con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio.

Calando questi principi nell’ambito del progetto riabilitativo e della sua corretta gestione operativa, ne consegue che il fisioterapista, ancorchè responsabile esclusivo della parte esecutiva, non potrà giammai omettere di svolgere quell’ulteriore opera di verifica e controllo della diagnosi e delle prescrizioni formulate dal medico fisiatra rispetto al caso concreto, essendo anch’egli tenuto ad una valutazione fisioterapica attraverso l' anamnesi, la valutazione clinico-funzionale e lanalisi della documentazione clinica prodotta dal soggetto assistito, per cui rischia di concorrere nell’accertamento di responsabilità qualora, davanti ad errori altrui ma agevolmente rilevabili con la dovuta diligenza, abbia omesso ogni intervento per eliminarne o ridurne le conseguenze.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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