L’azione di regresso della struttura privata nei confronti del medico responsabile

A seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 24/2017, c.d. Legge Gelli, a doversi fare carico degli oneri risarcitori nei confronti dei pazienti che asseriscano di aver subito un danno è la struttura sanitaria. Ciò non toglie che esistano specifici strumenti giuridici attraverso i quali la struttura che si trova a corrispondere un risarcimento al paziente in ragione dell’inadempimento di un proprio collaboratore, possa procedere a recuperare quanto corrisposto proprio chiedendolo a quest’ultimo. Questo meccanismo si chiama azione di regresso e/o meccanismo di manleva.

Una premessa doverosa

Il medico è, prima di ogni cosa, un professionista che mette al servizio dei pazienti le proprie competenze con l’obiettivo di migliorare la salute. Ruolo fondamentale di questo professionista è dunque assicurare l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, nell’interesse del singolo e della collettività.

La professione medica può essere esercitata sia privatamente che all’interno di una struttura sanitaria, pubblica o privata. In quest’ultimo caso, la situazione giuridica che si instaura tra le parti è più complessa, in quanto diversi sono i soggetti coinvolti e diversa è la natura dei loro rapporti. Al rapporto tra paziente e struttura ospedaliera, si affianca quello tra paziente e medico dipendente della struttura. 

Il nostro ordinamento prevede un sistema aperto delle fonti delle obbligazioni, specificando con l’art. 1173 c.c. che esse possono originarsi “da ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento”. Dunque, anche un “contatto sociale” intercorrente tra soggetti determinati per ragione fondata giuridicamente può essere fonte di obbligazione, soprattutto in ragione di un eventuale danno al paziente. 

A quali condizione può essere esercitata?

Quando la struttura sanitaria decide di esercitare il c.d. diritto di regresso nei confronti del professionista sanitario collaboratore, è proprio la struttura a dover dimostrare che il professionista è responsabile in via esclusiva. Non spetta, infatti, al medico di dimostrare la presenza di responsabilità a carico della struttura. Tra tutte le pronunce che hanno ribadito il principio, è utile riportare l’attenzione in questa sede a quella della sez. VI della Corte di Cassazione Civile, la n. 24167/2019. 

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione prevede: “(…) laddove la struttura sanitaria, evocata in giudizio dal paziente che (…) si è sottoposto a un intervento chirurgico all’interno della struttura stessa, sostenga che l’esclusiva responsabilità dell’accaduto non è imputabile a sue mancanze tecnico-organizzative ma esclusivamente a imperizia del chirurgo che ha eseguito l’operazione, (…) chiedendo di essere tenuta indenne di quanto eventualmente fosse condannata a pagare nei confronti della danneggiata e in regresso nei confronti del chirurgo (…), è sul soggetto che agisce in regresso che grava l’onere di provare l’esclusiva responsabilità dell’altro soggetto. Non rientra, invece, nell’onere probatorio de chiamato individuare precise cause di responsabilità della clinica (…)”.

Quali sono i termini prescrizionali?

La responsabilità della struttura, avendo natura contrattuale, comporta l’applicazione del relativo termine di prescrizione decennale. Per l’esercente la professione sanitaria, che risponde nei confronti del paziente a titolo di responsabilità extra-contrattuale, invece, il termine prescrizionale è di cinque anni

Chi può esercitare l’azione di rivalsa per ottenere il risarcimento?

L’art. 9 della Legge Gelli ha stabilito che l’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa della struttura sanitaria nei confronti dell’esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave, limite che vale tanto per l’azienda, pubblica o privata che sia, che agisca in rivalsa quanto per l’assicuratore che - pagato il danno – sia surrogato ex art. 1916 comma I c.c..

Le ultime pronunce sul tema

La Corte di Cassazione – nell’ultima pronuncia civile n. 12965/2022 - relativamente all’azione di regresso esercitata dalla Casa di Cura privata nei confronti del medico, per ottenere il rimborso di quanto liquidato a favore della paziente a titolo di danno provocato dall’errore commesso dal sanitario nell’esecuzione di un intervento chirurgico, ha dettagliatamente individuato dei principi importanti. 

Innanzitutto, l’onere probatorio a carico della struttura che, qualora voglia esercitare l’azione di regresso in misura superiore a quella paritaria prevista dalla legge, dovrà necessariamente dimostrare:

  • non soltanto la colpa esclusiva del medico, ma anche la derivazione causale dell’evento dannoso da una condotta palesemente esorbitante rispetto al piano dell'ordinaria prestazione dei servizi di spedalità;
  • che, oltre alla colpa del medico, sussista parimenti l’assenza di qualsiasi trascuratezza da parte della struttura, inclusa la corretta esecuzione di controlli propriamente atto ad evitare rischi da parte dei propri incaricati. 

Il caso di specie

Respinta la domanda sia in primo che in secondo grado, la Casa di Cura presentava ricorso in Cassazione sostenendo, fra l’altro, che il regresso era stato formalmente invocato, avendo effettivamente richiesto la ripetizione della quota di quanto pagato alla parte attrice, in ragione della misura di responsabilità del chirurgo che aveva preso in carico il trattamento della paziente.

La Corte ha quindi accolto il motivo di censura affermando che, nel regime anteriore alla legge n. 24/2017, la responsabilità della struttura sanitaria: “integra, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., una fattispecie di responsabilità diretta per fatto proprio, fondata sull’assunzione del rischio per i danni che al cliente possono derivare dall'utilizzazione di sanitari, quali terzi ausiliari nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale, che dev'essere distinta dalla responsabilità indiretta per fatto altrui, di natura oggettiva, in base alla quale l'imprenditore risponde, per i fatti dei propri dipendenti, a norma dell'art. 2049 cod. civ.”.

Secondo la tesi proposta dal Supremo Consesso, quindi, per i danni provocati dal sanitario la responsabilità deve essere imputata, in modo paritario, anche a carico della struttura secondo il criterio presuntivo previsto dagli artt. 1298, secondo comma, e 2055, terzo comma, cod. civ.

Vi è però un’eccezione: è sempre possibile per la struttura dimostrare “un'eccezionale, inescusabilmente grave ma altresì del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell'obbligazione”. In tal caso, quindi, sarà soltanto il sanitario a rispondere del danno provocato, con conseguente integrale accoglimento della domanda di regresso.

Conclusione

In forza di un rapporto con struttura sanitaria, ma anche più in generale nell’esercizio della professione medica, è bene essere consapevoli e oculati e saper discendere un “contatto qualificato” da un “contatto contrattuale”. A questo deve aggiungersi la consapevolezza di incorrere in dei rischi e l’obbligo assicurativo che secondo quanto stabilito dal testo coordinato del Decreto-legge del 6 novembre 2021 n. 152 (Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose). 

All’art. 38-bis si legge: “Disposizioni in materia di formazione continua in medicina”

1. Al fine di attuare le azioni previste dalla missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, relative al potenziamento e allo sviluppo delle competenze tecniche, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario, a decorrere dal triennio formativo 2023-2025, l'efficacia delle polizze assicurative di cui all'articolo 10 della legge 8 marzo 2017, n. 24, è condizionata all'assolvimento in misura non inferiore al 70 per cento dell'obbligo formativo individuale dell'ultimo triennio utile in materia di formazione continua in medicina.

La formazione continua, la consulenza legale, l’adempimento all’obbligo assicurativo formano la consapevolezza dell’esercizio della professione medica.

Di: Redazione Consulcesi Club

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