Il logopedista in area critica: cosa fa in terapia intensiva, unità spinale e stroke unit

Il logopedista interviene valutando, gestendo e riabilitando i disturbi acquisiti della deglutizione, del linguaggio e della comunicazione. Per questo è fondamentale che faccia parte dell’equipe multidisciplinare che opera in area critica, anche per supportare il caregiver e prepararlo alle dimissioni

Sommario

  1. Ictus e disfagia
  2. Più logopedisti in area critica
  3. La disfagia post-intubazione
  4. Il logopedista per il cargiver

Ogni anno, in Italia, oltre 30mila bambini nascono pretermine. Saper deglutire è la conditio sine qua non perché il neonato possa essere allattato al seno e, più in generale, nutrirsi in maniera naturale. Il corretto sviluppo di questa abilità può essere favorito dal logopedista, un professionista sanitario che, pertanto, dovrebbe essere parte integrante dell’équipe multidisciplinare delle Tin, la Terapia intensiva neonatale. E non solo. “Il contributo del logopedista – sottolinea Tiziana Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti Italiani (FLI) – è fondamentale anche per i pazienti adulti che si trovano in terapia intensiva, ma anche ricoverati in unità spinale, terapia sub-intensiva e stroke unit”. Il logopedista, infatti, interviene valutando, gestendo e riabilitando disturbi acquisiti della deglutizione, del linguaggio e della comunicazione.

Ictus e disfagia

I dati parlano chiaro: tra i pazienti ricoverati in terapia intensiva, sei su 10 hanno difficoltà a deglutire e non riescono né a mangiare, né a parlare come prima dopo aver trascorso del tempo intubati. Questa percentuale si dimezza nelle stroke unit, tra i pazienti colpiti da ictus, che manifestano soprattutto problemi di linguaggio importanti come l’afasia. Eppure, nonostante l’evidente necessità, in tutta Italia, sono solo 60 i logopedisti che lavorano in area critica, spesso come consulenti e non come professionisti integrati nell’equipe di reparto.

Più logopedisti in area critica

Una carenza che ha chiaramente mostrato i suoi limiti durante la pandemia da Covid-19, quando i ricoveri nei reparti di terapia intensiva sono aumentati di 15 punti percentuali. “Durante l’emergenza sanitaria è stato possibile raccogliere molte evidenze che mostrano l’efficacia, e quindi la necessità, dell’intervento dei logopedisti in area critica”, aggiunge Rossetto. Questi professionisti sanitari hanno una formazione specifica che gli consente di aiutare i pazienti a migliorare la loro comunicazione, a ridurre il disorientamento spazio-temporale che può derivare da una lunga sedazione o allettamento, a monitorare il rischio di aspirazione e polmonite ab ingestis (un’infiammazione dei polmoni causata dall’ingresso di sostanze estranee nell’albero broncopolmonare, piuttosto frequente nei soggetti disfagici).

La disfagia post-intubazione

In unità spinali o stroke unit, dove sono ricoverate persone con danni neurologici, i pazienti possono presentare una compromissione delle capacità di comunicazione, verbale e non verbale

Nelle terapie intensive, per la sedazione o per altre patologie associate, i pazienti possono apparire disorientati, confabulanti, hanno episodi di agitazione psicomotoria. È spesso l’estubazione a causare alterazioni della deglutizione: “Sia la forza che la sensibilità della lingua possono subire delle modificazioni, la laringe può danneggiarsi e il riflesso di deglutizione può essere rallentato dai postumi di una sedazione”, spiega la logopedista.

Il logopedista per il cargiver

Più tempo il paziente trascorrerà senza alimentarsi in modo adeguato per via orale e maggiore saranno i rischi di malnutrizione e disidratazione. Condizioni di salute non ottimali possono far aumentare, di conseguenza, anche la durata del ricovero e il rischio di reintubazione, di polmoniti e di mortalità, soprattutto nei pazienti più anziani. “In questo contesto appare dunque centrale il ruolo del logopedista che non si occuperà solo del paziente, ma anche del suo caregiver, fornendogli tutti gli strumenti e le conoscenze necessari affinché, una volta tornati a casa, possa prendersi cura del suo caro con competenza e, soprattutto – conclude Rossetto -, in serenità”.

Di: Isabella Faggiano

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