La questione delle ferie non godute e non monetizzate interessa moltissimi lavoratori, ma nel mondo della sanità la percentuale di soggetti che non riesce a godere dei propri riposi e che da anni (ancor prima della pandemia) si trova a dover sostenere turni massacranti aumenta vertiginosamente. Carenza di personale e mancanza di organizzazione sono le principali motivazioni. Sempre più spesso però i lavoratori decidono di tutelarsi nei confronti delle aziende sanitarie che continuano a non rispondere alle loro richieste o a negare il diritto costituzionale al riposo.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3170/2022) ha ribadito questo fondamentale diritto dei lavoratori ricordando anche la posizione dell’Unione europea in merito e la necessità che ci sia coerenza nell’approccio di tutela di tutti Stati membri.
Prova il tool "Calcolo indennizzo ferie non godute" e verifica quanto puoi richiedere
La decisione della Corte d’appello di Firenze
In secondo grado la Corte d’Appello di Firenze aveva condannato l’Azienda Sanitaria di cui era dipendente il ricorrente a corrispondere oltre 20.000 euro a titolo di indennità sostitutiva per le ferie maturate e non godute, rilevando in particolare che:
- Il diritto all’indennità sorge alla cessazione del rapporto di lavoro qualora le ferie non siano state fruite
- L’indennità è dovuta, anche se non sussiste la responsabilità del datore di lavoro
- Il datore di lavoro non è responsabile solo nelle ipotesi in cui riesca dimostrare che i riposi non sono stati fruiti per volontà ed iniziativa del lavoratore
- L’indennità è quindi dovuta anche in tutte le ipotesi in cui non si ravvisi alcuna responsabilità da entrambe le parti
Le valutazioni della Corte di Cassazione
L’Azienda sanitaria condannata al pagamento ha dunque proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione sostenendo innanzitutto, come spesso accade, che il ruolo dirigenziale del soggetto contemplasse un’ampia autonomia organizzativa che gli avrebbe permesso di decidere, senza ingerenze del datore di lavoro, delle proprie ferie, al punto che il primario si limitava a prendere atto della richiesta del dirigente, ma non effettuava alcuna procedura autorizzativa in merito.
La Corte di Cassazione in risposta alle richieste dell’Azienda sanitaria ha innanzitutto precisato che si può richiedere il pagamento delle ferie non godute, quando alla cessazione del rapporto queste non sono state fruite per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, anche se dirigente.
Questo principio deve essere interpretato, secondo la Corte, in modo conforme al principio di irrinunciabilità dei riposi, previsto dall’art. 36 Cost., di modo che l’indennizzo sarà invocabile da quei dirigenti che non detengano il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro.
La Corte ha poi ricordato che le clausole previste dalla contrattazione collettiva devono essere interpretate tenendo conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, per cui sarà sempre onere del datore di lavoro, e non del lavoratore, «dimostrare di avere esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto», aggiungendo che la mancata corresponsione dell'indennità sostitutiva al momento della cessazione del rapporto può ritenersi conforme alla direttiva 2003/88/CE soltanto quando risulti che «il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle medesime».
La Corte di Giustizia e l’importanza dell’effettività
Confermando la sentenza della Corte d’Appello di Firenze impugnata dall’azienda sanitaria ha ricordato il principio dell’effettivo esercizio del diritto ribadito in diverse sentenze dalla Corte di Giustizia UE. È rilevante, infatti, non il ruolo formale del lavoratore e la sua possibilità di decidere dei suoi riposi in maniera astratta, ma l’effettiva possibilità di decidere in autonomia. In sostanza in tutti i casi in cui non si può dimostrare una diretta responsabilità del lavoratore nella mancata fruizione delle ferie è possibile richiedere l’indennità sostitutiva.