Igiene dentale nei bambini autistici: instaurare una buona relazione

I bambini con disturbi dello spettro autistico presentano ridotte capacità comunicative, di socializzazione e si comportano in modo ripetitivo e schematico. Le strategie per strutturare il primo appuntamento di igiene dentale devono essere flessibili ed individualizzate.

Sommario

  1. Il primo appuntamento di igiene dentale: come gestirlo
  2. Le qualità dell’igienista dentale
  3. Il ruolo della famiglia
  4. Il supporto di immagini, schemi ed imitazione
  5. Il grado di disabilità condiziona il rapporto con il paziente

Eccessiva sensibilità a luci intense e suoni acuti, ma anche estrema difficoltà a stabilire un contatto fisico con l’altro. Sono alcune delle caratteristiche tipiche delle persone affette dalla sindrome dello spettro autistico. Peculiarità che rendono difficoltose sia le visite mediche, che i trattamenti erogati dai professionisti sanitari. Per questo, è importante che l’approccio in situazioni che possono risultare invasive, come una seduta di igiene dentale, sia particolarmente delicato. “I bambini con disturbi dello spettro autistico presentano ridotte capacità comunicative e di socializzazione con gli altri coetanei e si comportano in modo ripetitivo e schematico nei movimenti, nel linguaggio e nella routine. Le strategie per strutturare il primo appuntamento devono, quindi, essere flessibili ed individualizzate per pianificare interventi efficaci che tengano conto delle caratteristiche del singolo”, spiega Antonella Abbinante, presidente AIDI (Associazione Igienisti Dentali Italiani).

Il primo appuntamento di igiene dentale: come gestirlo

L’approccio dev’essere graduale, così da conquistare pian piano la fiducia del piccolo paziente autistico che, solitamente, schiva lo sguardo della persona che si rivolge a lui e non ricambia i sorrisi. Secondo l’esperta, nel primo appuntamento e per la pianificazione di quelli successivi è fondamentale una fase di conoscenza del bambino e della sua risposta agli stimoli. Non è possibile impostare un piano terapeutico senza comprendere, in maniera dettagliata, le caratteristiche individuali che possono rappresentare i punti di forza per un approccio adeguato. La preparazione dell’ambiente deve, inoltre, tenere in considerazione sia l’ipersensibilità al suono, poiché spesso chi è affetto da autismo si tappa le orecchie o si allontana dalla fonte del rumore, che le sensazioni tattili e particolari odori.

Il numero di incontri “preliminari” non è fisso

Tuttavia, pur prestando estrema attenzione ad ogni dettaglio, non è possibile stabilire a priori quanti incontri siano necessari affinché il bambino sia pronto a sottoporsi ad una visita. “Non c’è una strategia d’azione che funzioni per tutti e non esistono scorciatoie – assicura Abbinante -. Il programma va concordato e pianificato step by step con genitori e caregiver”. I primi appuntamenti sono indispensabili per la fase di conoscenza reciproca, affinché il piccolo possa familiarizzare con l’ambiente dello studio dentistico, con l’Igienista dentale e lo staff. Durante le sedute, gradualmente, verranno messe in atto pratiche semplici, come osservare gli strumenti della stanza, contare i denti prima su modelli e poi nella propria bocca, imparare insieme a lavare i denti. “In altre parole – dice la professionista sanitaria -non esiste una regola, ma tante regole per ogni singolo bambino”.

Le qualità dell’igienista dentale

Al di là delle peculiarità del singolo caso ci sono dei presupposti sempre validi: l’operatore deve avere una predisposizione a lavorare con bambini speciali, oltre ad una preparazione professionale mirata, che gli consenta di utilizzare attrezzature tecnologiche minimamente invasive, per ridurre o evitare esperienze dolorose.

Fondamentale sarà anche rendere piacevole la visita odontoiatrica, riducendo al minimo suoni, odori, luci, rumori metallici. “A tal proposito – suggerisce la presidente AIDI – si possono utilizzare accorgimenti, come auricolari con musica per contrastare il rumore, occhiali da sole protettivi contro i bagliori della faretra, pallina antistress, areazione frequente dell’ambiente al fine di ridurre il caratteristico odore dei disinfettanti”.

Il ruolo della famiglia

Colloqui preliminari con familiari e caregiver permetteranno di conoscere ciò che infastidisce ed impaurisce il piccolo paziente per evitare reazioni violente ed essere preparati ad intercettare, prevenire e controllare atteggiamenti che indichino disagio o eventuali crisi. “Attuare l’azione di promozione della salute orale, innanzitutto con gli adulti – spiega la professionista sanitaria – permetterà di preparare il terreno per quella che sarà la modalità di azione in grado di garantire lo svolgimento di un percorso completo, per prevenire e gestire l’insorgenza di lesioni orali in presenza di qualsiasi genere di disturbo psicomotorio. Riuscire a strutturare nel bambino che soffre di questi disturbi le normali abitudini di igiene orale, infatti, è molto spesso un traguardo difficile, se non impossibile, da raggiungere. Per questo laddove non si può ottenere la loro attiva partecipazione è necessario attuare programmi di prevenzione e motivazione diretti principalmente a genitori e caregiver”.

Il supporto di immagini, schemi ed imitazione

Le abilità da apprendere devono essere fornite gradualmente, partendo da nozioni semplici, come mostrare immagini o schemi dei momenti associati all’igiene orale domiciliare con illustrazioni dettagliate dei vari step, macro (bimbo davanti al lavandino e allo specchio che prende lo spazzolino, il dentifricio ecc) e micro (detersione con lo spazzolino delle diverse superfici dentali, settore per settore). Di grande aiuto l’esposizione di questi schemi dimostrativi adesi alle pareti negli ambienti in cui svolgono quotidianamente le manovre di igiene personale (vicino al lavandino), ma soprattutto l’esempio per imitazione dei familiari, che deve essere costantemente dimostrato a casa, metodo ‘tell-show-do’. “Altrettanto utile la realizzazione di una agenda iconica costituita dalla raccolta di immagini e strumenti che dovrà essere mostrata almeno una volta al giorno ad un orario prestabilito per farle rientrare nelle normali abitudini, in quanto la sola comunicazione verbale con un paziente autistico risulta essere inefficiente”, dice Abbinante.

Il grado di disabilità condiziona il rapporto con il paziente

Se i genitori e i cargiver sono motivati e se la pratica diventa routinaria e, quindi, non traumatica si riesce a mantenere una buona regolarità negli incontri. “Tuttavia – aggiunge l’igienista dentale – il rapporto, sia nel bambino che nell’adulto, è indubbiamente condizionato dal grado di disabilità”. Per questo, un intervento tradizionalmente inteso non può essere sufficiente a risolvere il problema se non viene esteso nell’ambiente quotidiano, perché è nel quotidiano che l’autistico deve imparare a vivere.

Gli attuali interventi educativi riabilitativi con ‘presa in carico’, devono prevedere diverse figure professionali e no, che seguano giornalmente il bambino nel contesto che lo riguarda. “La persona, infatti, è unica e quindi unico deve essere il programma terapeutico giocato in diversi luoghi e in diverse situazioni con interventi collegati tra loro. In questo modo sarà possibile realizzare un lavoro sinergico nella stessa direzione. L’autismo è un’interruzione dello sviluppo del bambino: il piccolo non diventa autistico, rimane autistico. Le parole chiave – conclude Abbinante – sono quindi: sinergia, uniformità, continuità e coordinamento”.

 

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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