Osteopatia, un decreto stabilisce finalmente il percorso di laurea

Il percorso per diventare osteopati è stato definito dal decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 febbraio, che ha ufficializzato la professione “osteopatia” tra le professioni sanitarie e ha descritto il percorso di laurea per diventarlo. Un approfondimento sul tema e qualche nodo ancora da sciogliere.

Sommario

  1. Cosa prevede il decreto?
  2. L’iter normativo
  3. L’osteopata in Europa
  4. La questione equipollenze

Lo scorso 16 febbraio il passo che consente alle Università italiane di procedere con la formazione di corsi di laurea specifici è stato compiuto: l’osteopatia è ufficialmente una professione sanitaria che si conquista conseguendo una laurea triennale.

È il n. 39 del 16/02/2024 il decreto apparso in Gazzetta Ufficiale numero che dà seguito al decreto interministeriale n.1563 del dicembre 2023, quello che stabilisce la “Definizione dell’ordinamento didattico del Corso di Laurea in Osteopatia”.

Tra le importanti novità che prevede il decreto, non soltanto il corso di laurea ad hoc ma anche l’estensione della ricerca scientifica in campo osteopatico. Si apre così una nuova e importante era che permetterà ai circa 12 mila osteopati italiani di essere riconosciuti come i professionisti sanitari della prevenzione.

Cosa prevede il decreto?

Un Drp del 2021 aveva già ufficializzato l’osteopatia come “professione sanitaria” e il Roi – Registro Osteopati Italiani conta oggi 5 mila iscritti, nonostante si stima che siano più del doppio quelli che praticano l’osteopatia nel nostro Paese.

Con il recente decreto, è stato definito che «I laureati nella classe delle professioni tecniche della prevenzione svolgono con autonomia tecnico-professionale attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria», un periodo che è integrato con la locuzione «e, infine, attività di prevenzione e mantenimento della salute tramite approcci e tecniche osteopatiche».

Così, il decreto continua con la definizione precisa di osteopata che riportiamo di seguito:

«Nell’ambito della professione sanitaria dell’osteopata, il laureato (…) svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico. (…) Egli pianifica il trattamento osteopatico e predispone modalità di trattamento selezionando approcci e tecniche osteopatiche esclusivamente manuali, non invasive, ed esterne, adeguate al paziente ed al contesto clinico; esegue, in sicurezza e nel rispetto della dignità e della sensibilità del paziente, il trattamento manipolativo osteopatico attraverso tecniche specifiche e selezionate per il singolo paziente; valuta gli esiti del trattamento osteopatico, ne verifica l’appropriatezza e pianifica il follow-up condividendoli con il paziente, con eventuali caregiver e con altri professionisti sanitari; al fine di prevenire alterazioni dell’apparato muscolo scheletrico, promuove azioni educative verso il soggetto in trattamento, verso la famiglia e la collettività; educa il paziente nelle abilità di autogestione dell’organismo e ne pianifica il percorso educativo anche in collaborazione con altri professionisti; a fine trattamento verifica le rispondenze tra metodologia attuata e gli obiettivi di recupero funzionale riabilitativo e psicosociale; reindirizza il paziente al medico inviante quando i sintomi persistono oltre i tempi previsti o peggiorano. Svolge l’attività professionale, di ricerca, di formazione, di autoformazione e di consulenza, nelle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private ove siano richieste le sue competenze professionali, in regime di dipendenza o libero-professionale.»

Il percorso previsto è quello di una laurea triennale e, all’interno del percorso di studi, sono state inserite discipline fondamentali come: Storia della Medicina e Medicina Fisica e Riabilitativa, oltre a nuovi ambiti disciplinari come Scienze tecniche dietetiche applicate e Psicologia clinica. Si punta, quindi, sempre alla formazione degli osteopati che arricchiscono, così, il panel delle professioni sanitarie italiane, migliorandone la qualità dei servizi offerti dal nostro SSN, ma anche dalla sanità privata.

L’iter normativo

Con il decreto che ha stabilito il percorso per diventare osteopati, si conclude l’iter che era stato avviato con la legge Lorenzin, la n. 3/2018 che, tramite il successivo Dpr 131 del 7 luglio 2021, aveva ufficializzato l’osteopatia come professione sanitaria. Sono passati, quindi, ben sei anni da quando, nel 2018, si era cercato di aggiornare gli obiettivi formativi qualificanti della classe delle lauree in professioni sanitarie della prevenzione (L/SNT/4), compresa l’osteopatia.

Ma l’Italia in relazione all’osteopatia non si è sempre classificata in questo modo. Infatti, quando si diffusero le prime pratiche osteopatiche in Francia e Regno Unito, nei primi del Novecento fu proprio l’Italia a svolgere un ruolo cruciale. Nel 1982 nacque la prima scuola di osteopatia a Milano, grazie al contributo di Eddy Deforest, un osteopata belga trasferitosi in Italia. Nel 1988, il TAR Lazio riconobbe il titolo di studio conseguito in Gran Bretagna e nel 1989 nasce la prima associazione italiana dedicata all’osteopatia, il Registro degli Osteopati d’Italia. Nel 1993 l’Italia dà alla luce l’Istituto Superiore di Osteopatia, che avvia un corso quinquennale per la formazione osteopatica a tempo pieno con tirocinio. Prima della Legge Lorenzin e dell’iter che abbiamo pocanzi visto, solo la norma Cen pubblicata nel 2015: un documento condiviso dalle maggiori associazioni europee in tema di osteopatia per stabilire e allinearsi a standard professionali e di formazione a livello internazionale.

L’osteopata in Europa

In Europa, l’osteopatia nasce prima, esattamente nel 1911 con la British Osteopathic Association, ma viene riconosciuta legalmente solo nel 1993, quando viene inserita nel Sistema sanitario anglosassone. Nel 1998 viene costituito il General Osteopathic Council, organo predisposto alla tutela degli standard formativi, dello sviluppo professionale e della sicurezza dell’utenza. Da qui, l’iter osteopatico è in continua evoluzione nel sistema sanitario.

Un trend che si conferma in tutta Europa, grazie alla regolamentazione della materia ottenuta in: Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Islanda, Lichtenstein, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Russia, Svizzera, Turchia. In Danimarca, Gran Bretagna, Lussemburgo, Svizzera, a Malta e in Islanda l’osteopatia è una professione sanitaria e nei Paesi, in cui non è ancora stata regolamentata, gli standard di riferimento per la definizione di un quadro normativo sono quelli definiti dalla norma Cen.

La questione equipollenze

Grazie al decreto appena pubblicato, molte questioni in Italia vengono risolte e l’osteopatia ha piena dignità all’interno del sistema sanitario. Tuttavia, rimane ancora da risolvere il problema “equipollenze”.

Di certo, servirà una regolamentazione che non può limitarsi soltanto all’individuazione dei criteri per l’equipollenza dei titoli pregressi. Ci si aspetta, infatti, un intervento che riguardi la previsione di regolamentazione della transitorietà con riguardo ai corsi in itinere che le scuole stanno svolgendo, anche con attenzione al periodo che intercorrerà tra pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e l’istituzione dei primi corsi di laurea secondo le direttive del decreto interministeriale.

Senza tralasciare, inoltre, la regolamentazione che riguarda la formazione continua.

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

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