Diventare medico in Italia è un percorso lungo e impegnativo, che si estende ben oltre la laurea. Dopo i sei anni del corso di laurea in Medicina e Chirurgia e il superamento del concorso di accesso alla Scuola di Specializzazione, inizia una nuova fase: quella dello specializzando. Ma quanto guadagna davvero un medico specializzando in Italia? Quali sono le tasse, i contributi previdenziali da versare, e come varia la retribuzione in base alla specializzazione?
L’argomento è cruciale per migliaia di giovani medici italiani, spesso alle prese con carichi di lavoro importanti, turni notturni, reperibilità e responsabilità crescenti, ma con una borsa di studio che, secondo molti, non è proporzionata al ruolo svolto all’interno del Sistema Sanitario Nazionale.
Stipendio medici specializzandi: quanto si guadagna al mese?
Gli specializzandi in medicina ricevono una borsa di studio annuale regolata dal D.lgs. 368/1999, aggiornata con la Legge 266/2005. Questa è composta da:
- € 22.700,00 lordi annui per i primi due anni di specializzazione;
- € 27.700,00 lordi annui dal terzo anno in poi.
Questo importo comprende sia la parte fissa sia una parte variabile legata all’attività assistenziale. Ma cosa significa in termini pratici?
Stipendio netto mensile:
- Primi due anni: circa € 1.250-1.300 netti al mese;
- Dal terzo anno: tra € 1.500 e € 1.600 netti al mese, a seconda di detrazioni e IRPEF applicata.
Tuttavia, questi valori possono subire lievi variazioni in base all'ateneo, alla città e all’eventuale presenza di altre trattenute.
Guadagno specializzandi: tasse e contributi previdenziali
Contrariamente a quanto molti pensano, la borsa di specializzazione non è esente da tassazione. Gli specializzandi devono versare:
- Imposte IRPEF, con aliquota progressiva;
- Contributi previdenziali (come la ritenuta ENPAM o INPS a seconda dell’inquadramento);
- Tasse universitarie, che variano da ateneo ad ateneo, ma possono aggirarsi anche tra i 1.000 e 2.000 euro annui.
Da qui nasce un paradosso: pur essendo “formandi”, gli specializzandi contribuiscono attivamente al funzionamento degli ospedali, ma non godono delle stesse tutele e garanzie degli assunti a tempo indeterminato.
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Specializzazioni mediche: retribuzione uguale, carichi di lavoro diversi
Un aspetto critico riguarda la disparità tra specializzazioni: se lo stipendio degli specializzandi è standardizzato, i carichi di lavoro e le responsabilità non lo sono.
Ad esempio:
- Un medico in formazione in Chirurgia Generale potrebbe affrontare turni di 12-14 ore, reperibilità frequente e interventi d’urgenza;
- Al contrario, uno specializzando in Medicina Legale potrebbe avere un'attività più programmabile e meno esposta a stress acuto.
Ciò alimenta un dibattito sempre più acceso sulla necessità di rivedere il sistema di retribuzione per gli specializzandi, rendendolo più proporzionale alla reale attività svolta.
Le criticità del sistema attuale
- Assenza di un contratto di lavoro vero e proprio
La borsa di studio non prevede una piena contrattualizzazione. Questo comporta:
- Nessun diritto a malattia retribuita o maternità/paternità equiparata a quella di un lavoratore dipendente;
- Limitata tutela sindacale e contrattuale;
- Nessuna progressione economica vera e propria.
- Conseguenze su benessere e burnout
Secondo un’indagine della FNOMCeO, oltre il 60% degli specializzandi manifesta sintomi da burnout, spesso legati all’eccessivo carico lavorativo non proporzionato alla retribuzione. La mancanza di tutele incide anche sull'equilibrio psicofisico e sulla qualità dell’apprendimento.
Per gli specializzandi sarebbero necessari più diritti, più equità
Negli ultimi anni, le associazioni studentesche e i sindacati di categoria hanno richiesto con forza:
- Una riforma strutturale della retribuzione;
- Un contratto di formazione-lavoro equiparabile a quello degli altri dipendenti del SSN;
- Più trasparenza sulla gestione delle borse da parte degli atenei.
La recente proposta di introdurre un contratto unico per i medici in formazione, sul modello francese o tedesco, è al vaglio delle istituzioni, ma richiederà tempo e volontà politica.
Una fase di transizione (e frustrazione)
Il guadagno degli specializzandi in Italia, se rapportato agli anni di studio, al livello di responsabilità e al contributo operativo negli ospedali, appare non proporzionato. Le tasse universitarie, i contributi previdenziali e la mancanza di tutele contrattuali aggravano la situazione, spingendo molti giovani medici a considerare l’estero come soluzione più dignitosa e remunerativa.
La retribuzione dei medici specializzandi non può più essere considerata solo un’indennità formativa. Serve un cambio di paradigma per trattenere i talenti e rafforzare il nostro sistema sanitario.