Terapia occupazionale: il domicilio come luogo privilegiato di cura

Per svolgere la terapia occupazionale a domicilio il professionista sanitario deve adeguare gli spazi della casa alle esigenze del paziente. Gli obiettivi della terapia devono essere prestabiliti in accordo sia con il paziente che con chi se ne prende cura. La durata delle sedute e dell’intero percorso varierà in base ai traguardi fissati

Sommario

  1. Il terapista occupazione a domicilio
  2. La durata della terapia domiciliare
  3. Il setting a casa dell’assistito
  4. Il terapista occupazionale per il caregiver

Il domicilio è il luogo privilegiato per gli interventi di competenza del terapista occupazionale, per l’adattamento ambientale e l’addestramento all’utilizzo di ausili e tecnologie riabilitative (piano di indirizzo della riabilitazione del 2011). Il terapista occupazionale utilizza attività sia individuali che di gruppo, promuovendo il recupero e l’uso ottimale di funzioni finalizzate al reinserimento, all’adattamento e alla integrazione dell’individuo nel proprio ambiente personale, domestico e sociale. Questo professionista opera nel contesto domiciliare ogni qual volta ci sia difficoltà nelle occupazioni che la persona vuole svolgere o ci si aspetta che svolga.

Il terapista occupazione a domicilio

“Nello specifico – spiega Gabriella Casu, presidente AITO, Associazione Nazionale Terapisti Occupazionali -, sperimentando in ambiente ecologico le attività scelte, come quelle di cura di sé, produttività e tempo libero a casa”. Il terapista occupazione condivide con il suo paziente e la famiglia l’impostazione di una routine, svolge azioni educative verso i caregiver, effettua una valutazione degli spazi per favorire la partecipazione alla quotidianità. Attuando una sistemazione studiata degli indumenti negli armadi, ad esempio, è possibile ridurre la fatica per le persone affette da Sclerosi multipla o permettere alla persona con demenza di scegliere. Ancora, è possibile ricorrere alla tecnologia assistiva per ridurre il rischio cadute o per facilitare l’attività sessuale.

La durata della terapia domiciliare

La durata della seduta varia in base sia agli obiettivi stabiliti durante i primi incontri con la persona assistita, che alle sue condizioni cliniche e al regime di lavoro. “Se la terapia si svolge a domicilio su richiesta di un paziente durerà in base alle convenzioni già esistenti – sottolinea Casu -. Se in regime di libera professione, la durata dell’intervento è concordato all’inizio del percorso”. In base alla necessità cambierà anche il numero di sedute. Alcuni interventi, ad esempio il Cotid, hanno tempi definiti. Il Cotid è un intervento psicosociale, evidence-based, destinato a persone con demenza e ai loro caregiver che vivono a domicilio. Consiste in dieci sessioni di un’ora in casa, per un periodo di cinque settimane. Si parte con la valutazione della gravità della disabilità di un individuo e dei suoi effetti sulle attività della vita quotidiana, per poi selezionare le competenze che si desidera migliorare. La seconda fase interessa la modifica dell’ambiente domestico e l’insegnamento di strategie compensative e ambientali. Anche i caregiver sono addestrati e supervisionati.

Il setting a casa dell’assistito

Nell’intervento a domicilio è fondamentale instaurare un’alleanza non solo con la persona assistita, ma anche con la famiglia, con la badante o con chiunque abbia un contatto costante. La casa è l’ambiente naturale in cui vivere, il luogo in cui prendersi cura di sé e svolgere le altre occupazioni, in cui apprendere a relazionarsi, a giocare, a studiare o in cui rientrare dopo un ricovero, in un continuum di cura. “Ogni stanza – spiega la presidente AITO – può essere trasformata in un setting, adattandola alle esigenze della persona”. Al caregiver può essere permesso o meno di partecipare alle sedute, promuovendo delle sfide a difficoltà crescenti, che permettano di vivere una giornata piena e attiva con la disabilità, favorendo lo sviluppo degli interessi personali e l’integrazione nella comunità.

Il terapista occupazionale per il caregiver

Il caregiver è colui che sta con il paziente giorno dopo giorno. Oltre ad essere madre, padre, sorella, moglie, marito o assistente, deve essere anche membro del team e avere gli strumenti per motivare e incoraggiare a vivere la vita più indipendente e appagante possibile, senza sostituirsi nelle attività che la persona potrebbe svolgere, senza annichilirsi perdendo il proprio ruolo originale. Il terapista occupazionale educa il caregiver all’utilizzo delle soluzioni assistive, della teleriabilitazione, addestra alle azioni facilitanti la qualità della vita dell’assistito, alla comunicazione efficace, insegna come semplificare le attività e cosa monitorare per ridurre le complicanze secondarie. Inoltre, si adopera per ridurre l’impatto del carico assistenziale sul benessere psicofisico del caregiver, formale e informale. “Il ruolo del caregiver non è affatto secondario. In letteratura, infatti, aumentano gli studi che sottolineano come gli interventi che includono i caregiver – conclude la presidente Casu – portino anche a rapporti positivi di costo-efficacia”

Di: Isabella Faggiano

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