Il medico può compiere il reato di falso ideologico. Le istruzioni per evitarlo!

Un certificato medico può comportare l’imputazione per falso ideologico al medico che lo sottoscrive.

Sommario

  1. Come si coniuga tutto questo con la professione medica?
  2. Ultimi aggiornamenti giurisprudenziali
  3. Come deve comportarsi, dunque, un medico per evitare di incorrere in errori gravi?

È necessario premettere che ai sensi dell’art. 483 c.p.: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.” 

Come si coniuga tutto questo con la professione medica?

Esiste un unico atto di contatto tra il rapporto medico-paziente e la realtà circostante: il certificato medico. Si tratta della redazione per mano medica di un documento destinato a provare l’oggettiva verità di ciò che in esso è affermato. Esso può rivestire la forma di atto pubblico se redatto dal medico in qualità di Pubblico Ufficiale, di certificato amministrativo oppure di scrittura privata se rilasciata in regime libero-professionale.

I medici pubblici ufficiali sono ad esempio: il direttore sanitario di un ospedale pubblico, i medici ospedalieri, il medico di famiglia che presta la sua opera a favore di un soggetto assistito dal Servizio sanitario nazionale che compie un’attività amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e, in materia di assistenza sanitaria pubblica, esercitando in sua vece poteri autoritativi e certificativi (ricette mediche, impegnative e certificati medici), il sanitario designato come perito in un processo penale o come consulente tecnico di ufficio in un processo civile, il medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale.

Differente invece sono i medici liberi professionisti, quei medici che assumono la qualifica di esercenti un servizio di pubblica necessità quando svolgono l’attività medica come liberi professionisti. 

Il medico con funzioni pubbliche risponde di falso ideologico (art. 479 c.p. in atto pubblico e art. 480 c.p. in certificazione) se il giudizio diagnostico espresso nel certificato medico si fonda su fatti esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio stesso, che non rispondono al vero e che siano coscientemente diversi da quelli rilevati.

Ultimi aggiornamenti giurisprudenziali

Uno degli ultimi aggiornamenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione prende le mosse dalla descrizione di un certificato medico, riproducendo il contenuto delle sezioni che lo compongono. La prima parte riguarda la terapia che deve essere eseguita, il dosaggio, gli orari e le modalità di somministrazione dei medicinali; mentre la seconda di competenza del personale non medico attesta l’effettiva somministrazione, con conseguente sigla da parte dello stesso operatore. Il valore certificativo della prima sezione del certificato “definisce o quantomeno recepisce, avallandole, le stesse, disponendone in concreto l'esecuzione da parte del personale della struttura sanitaria presso cui opera”. La valenza certificativa del foglio unico di terapia è stata poi confermata sull’assunto che il reato di reato di falso, come quello contestato al sanitario nel caso di specie, rientra fra le fattispecie di pericolo, per cui non è necessario per la sua sussistenza che la falsità abbia realmente tratto in inganno qualcuno, ovvero che siano derivate conseguenze dannose, essendo sufficiente che la contraffazione abbia in sé capacità ingannatorie.

Come deve comportarsi, dunque, un medico per evitare di incorrere in errori gravi?

È importante ricordare che il reato di falso ideologico di cui parliamo riguarda soltanto il medico che redige il certificato e non, invece, il soggetto che lo utilizza. Il momento esatto in cui si compie il reato è il rilascio del certificato medico all’assistito e non, quando questi ne abbia, eventualmente, tratto beneficio dalla presentazione sino ai destinatari. 

Integra il reato di falso anche il comportamento del medico che redige un certificato con termini ambigui o imprecisi allo scopo di alterare una situazione, non garantendo in questo modo il requisito della veridicità oggettiva. In tal caso, la redazione di un certificato compiacente non è giustificato dal “venire incontro alle esigenze del paziente”, qualunque esse siano. 

Il medico deve dunque rifiutarsi di certificare fatti che non ha constatato personalmente o che non sono supportati da riscontri oggettivi o che egli sappia non corrispondano al vero, senza dimenticare che il dovere del medico di rilasciare il certificato è tale perché trova fondamento nella natura stessa della professione medica, che è un servizio di pubblica necessità. Di conseguenza, il rifiuto, trattandosi di un’omissione che va contro l’essenza stessa della professione, è perseguibile sia deontologicamente che penalmente ai sensi dell’art. 328 c.p..

Inoltre, nell’esercizio della sua attività e non solo nel momento in cui redige il certificato, il medico si trova sempre nella condizione di conoscere dati sensibili del paziente, assumendo quindi l’obbligo morale, deontologico e penale, di mantenere il segreto professionale su tutto ciò che gli è confidato o che può comunque conoscere in ragione della sua professione, assicurando in questo modo la tutela della riservatezza. L’inottemperanza di tale obbligo comporta che si integri il reato di rivelazione di segreto professionale di cui all’art. 622 c.p.. Rimanendo in tema di privacy del paziente, è necessario che questa venga assolutamente garantita anche in occasione di rilascio del certificato. 

Il certificato redatto deve essere consegnato direttamente all’assistito, altrimenti il medico deve acquisire una delega scritta che lo autorizzi a rilasciare il certificato nelle mani di un terzo. 

Per i certificati di malattia ad uso lavorativo, il medico deve evitare di indicare la diagnosi, perché al datore di lavoro non è dato conoscerla, salvo che sia il paziente stesso che lo richieda, allo scopo di beneficiare dei permessi lavorativi speciali che il datore di lavoro può concedere solo previa conoscenza della diagnosi. In questo caso il medico è legittimato ad indicare le informazioni sulla patologia, perché oggetto di espressa richiesta del paziente.

Di: Redazione Consulcesi Club

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