Referti oscurati: accesso, diritti e limiti per i medici

Approfondimento sulle regole di accesso ai referti oscurati, con casi concreti e interpretazioni legali utili per medici e infermieri.

Sommario

  1. Il Fascicolo Sanitario Elettronico e la sua alimentazione
  2. Cosa contiene il FSE
  3. Chi e perché può consultare i documenti contenuti nel FSE
  4. Il consenso alla consultazione dei referti
  5. La revoca del consenso e l’oscuramento del referto

Il paziente ha diritto ad oscurare i propri referti nel FSE, rendendoli invisibili a medici diversi da quelli che hanno refertato: scopriamo insieme come e perché. 

Il Fascicolo Sanitario Elettronico e la sua alimentazione

Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è l’insieme dei dati e dei documenti digitali, di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici (ricoveri, esami, ecc.) riferiti a prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e da strutture sanitarie private: per ciascun cittadino esiste un FSE, collegato al suo codice fiscale e alla sua identità digitale (SPID, CIE o TS/CNS). 

Grazie al FSE quando un paziente chiede assistenza sanitaria il medico cui si rivolge (MMG, specialista, medico di pronto soccorso, ecc.) può accedere, in tempo reale, alla sua intera storia clinica, indipendentemente dal luogo in cui si trovi: se, ad esempio, un paziente residente in Piemonte subisce un incidente stradale a Roma, al pronto soccorso i sanitari potranno accedere al suo FSE e conoscere la sua storia clinica antecedente all’incidente, sapendo, ad esempio, se ha subito qualche intervento precedente o se ha qualche allergia a farmaci. È evidente l’importanza di un servizio del genere, che in situazioni di emergenza/urgenza può davvero fare la differenza tra la vita e la morte di un paziente. 

A norma dell’articolo 12 del decreto legge n. 179/2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012 e successivamente modificato dal decreto legge n. 34/2020, il Fascicolo Sanitario Elettronico, a far data dal 19 maggio 2020, è alimentato in maniera continuativa e tempestiva dai soggetti e dagli esercenti le professioni sanitarie, anche non appartenenti al SSN, con i  dati degli eventi clinici relativi all’assistenza sanitaria ricevuta dal singolo paziente: ogni prestazione sanitaria erogata da operatori pubblici, privati accreditati e privati autorizzati è infatti inserita, entro cinque giorni dalla prestazione medesima, nel FSE. 

Cosa contiene il FSE

All’interno del FSE confluiscono i seguenti documenti sanitari: 

  • dati identificativi e amministrativi dell'assistito (esenzioni per reddito e patologia, contatti, delegati), 
  • referti,
  • verbali pronto soccorso, 
  • lettere di dimissione, 
  • profilo sanitario sintetico, 
  • prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, 
  • cartelle cliniche, 
  • erogazione farmaci a carico SSN e non a carico SSN, 
  • vaccinazioni, 
  • erogazione di prestazioni di assistenza specialistica, 
  • taccuino personale dell'assistito, 
  • dati delle tessere per i portatori di impianto, 
  • lettera di invito per screening.

Chi e perché può consultare i documenti contenuti nel FSE

I documenti contenuti nel FSE possono essere consultati: 

- dal paziente,  

- dall’operatore amministrativo, 

- dall’operatore sanitario, come ad esempio il medico di medicina generale o il medico specialista. 

Il medico può consultare la documentazione contenuta nel FSE del suo paziente per finalità di diagnosi, cura e riabilitazione, prevenzione e profilassi internazionale, purché vi sia il consenso del paziente. 

I dati e le informazioni di cui il medico viene a conoscenza tramite la consultazione dei documenti contenuti nel FSE del suo paziente sono soggetti al massimo riserbo, nel rispetto del segreto professionale, salvo i casi di emergenza sanitaria (ad esempio la pandemia da COVID-19 di qualche anno fa). 

Se il paziente decide di non acconsentire alla visibilità dei referti e dei documenti contenuti nel suo FSE al medico, questi può comunque erogare la prestazione sanitaria in suo favore. 

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Il consenso alla consultazione dei referti

Affinché il medico possa consultare i referti e l’ulteriore documentazione contenuta nel FSE del suo paziente, quest’ultimo deve esprimere il proprio consenso, che deve essere: 

- libero, 

- specifico, 

- informato (preceduto dalla presa visione di un’informativa specifica), 

- inequivocabile, 

- esplicito. 

Nell’ipotesi in cui i referti riguardino soggetti di minore età, il consenso deve essere espresso da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. Al raggiungimento della maggiore età, il piccolo paziente divenuto adulto deve confermare i consensi che a suo tempo avevano dato i genitori, con una dichiarazione libera, specifica, informata, inequivocabile ed esplicita. 

Quando il paziente è interdetto, inabilitato o amministrato, il consenso deve essere espresso dal tutore, curatore o amministratore di sostegno, purché ciò rientri tra i poteri che sono stati conferiti a tali soggetti in base ai provvedimenti di nomina da parte del Tribunale. 

La revoca del consenso e l’oscuramento del referto

Nello stesso modo in cui esprime il consenso alla consultazione dei referti e dei documenti contenuti nel fascicolo sanitario, il paziente può, in qualunque momento, revocare il consenso. 

Ci si potrebbe chiedere perché un paziente debba decidere di oscurare un referto: per tutelare la sua privacy e la sua reputazione. Mettiamo il caso che un paziente abbia fatto delle cure per patologie come la depressione oppure abbia avuto dei problemi legati alla tossicodipendenza dai quali sia completamente uscito: oscurare i referti relativi a questo tipo di patologie, rendendoli visibili solo a lui e a chi ha refertato, lo tutela da eventuali “fughe di notizie” che potrebbero danneggiarlo nella vita lavorativa, personale o familiare.  

Nel caso in cui il paziente decida di oscurare uno o più documenti, questi saranno comunque presenti nel FSE e saranno visibili solo da lui e a chi li ha prodotti (ad esempio il medico che ha refertato quella determinata visita), ma non dal medico per finalità di diagnosi, cura e riabilitazione, prevenzione e profilassi internazionale: per tali soggetti, infatti, l’accesso al referto/ai referti verrà disabilitato. 

La revoca del consenso non pregiudica l’erogazione della prestazione sanitaria da parte del medico, che deve comunque esercitare la sua professione e missione. 

Una volta revocato il consenso, il paziente può sempre decidere di darlo nuovamente, anche solo per alcuni dati o per alcuni documenti, siano essi referti o cartelle o altri documenti sanitari: in tal caso, i documenti oggetto di nuovo consenso diventano visibili alla consultazione per il medico. 

Non mancano le pronunce del Garante Privacy che hanno sanzionato le Aziende Sanitarie per non avere oscurato i referti dei pazienti, i quali avevano negato la consultazione a medici terzi. 

È il caso, ad esempio, della Usl della Romagna che ha trasmesso a un MMG il referto di una sua paziente relativo al ricovero per interruzione farmacologica della gravidanza, nonostante la donna avesse espressamente chiesto l’oscuramento del documento. La trasmissione del referto, in questo caso, è stata accidentale, dovuta a un bug nel software: in pratica, nonostante l’operatore avesse cliccato sul tasto “oscura”, il programma non aveva recepito il comando; tale errore, peraltro, in pochi mesi ha riguardato altri 48 pazienti, sempre nella stessa Usl, che alla fine è stata multata dal Garante con una sanzione di 120.000 euro. 

Un caso molto noto tra gli operatori è quello dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, che per errore ha messo a disposizione dei medici di famiglia 293 referti riferibili a 175 pazienti, di cui due minorenni e alcuni relativi a donne che avevano deciso di abortire, tutti accomunati dall’avere espressamente chiesto l’oscuramento dei referti: anche a Trento, come in Emilia Romagna, si è trattato di un errore dovuto a un bug del software, che però è costato all’Azienda sanitaria ben 150.000 euro. 

Di: Manuela Calautti, avvocato

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