Teleassistenza e infermieri sul territorio: le regole da osservare

La teleassistenza, così come tutti gli altri servizi di telemedicina, promette di rivoluzionare la cura dei pazienti a domicilio; le regole, tuttavia, non sono così chiare e uniformi come dovrebbero, perciò è opportuno curare un aggiornamento costante e continuo per conoscere norme e buone prassi in materia.

Sommario

  1. 1. La telemedicina
  2. 2. Teleassistenza: che cos’è
  3. 3. L’infermiere di Famiglia o di Comunità e la teleassistenza
  4. 4. Teleassistenza e donazioni di sangue: le specifiche linee guida
  5. 5. Teleassistenza e deontologia dell’infermiere
  6. 6. La tassazione della prestazione infermieristica in teleassistenza: le novità di Agenzia delle Entrate

1. La telemedicina

Con il termine telemedicina si intende la pratica della medicina attraverso sistemi di comunicazione interattivi e multimediali, senza il classico confronto fisico tra medico e paziente; per quanto possa sembrare una pratica recente, si parla di telemedicina sin dagli anni ’70, quando per la prima volta Thomas Bird nel suo saggio Telemedicine; concept and practice parlò di questo nuovo modo di erogare servizi medici.

Se, in passato, una telefonata tra paziente e personale medico o infermieristico costituiva un primo timido esempio di telemedicina, oggi grazie a internet, all’Internet of Things (il cosiddetto Internet delle cose) e ai progressi della tecnologia, i sanitari possono raggiungere pazienti in qualunque parte del mondo, purché abbiano a disposizione pochi semplici strumenti:

-             connessione Internet veloce,

-             smartphone, tablet, computer,

-             software di videoconferenza.

Questi, infatti, sono gli strumenti basilari per poter erogare dei servizi in telemedicina, un po’ come il kit di serie per un’auto nuova.

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Scopri normativa e buone prassi in materia di teleassistenza infermieristica, con un occhio attento anche alle ultime novità sulla tassazione delle prestazioni

L’impatto rivoluzionario che la telemedicina può avere sulla quotidianità di pazienti e personale sanitario è indubbio: attraverso la telemedicina è possibile offrire assistenza sanitaria h24, soprattutto a pazienti economicamente svantaggiati, impossibilitati a spostarsi a causa della loro malattia o delle condizioni economiche, rimuovendo ogni barriera e consentendo a chiunque di ottenere assistenza medica attraverso il web, grazie a una semplice connessione a internet.

Lo ha ben compreso l’Unione Europea, che con il PNRR ha stanziato circa 4 milioni di euro proprio per implementare i servizi di telemedicina sul territorio, colmando l’innegabile divario tra le diverse realtà territoriali, in modo da offrire ai pazienti dei servizi sanitari integrati nei diversi ambiti assistenziali, aumentare il volume delle prestazioni rese in assenza domiciliare e decongestionare i pronto soccorso, specie a tutela dei pazienti over 65 e dei malati cronici o non autosufficienti. Grazie ai fondi PNRR, entro il 2026 sarà creata una piattaforma nazionale per i servizi di telemedicina e sono stati finanziati vari progetti che consentono interazioni medico-paziente a distanza e che riguardino lo sviluppo di tecnologie digitali specializzate in materia di assistenza medica e sanitaria.

Tra i servizi che erogabili dal personale sanitario in telemedicina annoveriamo:

-             televisita,

-             teleconsulto medico,

-             teleconsulenza medico-sanitaria,

-             teleassistenza,

-             telemonitoraggio,

-             telecontrollo,

-             teleriabilitazione.

L’erogazione di un servizio in telemedicina non può avvenire liberamente, ma si fonda su una valutazione preventiva e insindacabile del medico, che prima di eleggere a paziente in telemedicina un soggetto, deve valutarne il profilo:

  1. clinico, in quanto non tutte le patologie possono essere oggetto di controllo o accertamento sanitario da remoto,
  2. tecnologico, poiché il paziente deve avere a disposizione il kit minimo per poter usufruire della prestazione di telemedicina senza interruzioni o problemi, dovuti ad esempio alla lentezza della linea internet,
  3. culturale, perché il paziente deve fidarsi della prestazione erogata in telemedicina e non deve considerarla come una visita o una cura di serie B,
  4. di autonomia, in quanto il paziente deve essere comunque autonomo nel gestire la prestazione sanitaria, oppure assistito da un caregiver che sappia farlo.

Tra i soggetti che possono erogare servizi in telemedicina, sia come privati che tramite il Servizio Sanitario Nazionale, vi è l’infermiere, considerato dalle Linee Guida sulla Telemedicina come un punto di riferimento nella presa in carico del paziente sia per la sua famiglia che per i sanitari, che all’occorrenza può svolgere attività di case manager in base al piano di cura domiciliare prescritto.

In ambito pubblico, secondo le Linee Guida sulla Telemedicina, i relativi servizi saranno erogati dal Centro servizi (definito anche Centro erogatore per la telemedicina), cui spetterà l’arduo compito di occuparsi dell’installazione e manutenzione della strumentazione tecnologica a domicilio dei pazienti, della manutenzione dei mezzi di comunicazione tra pazienti e medici/operatori sanitari, dell’addestramento dei pazienti e dei familiari all’uso di queste nuove tecnologie.

In ambito privato, invece, l'organizzazione delle modalità di erogazione dei servizi in telemedicina è rimessa alle capacità economiche e manageriali del libero professionista o della clinica privata che decide di offrire ai propri pazienti questo nuovo modello di assistenza sanitaria.

2. Teleassistenza: che cos’è

Secondo le Linee Guida per la Telemedicina la teleassistenza è un atto professionale di pertinenza della relativa professione sanitaria e si basa sull'interazione a distanza tra il professionista e paziente/caregiver per mezzo di una videochiamata, alla quale si può, all'occorrenza aggiungere la condivisione di dati, referti o immagini.

L’erogazione di una prestazione sanitaria in teleassistenza prevede la necessaria interazione con la persona assistita e la sua famiglia o il suo caregiver in tempo reale; il coinvolgimento attivo di un caregiver, sia esso formalmente nominato oppure no (ad esempio un familiare che assista il paziente quotidianamente) è discrezionalmente valutato dal medico che effettua la valutazione sull’eleggibilità del paziente a telepaziente, e in caso affermativo prevede l’erogazione di un’adeguata formazione al caregiver sulle attività da svolgere in telemedicina.

Il professionista che svolge l’attività di Teleassistenza può anche utilizzare idonee app per somministrare questionari, condividere immagini o video tutorial su attività specifiche; lo scopo è quello di agevolare il corretto svolgimento di attività assistenziali, eseguibili prevalentemente a domicilio. La teleassistenza è prevalentemente programmata e ripetibile in base a specifici programmi di accompagnamento del paziente.

Data la sua natura di prestazione che si svolge tramite una semplice videochiamata, la teleassistenza può benissimo assumere il carattere di una prestazione sanitaria multidisciplinare o multiprofessionale: nulla vieta, ad esempio, che a un paziente in riabilitazione che deve svolgere degli esercizi a casa venga erogata in teleassistenza una prestazione contemporanea dal medico che lo ha in cura, dall’infermiere e dal fisioterapista che lo assistono nel percorso riabilitativo e che lo guidano negli esercizi e nelle terapie.

In base al tipo di patologia, oltre alla videochiamata la teleassistenza può necessitare, per essere erogata, di supporti ulteriori, come ad esempio:

  1. a) dispositivi per la registrazione e/o l’archiviazione di dati e immagini,
  2. b) supporti per lo scambio dei dati e delle immagini, di video e parametri vitali,
  3. c) dispositivi medici e sensori di rilevamento;
  4. d) APP, video e materiali informativi e formativi accessibili per l’assistito e/o caregiver.

Secondo una ricerca scientifica condotta da AGENAS (Dott. Apuzzo, Dott. Pandolfi, Dott.ssa Martini) in merito alla valutazione del contributo di teleassistenza sugli outcomes di salute dei pazienti, eseguita sulla base della letteratura su banche dati (Pubmed, Cochrane Library, Scopus), di studi RCT o di Revisioni sistematiche della letteratura degli ultimi dieci anni, sia in italiano che in inglese, l’erogazione in teleassistenza di prestazioni infermieristiche può avere, nel tempo, dei risultati ottimali sugli esami condotti sui pazienti; in particolare, dallo studio è emersa:

-             Una significativa diminuzione dell’emoglobina glicata nei pazienti con diabete mellito (tra 8,3 e 0,6% prima della visita, tra 7,8 e 1% post visita, con uno scarto dello 0,03);

-             Una diminuzione delle cadute nei pazienti affetti da morbo di Parkinson (da 99 a tre cadute in tre mesi),

-             Un miglioramento della qualità della vita nei pazienti con scompenso cardiaco (p<0,001).

Lo studio di AGENAS conclude sostenendo che l’erogazione di prestazioni infermieristiche in teleassistenza può rappresentare un nuovo modo per prendere in carico il paziente fragile direttamente a domicilio, pur evidenziando la necessità di condurre ulteriori ricerche per comprendere appieno le potenzialità di questo nuovo modo di fare medicina.

Oltre alle Linee Guida sulla Telemedicina e alle ordinarie norme deontologiche – che devono sempre rappresentare il faro per ogni professionista sanitario – non esiste una vera e propria legge che disciplini le modalità di erogazione delle prestazioni in teleassistenza; è perciò opportuno che l’infermiere che decide di adottare questa nuova metodologia di lavoro sia sempre aggiornato sulle novità mediche e giuridiche che vengono pubblicate in base al settore in cui si opera.

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3. L’infermiere di Famiglia o di Comunità e la teleassistenza

L’infermiere di Famiglia o di Comunità (IFoC) è una figura nata durante il COVID, con lo scopo iniziale di rafforzare i servizi infermieristici sul territorio e potenziare la presa in carico dei pazienti affetti da COVID; successivamente, avendone probabilmente compreso la centralità come figura professionale, il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 del 6 agosto 2020 ha definito l’Infermiere di famiglia o di comunità come quel professionista che abbia come setting privilegiati gli ambienti di vita della persona e che agisca in modo proattivo, in rete con tutti i servizi socio sanitari e gli attori sociali del territorio per l’utenza portatrice di bisogni sanitari e sociali inscindibilmente legati tra loro.

Insomma, un vero e proprio ponte di collegamento tra i pazienti e il servizio sanitario, operante sul territorio e a quotidiano contatto con i pazienti, che ha il compito di:

-             Collaborare con gli altri sanitari per intercettare i bisogni di salute dei cittadini, operando in particolare sulla promozione, prevenzione e gestione della salute, in tutte le fasce d’età,

-             Contribuire alla programmazione delle attività,

-             Promuovere l’attivo e consapevole coinvolgimento della comunità locale, anche mediante l’organizzazione – in presenza o da remoto – di momenti di educazione sanitaria o di gruppo, in collaborazione con altre figure sanitarie ed extra-sanitarie,

-             Promuovere attività di informazione e comunicazione sia su singoli o su gruppi di pazienti,

-             Svolgere attività di counseling, per promuovere comportamenti positivi da parte dei potenziali pazienti all’interno della comunità locale,

-             Valorizzare e promuovere il coinvolgimento attivo tra il paziente e il suo caregiver,

-             Lavorare in rete con le reti sociosanitarie operanti sul territorio, con le associazioni di volontariato e le altre risorse della comunità, nonché collaborare in team con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli altri professionisti sanitari locali,

-             Utilizzare sistematicamente strumenti digitali, telemedicina e teleassistenza.

Le Linee Guida prevedono che l’Infermiere di Famiglia/Comunità svolga la sua attività a livello ambulatoriale e domiciliare.

A livello ambulatoriale, l’infermiere deve utilizzare strumenti per il monitoraggio a distanza e per la teleassistenza che possano favorire l’accesso alle cure e la prevenzione, sempre con la collaborazione dei professionisti e delle organizzazioni del territorio.

A livello domiciliare, l’infermiere ha il compito di individuare gli strumenti ritenuti più idonei per eseguire il monitoraggio a distanza e la teleassistenza, in modo da favorire la vita a domicilio del paziente, in sinergia con gli altri professionisti del territorio e con le associazioni locali che si occupano di dare assistenza ai più deboli.

Per poter svolgere le sue funzioni in materia di teleassistenza, l’infermiere domiciliare dovrà acquisire formazione specialistica post base, che implementi le sue conoscenze e competenze per:

- la valutazione dei bisogni di salute della persona in tutte le fasi della vita, delle famiglie e della comunità attraverso approcci sistemici validati come il modello di analisi e intervento familiare;

- la conoscenza e l’analisi dei fattori di rischio prevalenti nel territorio di riferimento, considerando i determinanti della salute e le caratteristiche ambientali;

- la promozione della salute e la prevenzione primaria, secondaria e terziaria facendo riferimento ai modelli concettuali disponibili, tra cui: il Population Health Promotion Model, l’Expanded Chronic Care Model e il Population Health Management;

- la tutela di un sano inizio della vita;

- la presa in carico delle persone sane o con malattie croniche in tutte le fasi della vita e delle persone con livelli elevati di rischio di malattia, ad esempio associati all’età, al genere o al carico di assistenza ad altri malati;

- la presa in carico delle persone con disagio psichico, psicologico e comportamenti di dipendenza;

- lo sviluppo dell’educazione sanitaria in ambito scolastico;

- la relazione d'aiuto e l'educazione terapeutica con le persone e le loro famiglie;

- la valutazione personalizzata dei problemi sociosanitari che influenzano la salute, con i professionisti che operano sul territorio;

- la definizione di programmi di intervento infermieristici basati su prove di efficacia, anche fornendo agli assistiti le indicazioni dei presidi assistenziali più efficaci al percorso di cura concordato;

- la definizione di ambiti e problemi di ricerca;

- l’utilizzo di supporti documentali e gestionali informatici per la documentazione dell’attività assistenziale, al fine di assicurare basi accurate di misurazione di indicatori di processo e di risultato;

- la rilevazione dei rischi comportamentali, ambientali e domestici e l’individuazione delle eventuali strategie preventive;

- l’identificazione precoce delle condizioni di rischio e di fragilità delle persone attraverso scale validate;

- l’erogazione di interventi di promozione di stili di vita e comportamenti salutari dell’individuo e della famiglia anche in relazione alla cura di eventuali patologie già in atto;

- il coinvolgimento attivo degli individui e delle famiglie nelle decisioni relative alla salute e al benessere personale;

- la valutazione del bisogno di orientamento rispetto ai servizi sociosanitari esistenti, ai percorsi necessari per la loro attivazione e all’utilizzo delle fonti di informazione e di comunicazione disponibili;

- il sostegno all'integrazione delle cure attraverso il processo di case management;

- la facilitazione delle dimissioni precoci in stretta sinergia con l’ospedale, il MMG, il PLS e gli altri specialisti;

- il monitoraggio del grado di stabilità clinico/assistenziale e del livello di complessità e valutazione delle alterazioni sintomatiche delle condizioni di salute in caso di malattia, acuta o cronica, che possono indicare un aggravamento o la comparsa di complicanze, in integrazione con i MMG e con gli altri professionisti coinvolti;

- il monitoraggio dell'aderenza terapeutica ed eventuale segnalazione di rischi/ problematicità al MMG;

- l’attivazione di consulenze infermieristiche su specifiche problematiche assistenziali;

- l’adozione di strumenti per il monitoraggio a distanza e per la teleassistenza che possono favorire la presa in carico a domicilio in sinergia con altri professionisti e con le organizzazioni territoriali.

È facile comprendere come la maggior parte di queste attività possano essere agevolmente svolte dall’Infermiere di Famiglia/Comunità in modalità di teleassistenza, specialmente per quanto riguarda i monitoraggi e gli interventi formativi nei confronti dei pazienti e dei loro caregiver, nel rispetto delle norme deontologiche.

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4. Teleassistenza e donazioni di sangue: le specifiche linee guida

Come abbiamo detto, al di là delle norme deontologiche e delle ordinarie regole che disciplinano la professione infermieristica, non esiste una vera e propria normativa di riferimento che vada a regolamentare, in maniera specifica, come devono essere erogate le prestazioni professionali in telemedicina da parte degli infermieri o dei medici; per questo motivo, è bene essere sempre aggiornati sulle ultime novità in materia.

È recentissima, ad esempio, l’elaborazione delle Linee guida per l’erogazione di prestazioni trasfusionali in telemedicina, redatte per fornire agli operatori delle indicazioni uniformi in merito alle prestazioni in telemedicina applicate alle attività assistenziali di medicina trasfusionale, nonché alle attività di raccolta produzione e qualificazione biologica del sangue e degli emocomponenti, per coprire l'intero processo trasfusionale.

Secondo le linee guida, in ambito trasfusionale può svolgersi attraverso teleassistenza la valutazione del paziente prima e dopo la somministrazione della terapia trasfusionale, effettuando tramite telecontrollo la rilevazione di segni o sintomi inattesi nelle 24 ore successive alla terapia trasfusionale, in modo da monitorare e scongiurare l’insorgenza di eventuali reazioni avverse tardive nel paziente gestito in assistenza domiciliare.

Ulteriore ambito di applicazione della teleassistenza in materia trasfusionale è rappresentato dall’assistenza al donatore nella compilazione del questionario anamnestico, che può effettuarsi da remoto tramite pc, smartphone o check interni al centro di donazione.

5. Teleassistenza e deontologia dell’infermiere

L’infermiere che decide di erogare la propria prestazione in teleassistenza non può prescindere dal rispetto delle ordinarie norme deontologiche, e deve agire sempre e comunque in modo consapevole, autonomo e responsabile, nel rispetto dei valori e dei saperi scientifici, orientando il proprio agire al bene della persona, della famiglia e della collettività.

L’infermiere stabilisce una relazione di cura con il paziente anche nell’erogazione della prestazione in teleassistenza; pertanto, deve utilizzare l’ascolto e il dialogo anche in tale frangente, garantendo che il suo assistito non sia mai lasciato in abbandono e coinvolgendo, con l’espresso consenso del paziente, le sue figure di riferimento (ad esempio il caregiver o i familiari), le altre figure professionali (i medici di riferimento) e istituzionali (i servizi sociali).

L’infermiere che decide di erogare i propri servizi sanitari in teleassistenza è obbligato, anche secondo il codice deontologico, ad aggiornare le proprie competenze in tal senso, mediante studio, ricerca, pensiero critico, esperienza e buone pratiche, per garantire al paziente la qualità e la sicurezza della prestazione sanitaria erogata; nell’ipotesi in cui stia svolgendo l’attività in teleassistenza per la prima volta, deve chiedere la supervisione a qualcuno che lo abbia già fatto.

L’infermiere è obbligato a valorizzare e accogliere il contributo del paziente, il suo punto di vista e le sue emozioni anche quando eroga la prestazione in teleassistenza, informando, coinvolgendo, educando e supportando il paziente con il suo libero consenso, in modo da favorire – anche con l’aiuto delle persone di riferimento (caregiver o familiari) l’adesione al percorso di cura o per valutare e attivare le risorse disponibili necessarie.

Tutte le informazioni rivelate dal paziente all’infermiere in teleassistenza, così come durante l’attività in presenza, sono coperte dalla confidenzialità e riservatezza della relazione con l’assistito: nella raccolta dei dati, l’infermiere dovrà limitarsi, dietro consenso del paziente, a quanto sia necessario per fornire l’assistenza infermieristica.

In teleassistenza, così come in presenza, l’infermiere deve rispettare la volontà del paziente di non essere informato sul proprio stato di salute, e nell’ipotesi in cui l’informazione rifiutata sia comunque necessaria per prevenire un rischio per la salute di terzi, l’infermiere deve adoperarsi per responsabilizzare l’assistito, fornendo le informazioni relative al rischio e alla condotta potenzialmente lesiva.

Se l’infermiere, nel corso dell’erogazione della prestazione in teleassistenza, si rende conto del fatto che il paziente è soggetto a violenze, maltrattamenti o privazioni, deve immediatamente attivarsi affinché sia garantito un pronto intervento in sua tutela.

La prestazione infermieristica in teleassistenza può essere garantita, ovviamente, anche nell’ambito delle cure nel fine vita: in tal caso, l’infermiere deve prestare assistenza infermieristica al paziente nonché sostegno ai familiari e alle persone di riferimento del paziente, sia nell’evoluzione finale della malattia che nel momento della perdita e nella fase di elaborazione del lutto.

L’infermiere è tenuto al rispetto del segreto professionale su quanto ha appreso in merito alla salute del paziente nel corso dell’erogazione dei servizi di teleassistenza, sia quando il paziente è in vita che dopo il suo decesso.

6. La tassazione della prestazione infermieristica in teleassistenza: le novità di Agenzia delle Entrate

Se l’infermiere svolge la propria attività privatamente, deve emettere regolare fattura: la domanda che molti infermieri si sono posti, alla quale ha risposto l’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 215, è se la teleassistenza sia una prestazione soggetta a IVA oppure no.

Il quesito parte da un’apposita norma (l’articolo 10 comma 1 n. 18 del D.P.R. n. 633/1997), che prevede come esenti da IVA le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza; affinché operi la suddetta eccezione, la normativa richiede la contemporanea e congiunta sussistenza di due requisiti:

  1. a) Quello oggettivo, costituito dal fatto che le prestazioni di diagnosi/cura/riabilitazione devono essere rese alla persona,
  2. b) Quello oggettivo, per cui le prestazioni devono essere rese nell’esercizio delle professioni e delle arti sanitarie soggette a vigilanza.

Viene spontaneo domandarsi, a questo punto, quali siano le professioni e le arti sanitarie soggette a vigilanza: si tratta di tutte quelle attività inerenti all’esercizio della medicina e della chirurgia, della farmacia, delle professioni sanitarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata.

La normativa fiscale italiana definisce come attività di diagnosi l’attività diretta a identificare la patologia da cui i pazienti sono affetti, mentre per prestazioni di cura si intendono – sempre a livello fiscale – le prestazioni di assistenza medica generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica; sono invece prestazioni di riabilitazione quelle che prevedono una prevalente prestazione di fare e sono rivolte al recupero funzionale e sociale del soggetto.

La giurisprudenza europea – applicabile in materia IVA poiché trattasi di una tassa europea e non nazionale – ha chiarito che le prestazioni fornite per telefono, consistenti nel dare consulenze relative alla salute e alle malattie, possono rientrare nell’esenzione IVA, a condizione che perseguano uno scopo terapeutico, circostanza che deve essere verificata caso per caso dal giudice in caso di contestazione.

In adesione a tale orientamento, l’Agenzia delle Entrate ha definitivamente chiarito che le prestazioni erogate a distanza dal personale infermieristico sono esenti da IVA; a tal fine, l’Agenzia ha chiesto anche un parere al Ministero della Salute, il quale ha precisato che le prestazioni erogate a distanza dal personale infermieristico sono assimilabili alternativamente:

  1. a) alla teleconsulenza medico-sanitaria, costituendo pertanto un’attività sanitaria, non necessariamente medica ma comunque specifica delle professioni sanitarie, che si svolge a distanza ed è eseguita da due o più persone che hanno differenti responsabilità rispetto al caso specifico, consistente nella richiesta di supporto durante lo svolgimento di attività sanitarie, a cui segue una videochiamata in cui il professionista sanitario interpellato fornisce all'altro, o agli altri, indicazioni per la presa di decisione e/o per la corretta esecuzione di azioni assistenziali rivolte al paziente. Secondo il parere del Ministero la teleassistenza, al pari della teleconsulenza, può essere svolta in presenza del paziente, oppure in maniera differita; in ogni caso, è preminente l'interazione diretta tramite la videochiamata, ma è sempre necessario garantire all'occorrenza la possibilità di condividere almeno tutti i dati clinici, i referti e le immagini riguardanti il caso specifico. Si tratta, secondo il parere ministeriale, di un'attività su richiesta ma sempre programmata, che non può essere utilizzata al posto delle ordinarie attività di soccorso;
  2. b) alla teleassistenza da parte di professioni sanitarie (infermiere/fisioterapista/logopedista), che è un atto professionale di pertinenza della relativa professione sanitaria e si basa sull'interazione a distanza tra il professionista e il paziente/caregiver per mezzo di una videochiamata, alla quale si può all'occorrenza aggiungere la condivisione di dati, referti o immagini; il professionista che svolge l'attività di teleassistenza può anche utilizzare idonee app per somministrare questionari, condividere immagini o video tutorial su attività specifiche. Lo scopo della teleassistenza è quello di agevolare il corretto svolgimento di attività assistenziali, eseguibili prevalentemente a domicilio; la teleassistenza è prevalentemente programmata e ripetibile in base a specifici programmi di accompagnamento del paziente.

 

Di: Manuela Calautti, avvocato

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