Secondo l'ultimo studio dell'agenzia We are Social gli utenti attivi sui social network, in tutto il mondo, superano oltre 5 miliardi; ogni utente, in media, passa circa due ore e mezzo sulla sua piattaforma del cuore, per informarsi, conoscere persone, scambiare opinioni, creare e guardare contenuti.
Sui social media, infatti, si incontrano persone di ogni genere, amici d'infanzia, colleghi universitari e nuove conoscenze; si seguono i propri interessi, ad esempio leggendo riviste o guardando contenuti di qualunque genere, anche sanitari e medici: oggi, se un professionista sanitario o una struttura del settore non ha un profilo social è come se non esistesse, e rischia di perdere un considerevole numero di potenziali clienti/pazienti.
Il fenomeno dell'aumento della presenza social è letteralmente esploso a partire dal 2020, quando il mondo intero è stato costretto a rinchiudersi in casa: durante i mesi di lockdown in molti hanno preso il coraggio a due mani e hanno iniziato a diffondere i loro contenuti, riguardanti le materie più disparate, sui social network.
Il mondo sanitario non è stato risparmiato da questo fenomeno, purtroppo ancora poco regolamentato in Italia, tanto da spingere la FNOMCeO a stilare un vero e proprio vademecum, dedicato ai medici, su come utilizzare i social network.
I vantaggi della presenza social di un professionista sanitario, secondo la comunità scientifica, sono numerosi:
- migliore comunicazione con il cittadino,
- diffusione di messaggi di sanità pubblica,
- miglioramento della qualità dell'informazione sanitaria,
- accesso a informazioni sanitarie da parte di un pubblico sempre più numeroso ed eterogeneo,
- lotta alle fake news attraverso contenuti autorevoli.
I rischi, però, sono altrettanto importanti e riguardano:
- la compromissione del tradizionale rapporto medico-paziente,
- l'esposizione a possibili azioni di responsabilità professionale,
- la violazione della privacy dei pazienti,
- il rischio di minare la reputazione del sanitario o di farsi coinvolgere in discussioni al limite della diffamazione.
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La presenza social, al giorno d'oggi, è tutto: se un medico non è presente sulle varie piattaforme non esiste! Il professionista sanitario, però, non smette di essere tale nemmeno sul web,perciò deve conoscere e seguire le regole e le buone prassi.
Come usare i social per la comunicazione sanitaria
I social network possono essere utilizzati dai professionisti sanitari per una comunicazione professionale a vantaggio degli altri colleghi e dei pazienti, ad esempio per:
- informare e educare i potenziali pazienti su tematiche mediche,
- promuovere uno stile di vita sano;
- promuovere la prevenzione di alcune patologie,
- scambiare informazioni, conoscenze e best practices con altri professionisti del settore.
Le modalità di comunicazione sono pressoché infinite, in base alla piattaforma prescelta:
- Facebook offre la possibilità di pubblicare testi, documenti, foto e video, creare pagine da seguire e gruppi (sia pubblici che privati) su cui è possibile scambiare opinioni e idee,
- Instagram è il social dedicato alle foto e ai video di breve durata (i cosiddetti Reel),
- TikTok, la piattaforma amata dai più giovani, si contraddistingue per la possibilità di pubblicare dei video di breve durata,
- Youtube permette la creazione di veri e propri canali su cui pubblicare video,
- X (il vecchio Twitter) è il social su cui si cinguettano pensieri e opinioni in un massimo di 280 caratteri (anche se per alcuni utenti è possibile arrivare a 4000),
- LinkedIn è il social network dedicato esclusivamente al lavoro, e all'interno della piattaforma è possibile pubblicare testi, documenti, video, foto.
Il professionista sanitario potrà perciò decidere, in base alla piattaforma su cui vuole essere presente, di realizzare vari tipi di contenuti:
- post singoli, contenenti testo e immagine,
- caroselli, cioè delle piccole slide graficamente accattivanti che contengono dei brevi testi descrittivi su un determinato argomento,
- video,
- reel o short video per TikTok, cioè brevissimi video (solitamente con sottotitoli e accompagnati dalle musiche di tendenza consigliate dal social network) in cui affrontare un determinato argomento,
- articoli, slide e testi più professionali per chi sceglie di essere presente su LinkedIn.
Una volta scelta la piattaforma è importante porsi degli obiettivi, anche di breve durata: ad esempio riuscire a raggiungere x follower/amici/contatti oppure riuscire ad avere un engagement su una determinata piattaforma di x condivisioni. I social network funzionano tramite algoritmi, che favoriscono chi passa molto tempo sulla piattaforma e chi riesce a far trascorrere ad altri utenti del tempo su una piattaforma: in questo senso, la costanza e la periodicità nella pubblicazione, la creazione di contenuti di valore, l'interazione con i propri follower/amici/contatti rappresentano delle piccole “dritte” che possono aiutare il professionista sanitario a farsi notare dalla piattaforma e dal suo potenziale pubblico di riferimento.
Dopo aver selezionato la piattaforma e il tipo di contenuti, però, il professionista sanitario che si approccia a un social network non deve mai dimenticare chi è e cosa rappresenta: una parola fuori posto, un commento poco felice può essere male interpretato e avere le conseguenze più disparate, come spingere un potenziale paziente a tenere un comportamento sanitario poco corretto o scatenare vere e proprie campagne diffamatorie o d'odio contro il sanitario.
Un esempio su tutti è rappresentato dalle tematiche vaccinali e dal fenomeno no vax: se un professionista sanitario si inserisce, su un social network, in una conversazione avente ad oggetto i vaccini, quasi sicuramente si ritroverà contro centinaia (se non migliaia) di persone pronte a inveire contro di lui, lasciare commenti e/o recensioni negative sulle sue pagine, insultarlo quotidianamente, sol perché ha espresso un'opinione.
Il sanitario, nell'uso dei social, dovrà perciò essere molto prudente e adottare il buon senso: mai scrivere, postare o dire qualcosa che non si direbbe in presenza, perché internet never forget, e ciò che viene diffuso sui social può diventare virale in men che non si dica, con conseguenze nefaste per la buona reputazione del professionista.
Medici e infermieri: come usare i social in tranquillità
Secondo le raccomandazioni nazionali ed europee delle associazioni di categoria, i professionisti sanitari, medici o infermieri, che siano presenti su un social network devono farlo seguendo alcuni suggerimenti per tutelare sia sé stessi che i pazienti.
È consigliabile, anzitutto, aprire due distinti account, uno personale e uno professionale. Quest'ultimo profilo, in particolare, non deve ospitare dati sensibili – immagini comprese – che possano in qualche modo ricondurre ai pazienti; è preferibile che l'account professionale contenga informazioni generali sulla salute, la pratica clinica (sempre con ogni dato oscurato), l'informazione scientifica, i link ad altri siti web.
Le discussioni scientifiche tra colleghi dovrebbero avvenire esclusivamente sui social network professionali e sulle community online frequentate esclusivamente da medici/infermieri, dove si accede esclusivamente tramite autenticazione con username e password.
Al fine di evitare di compromettere il rapporto medico-paziente, è sconsigliato rispondere ai pazienti su questioni sanitarie personali, per due ordini di motivi:
- trattare online, in una piazza virtuale accessibile a chiunque, una questione medica viola la privacy del paziente e del medico e mina la credibilità di quest'ultimo,
- affrontare una questione medica personale in una piazza pubblica rischia di fuorviare il paziente e fargli credere che il suggerimento dato a quel determinato soggetto possa andar bene anche per lui.
Presenza social e riservatezza dei dati
Il medico è gravato dall'obbligo di non divulgare, senza il dovuto consenso, i dati personali e sanitari del paziente. Questo obbligo, ovviamente, deve essere rispettato anche quando il professionista sanitario utilizza un social network.
Sappiamo che per dato personale si intende qualsiasi informazione relativa a una persona fisica identificata o identificabile: il nome, il codice fiscale, l'indirizzo e anche l'indirizzo IP, poiché tali dati possono essere utilizzati per identificare una persona. Accanto ai dati personali, esistono poi dei dati “speciali”, da proteggere con ulteriore cautela e nel rispetto di regole particolari, tra cui:
- i dati relativi alla salute, che hanno ad oggetto la salute fisica o mentale di una persona, inclusi i servizi di assistenza sanitaria e le informazioni sullo stato di salute.
- i dati genetici, cioè quelli che si riferiscono alle caratteristiche genetiche di una persona ottenute da analisi di campioni biologici.
- i dati biometrici, ottenuti da caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali che consentono l'identificazione univoca, come l'immagine del volto o l'impronta digitale.
Il professionista sanitario può trattare dati sanitari, genetici o biometrici solo con il consenso esplicito del paziente o per motivi di interesse pubblico rilevante, e nel farlo deve attenersi scrupolosamente ai principi generali stabiliti dal GDPR:
- Liceità, correttezza e trasparenza - i dati devono essere trattati in modo legale, corretto e trasparente nei confronti del paziente;
- limitazione della finalità - i dati devono essere raccolti solo per scopi specifici, legittimi e successivamente trattati in modo coerente con tali scopi;
- minimizzazione dei dati - i dati raccolti devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto agli scopi del trattamento;
- esattezza - dati devono essere accurati e aggiornati o modificati quando necessario, al verificarsi un loro cambiamento;
- limitazione della conservazione - i dati devono essere conservati solo per un periodo limitato, non oltre quanto necessario per gli scopi del trattamento;
- integrità e riservatezza - deve essere garantita la sicurezza dei dati con misure tecniche e organizzative adeguate a prevenire accessi non autorizzati o perdite;
- responsabilizzazione - il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare la conformità ai suddetti principi.
Pertanto, tenendo sempre a mente le regole e i principi del GDPR, quando un medico partecipa online a una discussione con altri professionisti o con pazienti e decide di raccontare un caso che ha affrontato, deve garantire la segretezza dei dati del paziente, che non deve in alcun modo potersi riconoscere in quella conversazione.
L'unico modo, per il professionista sanitario, di poter divulgare su un social network i dati personali e/o sanitari del suo paziente è quello di ottenerne il consenso, che però deve essere:
- libero, cioè acquisito liberamente e non estorto,
- specifico, vale a dire riferito alla divulgazione sui social, per finalità esclusivamente scientifiche, dei dati (le finalità dovranno essere specificate nell'informativa),
- informato, cioè preceduto dalla messa a disposizione, lettura e consegna di un'apposita informativa sul trattamento dei dati personali,
- inequivocabile, vale a dire chiaro e indubbio.
Un utilizzo errato dei social, senza le dovute garanzie di tutela della privacy del paziente, può esporre il professionista sanitario al rischio di sanzioni da parte del Garante Privacy e di richieste risarcitorie da parte dei pazienti i cui dati siano stati messi – anche ingenuamente – alla mercé degli utenti del social network.
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Presenza social e richieste di amicizia dei pazienti
Indipendentemente dal social prescelto, il professionista sanitario dovrà interagire con altri utenti, che possono definirsi amici, follower o contatti. I social si caratterizzano per la loro velocità e istantaneità, anche nel chiedere e dare “l'amicizia” a un altro soggetto.
Nel caso del professionista sanitario, tuttavia, è preferibile evitare, o quantomeno limitare, le richieste di amicizia da parte di propri pazienti, per non incorrere nel rischio di azzerare il rapporto medico-paziente e trovarsi di fronte a fenomeni di transfert dal paziente verso il medico.
Un ammalato, proprio per la sua particolare condizione, può non essere in grado, durante la sua malattia, di gestire determinati aspetti affettivi, emotivi o comportamentali, e la possibilità di accedere ai contenuti personali del proprio medico potrebbe compromettere il rapporto di fiducia e favorire dei comportamenti eccessivamente confidenziali, che esulano dal normale rapporto professionale.
Per questo motivo, ad esempio, ai medici inglesi la corrispondente federazione medica nazionale suggerisce categoricamente di rifiutare, sui social network, le richieste di amicizia provenienti dai pazienti.
Social network e pubblicità del sanitario
I social network sono, chiaramente, uno strumento che consente al professionista sanitario di ottenere visibilità, quasi come se si trattasse di un canale pubblicitario per farsi conoscere e apprezzare dal potenziale paziente.
Tuttavia, quando si utilizza un social network bisogna tenere a mente la normativa che disciplina la pubblicità dei medici, ed in particolare la legge n. 145/2018, che permette agli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie di effettuare pubblicità sanitaria purché:
- contenga unicamente informazioni sui titoli e le specializzazioni possedute,
- contenga informazioni sulle caratteristiche dei servizi offerti e i relativi costi,
- il messaggio sia funzionale a garantire il diritto ad una corretta informazione sanitaria.
Non sono consentiti messaggi di carattere attrattivo e/o suggestivo, come comunicazioni contenenti sconti, offerte e promozioni che possano indurre il potenziale paziente a sottoporsi, in maniera impropria, a dei trattamenti sanitari.
È vietato, per il professionista sanitario, raccomandare al pubblico l'uso di farmaci e dispositivi medici: il professionista, perciò, non potrà fare un'ADV per un farmaco, e dovrà prestare molta attenzione nel realizzare contenuti che riguardino farmaci o dispositivi medici, per evitare di incorrere nella violazione del divieto.
Social network e conflitti di interesse
La problematica inerente la gestione di un conflitto di interessi sui social network, per il professionista sanitario, è strettamente connessa al divieto di pubblicità di farmaci/dispositivi medici. La FNOMCeO cita, nelle proprie linee guida, uno studio su Lancet condotto su 156 emato-oncologi con un profilo attivo su Twitter: dallo studio è emerso che i professionisti avevano ricevuto almeno 1000 dollari di compenso dai produttori di farmaci emato-oncologici per citarli o comunque fare loro riferimento nei tweet. In particolare, su 156 medici almeno 126 hanno fatto riferimento, anche nei tweet pubblicati negli anni successivi, ad almeno un farmaco dell'azienda emato-oncologica, ma che solo due di questi medici avevano palesato l'esistenza di un conflitto di interessi.
Il conflitto etico è palese ed evidente: un medico non può sostenere di utilizzare la terapia x o la terapia y in cambio di denaro, perché il suo unico fine deve essere quello di perseguire la salute del suo paziente.
La FNOMCeO suggerisce, per palesare il conflitto di interesse, l'utilizzo di un hashtag (#) particolare, come l'ADV per gli influencer: si tratta dell'hashtag #noCOI e #COI per indicare, rispettivamente, l'assenza e la presenza di conflitti di interesse. Sui social network, però, attualmente non vi è traccia di questi hashtag.
Professionisti sanitari e social network: i 16 punti suggeriti da FNOMCeO
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, in assenza di una normativa ben precisa, ha stilato un vero e proprio elenco di buone pratiche e buone prassi dedicati ai medici che vogliano essere presenti sui social in tranquillità:
- Nell’uso di piattaforme di social media osserva i principi deontologici e rispetta i confini professionali prevedendo, eventualmente, l’apertura di due profili, uno personale e uno professionale
- Dichiara che stai parlando a nome personale e non a nome della struttura in cui lavori
- Controlla il profilo di chi ti chiede l’amicizia (per quelle piattaforme di social media – come, per esempio, Facebook – per le quali la relazione è sottoposta a un processo di abilitazione)
- Usa cautela nell’accettare amicizie dagli assistiti/pazienti (sia nel caso di profili professionali che personali) evitando di pregiudicare la relazione medico-paziente
- Attraverso i profili (personale o professionale) contribuisci a diffondere la cultura scientifica e l’informazione sanitaria scrivendo di salute (prevenzione, salute pubblica, promozione della salute, lotta alle fake news) e non di «medicina» e di cure, in modo da favorire l’empowerment del cittadino
- Assicurati della validità scientifica dei contenuti diffusi attraverso i post
- Non fornire consigli clinici individuali
- Non pubblicare o condividere post che contengono dati sanitari personali
- Usa cautela nell’esprimere giudizi/opinioni/commenti sugli assistiti, anche quando questi sono ritenuti anonimi
- Ricordati che sui social media la diffamazione e il mancato rispetto della privacy e del diritto d’autore sono reati perseguibili dalle leggi italiane
- Ricordati che quanto pubblichi sui social media può essere accessibile da chiunque e può rimanere disponibile indefinitamente
- Ricordati che una volta che un post è stato pubblicato l’autore perde il controllo sulla sua diffusione
- Prima di pubblicare un post, rifletti sul modo in cui i contenuti saranno percepiti dai cittadini e sulle possibili conseguenze che essi possono avere
- Gestisci al meglio la tua privacy e i profili personali: gli strumenti disponibili allo scopo sulle piattaforme di social media sulle quali si è deciso di aprire un account possono fare molto, se usati bene
- La discussione di casi clinici attraverso le piattaforme di social media deve garantire l’anonimato e la non riconoscibilità
- Si suggerisce di esplicitare nel post eventuali conflitti di interessi con un "tag" elettronico (per esempio #COI o #noCOI) o con un link a una “disclosureform”.