Straordinari eccessivi: il danno da stress solo presunto porta già al risarcimento

L’eccessivo ricorso allo strumento degli straordinari, se protratto nel tempo ben oltre i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, produce un danno da stress che, ritenuto presunto, porta all’automatica determinazione del ristoro economico.

Lo scorso 6 marzo, la Sezione Lavoro del Tribunale di Padova ha pubblicato un’importante sentenza (171/2024), che potrebbe rappresentare un vero punto di svolta per tutti quei lavoratori che, sottoposti a turni di lavoro ben oltre i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, vedono sistematicamente compromesso il loro diritto al riposo con ripercussioni negative sul benessere personale.

L’intera categoria sanitaria appare, quindi, la più esposta a questa tipologia di richiesta dovendo fronteggiare, da anni, le continue e pressanti richieste di super lavoro (turni eccessivi, straordinari ecc….) provenienti da amministrazioni che, alle prese con croniche carenze di personale, non potrebbero garantire un livello di assistenza adeguato agli standard richiesti dall’utenza.

Ma tutto questo, se da un lato, consente di rispondere alle esigenze della cittadinanza, dall’altro provocano conseguenze che, anche quando non si strutturano in vere e proprie patologie cliniche (depressione, burnout ecc…), incidono comunque sul benessere psicofisico del sanitario che, sottoposto a livello di stress sempre più elevati, non riesce più a godere dei benefici del riposo fra una prestazione e l’altra.

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L’orario di lavoro

Per orario di lavoro si intende qualsiasi periodo in cui il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni.

Secondo le disposizioni contenute nel D. lgs. 66/2003, l’orario normale di lavoro è pari a 40 ore settimanali, mentre il limite massimo è fissato in 48 ore a settimana, incluse le ore di straordinario.

La contrattazione collettiva può poi inserire delle deroghe specifiche a questi limiti, ma sempre nel rispetto di alcuni criteri che tengano conto di precise indicazioni temporali e di obbiettive ragioni tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, definite negli stessi accordi collettivi.

L’art. 5 del richiamato decreto si occupa invece della disciplina del lavoro straordinario, osservando come questo strumento debba essere utilizzato con moderazione e secondo le previe indicazioni fornite dalla contrattazione collettiva ovvero, in difetto, in conformità ad uno specifico accordo con il lavoratore per un periodo, che risulti comunque non superiore alle 250 ore annuali.

Il diritto al riposo

Il diritto al riposo riceve tutela sia a livello costituzionale, laddove l’art. 36 prevede espressamente che la durata della giornata lavorativa deve essere stabilita dalla legge, venendo comunque garantito un periodo di riposo settimanale ed annuale senza possibilità di rinuncia, sia a livello di legislazione comunitaria trattandosi di obiettivo primario delle politiche sociali dell’Unione.

La direttiva 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, ha poi dedicato l’intero capo n. 2 alla disciplina dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, garantendo il rispetto dei periodi di riposo e delle ferie annuali retribuite.

Straordinari oltre i limiti di legge e contrattuali

Nel caso esaminato dal Tribunale di Padova, veniva in rilievo il costante e continuativo superamento da parte del lavoratore dei limiti previsti dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. 66 del 2003, nonché dalle disposizioni contenute nella contrattazione collettiva, a titolo di lavoro straordinario, avendo il dipendente mantenuto questo status per oltre 7 anni.

Configurandosi, in questo caso, la condotta inadempiente del datore agli obblighi a sé spettanti di garantire condizioni di lavoro a tutela del diritto al riposo del lavoratore, il magistrato ha quindi ritenuto sussistere i presupposti per il riconoscimento del danno da stress.

È propriamente del datore di lavoro adottare, nel rispetto dell’art. 2087 c.c., ogni strumento utile per tutelare l’integrità psico-fisica e la personalità morale del lavoratore per cui, anche laddove quest’ultimo abbia dato la sua disponibilità al lavoro straordinario, non per questo il datore può essere esonerato dal giudizio di responsabilità, neppure in parte a titolo di concorso con il dipendente, atteso come l’esposizione al rischio non è idonea a determinare un concorso giuridicamente rilevante.

Danno da stress

Per stress lavorativo si intende, generalmente, quell’esperienza negativa che si ingenera nel lavoratore quando percepisce come oltremodo gravose le condizioni in cui è tenuto a fornire la propria prestazione e può essere determinato da eccessivi carichi di lavoro protratti nel tempo, ovvero da tempistiche troppo pressanti oppure, da ultimo, dallo smodato e costante ricorso allo straordinario.

Questa tipologia di pregiudizio rientra nella più ampia categoria dei danni non patrimoniali provocati da inadempimento contrattuale e si realizza tutte le volte in cui la prestazione lavorativa si snodi, per diversi anni, secondo un orario significativamente superiore a quello stabilito dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Già in un noto precedente (Cass. Sez. Lav. n. 26450/21), il Supremo Collegio aveva avuto modo di affermare che la prestazione lavorativa "eccedente", che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da “usura – psicofisica”, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta in quanto lesione del diritto garantito dall'art. 36 Cost., mentre ai fini della determinazione occorre tenere conto della gravità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento in oggetto.

La rilevante novità risiede, pertanto, nella dimostrazione del danno conseguente dal momento che, nel nostro ordinamento, vige il principio per cui chi vuole far valere un diritto deve provare non soltanto l’illecito ed il nesso causale con il danno cagionato, ma anche che quest’ultimo sia concreto, attuale e non irrisorio.

Ma il danno da “usura-psicofisica” (cd. danno da stress) si distingue dal danno biologico, inteso quale lesione dell'integrità psicofisica del soggetto, perché non richiede la dimostrazione, generalmente acquisibile mediante produzione documentale sanitaria e relativa consulenza medico legale, del pregiudizio occorso al lavoratore, ritenendolo invece presunto quando la prestazione lavorativa sia fornita in condizioni stressogene.

La giurisprudenza, diversamente dall’onere probatorio richiesto per il danno all’integrità psico-fisica, intende pertanto alleggerire la posizione processuale del lavoratore per cui, ogni qual volta sia dimostrato il superamento costante e reiterato nel tempo dei limiti di orario stabiliti dalla legge e dal contratto collettivo nazionale applicabile al caso concreto, il datore inadempiente potrà essere condannato al risarcimento, senza che il magistrato debba necessariamente disporre una consulenza medico legale, ma confidando nel suo prudente apprezzamento equitativo.

La quantificazione del danno da stress

Applicati i già indicati principi al caso di specie, il Giudice ha quindi osservato che il dipendente aveva svolto una media di 8,15 ore settimanali di lavoro straordinario, con un computo complessivo di 388,18 ore annuali.

Verificati i parametri sanciti dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. 66 del 2003, che fissano la durata massima dell'orario di lavoro settimanale in 48 ore ed il numero massimo di ore di lavoro straordinario in 250 ore, nonché richiamata la disposizione del CCNL di riferimento, che a sua volta indicava sempre in 250 ore annue il limite massimo del lavoro straordinario esigibile, si è potuto apprezzare il significativo scostamento, peraltro prodottosi per oltre 7 anni.

Ritenuta pertanto presunta la sussistenza del danno da stress, il Tribunale di Padova ha quindi enucleato i parametri valutativi del danno, ritenendo equo riconoscere l’importo di euro 1,50 per ogni ora di lavoro straordinario svolta in eccedenza rispetto al limite fissato dalla legge e dal contratto collettivo, con conseguente liquidazione dell’importo così determinato, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat ed interessi di legge dalla data di scadenza del titolo al saldo.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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