Depurazione acque reflue in Sicilia: a che punto siamo

Il quadro in Sicilia riguarda la dichiarazione di stato di emergenza fino al 31 dicembre in agricoltura e zootecnia. La crisi idrica ha inficiato anche i Centri Dialisi, oltre le campagne e gli allevamenti

18 Giugno 2024, 09:57

Depurazione acque reflue in Sicilia: a che punto siamo

La situazione delle acque reflue in Sicilia sta diventando insostenibile. Le ultime notizie di cronaca riferiscono, infatti, che la carenza idrica sta inficiando anche le pratiche “salva vita”, in particolare quelle afferenti ai Centri Dialisi. A questo si aggiunge l’importante difficoltà delle campagne siciliane sottoposte a continua scarsità idrica. Dopo la presa di coscienza da parte della Regione, il Presidente Renato Schifani ha incontrato il commissario nazionale della depurazione delle acque reflue, Fabio Fatuzzo. L’incontro, propedeutico a diversi incontri in programma con associazioni di categoria, ha avuto come obiettivo a riflettere sul cambio strutturale importante che la Sicilia deve intraprendere per riuscire a fronteggiare l’emergenza e riorganizzare il trattamento delle acque reflue in Sicilia.

Nel corso dell’incontro, è stato deciso di creare un tavolo tecnico per affrontare in modo strutturale e sistematico il problema. A supportare il presidente Schifani, il professor Francesco Fatone, docente del Politecnico delle Marche, tra i massimi esperti a livello internazionale nel trattamento e riutilizzo delle acque reflue.

Se, quindi, in Italia la scarsità idrica sta portando al riutilizzo dei reflui in agricoltura, anche questi devono adattarsi al regolamento europeo che ne fissa i parametri da rispettare per irrigare in sicurezza. L’Italia ha già quattro procedure di infrazione per problemi di depurazione e questo argomento rappresenta proprio uno dei talloni di Achille del nostro territorio e la Sicilia segue con un problema strutturale importante e molte più criticità da affrontare.

Cambio strutturale per le acque reflue: le attività in corso in Sicilia

In Sicilia, sono 13 gli interventi completati e 22 i cantieri in corso, tra questi il nuovo depuratore di Agrigento e a Palermo il raddoppio del depuratore Acqua dei corsari e il completamento del collettore sud orientale.

Quello a cui si mira è un vero e proprio nuovo approccio culturale. Se, ad oggi, l’Italia è oggetto di quattro procedure di infrazione riguardanti la gestione delle acque reflue e tre di queste hanno già portato a condanne da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, mentre la quarta è ancora in fase di sviluppo, il problema non può essere solo l’adeguamento logistico e tecnico da attuare. Il problema sta nella mentalità delle istituzioni politiche e dei cittadini. La Sicilia è coinvolta in tutte e quattro le procedure, risultando la regione con il maggior numero di agglomerati interessati. In relazione alle prime due infrazioni, il Commissario sta attuando 67 interventi per la costruzione di reti fognarie e l’adeguamento dei depuratori in tutte le province siciliane, tranne che ad Enna. Attualmente, sono stati completati 13 interventi, mentre 22 cantieri sono ancora in corso. Tra i progetti conclusi e operativi ci sono i depuratori di Trabia e Cefalù, oltre alle reti fognarie di Sferracavallo e via Agnetta a Palermo.

L’obiettivo principale è promuovere il riutilizzo delle acque depurate. Su questo, anche imprenditori dell’agricoltura ci lavorano da anni, mettendo a punti anche metodi di irrigazione innovativi, come l’irrigatore a goccia che consente non solo l’utilizzo senza spreco, ma anche il riutilizzo dei reflui ed eventualmente un metodo di smaltimento sicuro degli strumenti impiegati già usurati.

La Sicilia stretta nella morsa della siccità

Il dato più significativo riguarda quanto sta accadendo all’isola. In Sicilia, la crisi idrica è grave ed è stato dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre, per sei province (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani) e razionamenti dell’acqua in atto in 150 Comuni. Misure urgenti sono state adottate, tra cui la riduzione dei consumi e l’uso di risorse idriche aggiuntive. Per l’agricoltura, sono state avviate procedure per trasferire acqua tra dighe per mitigare la carenza idrica.

Nel 2023, la regione ha registrato il quarto anno consecutivo di precipitazioni sotto la media, con temperature elevate e scarsa piovosità confermate anche nei primi mesi dell’anno successivo.

Due gli ambiti delle calamità naturali: l’agricoltura e la zootecnia. A tal proposito, Dario Cartabellotta, commissario per l’emergenza idrica in questi settori, ha avviato le procedure per trasferire risorse idriche dalla diga Gammauta alla diga Castello nell’Agrigentino, utilizzando l’adduttore consortile San Carlo Castello. Soluzioni temporanee che, di certo, non possono dirsi risolutive.

Cosa dicono gli studi scientifici recenti a proposito delle acque reflue?

Uno degli ultimi studi scientifici internazionali pubblicato su “Nature Reviews Earth & Environment”, dal titolo “Sustainable wastewater reuse for agriculture” ha esaminato quali benefici e che tipo di limitazioni possono derivare dal riutilizzo delle acque reflue trattate in agricoltura, avvalorando la tesi del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea che, da ultimo, ha sottolineato l’importanza di potenziale per ampliare maggiormente il riuso. L’agricoltura consuma il 70% dell’acqua dolce globale e con l’aumento della popolazione è ipotizzabile l’importanza di aumentare la superficie di coltivazione, con maggior aggravio per la preoccupazione riguardante le risorse idriche.

 

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Si tratta di un tema particolarmente rilevante per l’Italia, dove solo il 4% dell’acqua depurata viene riutilizzata in agricoltura, nonostante la crescente siccità.

Si stima che nell’UE ogni anno vengano riutilizzati circa un miliardo di metri cubi di acque reflue trattate, con la possibilità di incrementare questa quantità di sei volte, un volume paragonabile a quello del Lago di Lugano.

Davanti a questa situazione, il nuovo regolamento europeo sul riutilizzo dell’acqua stabilisce parametri di qualità uniformi per l’uso agricolo, contribuendo a sbloccare il pieno potenziale di questa risorsa, di concerto con le altre direttive europee in materia di acque reflue e acque reflue urbane.

L’uso delle acque reflue trattate in agricoltura potrebbe, senza dubbio, contribuire significativamente alla gestione sostenibile delle risorse idriche, riducendo la pressione sulle acque dolci e apportando benefici economici e ambientali, purché vengano adottate adeguate misure di sicurezza per garantire la qualità dell’acqua e non influire negativamente sulla salute degli ecosistemi e di chi abita il Pianeta.