Torneranno mai le “estati di una volta”? 

Le estati di una volta, caratterizzate da temperature moderate e fresche brezze marine, sono ormai un ricordo. Il riscaldamento globale e l’Anticiclone Africano hanno portato a temperature estive superiori ai 40°C, mettendo sotto stress la vegetazione, l’agricoltura e la salute umana.

21 Agosto 2024, 07:00

Torneranno mai le “estati di una volta”? 

L’estate di una volta sembrano ormai un ricordo lontano. Prima che il riscaldamento globale e l’Anticiclone Africano iniziassero a influenzare drasticamente il clima, le temperature nel Mediterraneo raramente superavano i 30°C. E le giornate calde erano mitigate da fresche brezze marine che portavano sollievo alle coste.

L’impatto del riscaldamento globale

Oggi le ondate di calore estremo sono diventate più frequenti e intense, con temperature che spesso superano i 40°C: un cambiamento che non solo ha reso meno sopportabile la bella stagione (anzitutto per i soggetti fragili), ma ha anche messo sotto stress la vegetazione, l’agricoltura e il nostro organismo. Purtroppo, la speranza che tornino le estati di una volta è molto remota: dall’era preindustriale a oggi, quindi negli ultimi 200-250 anni circa, la temperatura del nostro pianeta si è alzata di 1,1°C a causa dell’azione dell’uomo. 

Alcuni effetti del cambiamento climatico – come lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari e l’acidificazione degli oceani – sono già irreversibili. Ogni decimo di grado al di sopra del limite soglia di 1,5°C di riscaldamento globale stabilito dagli accordi di Parigi nel 2015 porterà ulteriori gravi impatti non solo sugli ecosistemi naturali, ma anche sulla società e sui sistemi produttivi quali agricoltura, pesca e gestione delle foreste. Ma è ancora in nostro potere provare a contenere la gravità di questi fenomeni: tutto dipende da quanto saremo in grado di fare nei prossimi anni in termini di riduzione delle emissioni e, dunque, di riduzione della temperatura del pianeta.

Cause e soluzioni del caldo estivo

La causa del riscaldamento globale, lo sappiamo, sono le emissioni dei gas a effetto serra, in particolare la CO2, l’anidride carbonica. Sebbene presente in piccolissime percentuali in atmosfera, questa molecola è in grado di trattenere il calore della radiazione solare. Aumentando la concentrazione di CO2 in atmosfera, aumenta anche la quantità di calore trattenuto. Questa energia si scarica poi a terra, in una forma o nell’altra, come ondate di calore, nubifragi o tempeste tropicali.

L’IPCC evidenzia che questi fenomeni si stanno verificando con sempre maggiore frequenza e intensità rispetto al passato, con impatti già visibili sugli ecosistemi naturali, sulla società e sull’economia. Perciò gli ultimi rapporti del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici parlano chiaro: “Le mezze misure non sono più un’opzione”. I governi nazionali e le organizzazioni sovranazionali stanno lavorando a piani non solo di mitigazione, cioè di riduzione delle emissioni, ma anche di adattamento al cambiamento climatico, proprio perché alcune sue conseguenze ormai non sono più evitabili.

Obiettivo mitigazione

Per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C è necessario che il picco delle emissioni globali venga raggiunto prima del 2025. Poi avremo cinque anni per ridurre le emissioni del 43% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005). Dovremmo ridurle del 25% per stare al di sotto dei 2°C, soglia massima oltre la quale il nostro pianeta potrebbe entrare in enorme sofferenza. L’Europa si è posta un obiettivo ancora più ambizioso: ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990). 

Insomma, forse non sarà più possibile tornare alle estati di una volta, ma “mitigazione” deve restare la parola d’ordine. Sta a noi decidere come affrontare la sfida del cambiamento climatico, per garantire un futuro sostenibile alle generazioni che verranno.