L’inquinamento aumenta il rischio ictus dopo solo 5 giorni

Basta anche una breve vacanza di 5 giorni in una grande città inquinata per aumentare il rischio di subire un ictus. A scoprirlo è uno studio dell’Università di Giordania basato su oltre 18 milioni di casi di ictus.

5 Ottobre 2023, 07:38

L’inquinamento aumenta il rischio ictus dopo solo 5 giorni

Basta anche una breve vacanza di 5 giorni in una grande città vittima di inquinamento per aumentare il rischio di subire un ictus. A scoprirlo è uno studio dell’Università di Giordania ad Amman basato sui dati di 110 studi che hanno coinvolto oltre 18 milioni di casi di ictus. I risultati, pubblicati sulla rivista Neurology, hanno rivelato una correlazione tra livelli più elevati di inquinanti, come il biossido di azoto, il monossido di carbonio, il biossido di zolfo e particolato di varie dimensioni, e un aumentato rischio di ictus. In particolare il biossido di azoto, prodotto principalmente dalla combustione di combustibili fossili ad alte temperature, ha mostrato un legame con un aumento del 33% della mortalità per ictus. Un aumento significativo del 60% del rischio di morte per ictus è stato associato a livelli più elevati di anidride solforosa, un sottoprodotto della combustione di combustibili ricchi di zolfo. Mentre il PM2.5 è risultato associato a un rischio di mortalità del 9% e il PM10 a un rischio del 2%.

Il particolato fine provoca infiammazione e promuove la coagulazione del sangue

Precedenti ricerche hanno stabilito un collegamento tra l’esposizione a lungo termine allo smog e problemi cardiovascolari, come ictus e infarti. Quando viene inalato, il particolato fine (PM2.5, particelle con un diametro inferiore o uguale ai 2,5 micron cioè millesimi di millimetro) provoca infiammazione, promuove la coagulazione del sangue e può penetrare dai polmoni fino alla circolazione sanguigna, dando origine a malattie croniche e persino ad eventi acuti come l’ictus cerebrale. Tuttavia, il legame tra la recente e breve esposizione allo smog e l’insorgenza di questi episodi risultava ancora poco chiaro. “Nel nostro studio, invece di considerare settimane o mesi di esposizione, abbiamo preso in considerazione solo cinque giorni e abbiamo trovato un legame tra l’esposizione a breve termine all’inquinamento atmosferico e un aumento del rischio di ictus”, dice Ahmad Toubasi, ricercatore dell’Università di Giordania responsabile del lavoro.

 

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Servono politiche che riducano l’inquinamento atmosferico

Più alte concentrazioni di biossido di azoto sono risultate collegate a un rischio aumentato del 28% di ictus nei cinque giorni successivi; più alti livelli di ozono, a un incremento del 5% di probabilità di ictus; più alte quantità di monossido di carbonio, a un aumento del 26%; di anidride solforosa, a probabilità aumentate del 15%. Più elevate concentrazioni di PM1 (particelle di meno di un micron di diametro) sono risultate legate a un incremento del 9% del rischio di ictus, di PM2.5 del 15%, di PM10 del 14%. “Esiste una forte e significativa associazione tra l’inquinamento atmosferico e l’insorgenza di ictus e la morte per ictus entro cinque giorni dall’esposizione”, sottolinea Toubasi.

“Questo evidenzia l’importanza degli sforzi globali per creare politiche che riducano l’inquinamento atmosferico. In questo modo si può ridurre il numero di ictus e le loro conseguenze”, aggiunge. I ricercatori hanno precisato che il loro studio ha alcune limitazioni, soprattutto perché la meta-analisi comprende prevalentemente dati provenienti da paesi ricchi. I dati relativi ai paesi a reddito moderato o basso, che potrebbero sperimentare livelli di inquinamento ancora più elevati, non sono ancora sufficienti.