Inquinamento a Milano: è allarme smog. Quali sono le cause?
Milano e la Pianura Padana sono tra le aree più inquinate in Europa. Dai riscaldamenti passando per gli allevamenti intensivi fino ad arrivare alle automobili: ecco i motivi principali della produzione di particolato Pm10 e Pm2.5 che causano l’inquinamento atmosferico
13 Settembre 2024, 13:53

Sommario
La città di Milano e la Pianura Padana non sono immuni, anzi, alla sfida globale che colpisce molte aree urbane: lo smog e l’inquinamento atmosferico. Il capoluogo lombardo, infatti, è risultato tra le città con la peggiore qualità d’aria al mondo, secondo i dati pubblicati a inizio 2024 dal sito svizzero IQAir.
Allarme inquinamento atmosferico a Milano: cosa dicono i dati
Secondo le statistiche del sito svizzero IQAir che si affida all’indice di qualità dell’aria americano AQI (Air Quality Index), già all’inizio dell’anno l’aria metropolitana milanese si è classificata come la terza peggiore al mondo, con un indice di 193, preceduta solo da Dacca, in Bangladesh, Lahore, in Pakistan, e Delhi, in India. La qualità dell’aria di Milano è stata classificata come “non salutare”.
Nel 2023, a Milano, non era andata tanto meglio. Il rapporto nazionale di Legambiente e CleanCities Campaign, Mal’Aria di Città 2024, mostra, infatti, una situazione preoccupante. In Italia, ben 18 capoluoghi di provincia su 98 presentavano valori di polveri sottili che sforano i limiti a livello europeo, con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo.
A guidare la classifica Frosinone con 70 giorni di sforamento e Milano conquistava un quinto posto con 49 giorni di sforamento.
Quali sono le cause dell’inquinamento a Milano e nella Pianura Padana
Le fonti primarie di particolato PM10 e PM2.5 comprendono in special modo:
- il traffico veicolare, in particolare i motori diesel;
- il traffico veicolare alimentato a benzina.
- il riscaldamento domestico;
- le attività industriali;
- gli allevamenti intensivi (con la produzione di ammoniaca derivante dalle deiezioni animali utilizzate come fertilizzanti);
A peggiorare la situazione critica nella Pianura Padana, anche la geografia e il clima sfavorevole. Circondata e chiusa su tre lati da Alpi e Appennini, la regione ha una ventilazione limitata e una circolazione dell’aria insufficiente. Durante periodi di alta pressione e temperature elevate, l’aria fredda si accumula nelle pianure, causando nebbie mattutine e notturne e impedendo il ricambio atmosferico, con conseguente accumulo di inquinanti.
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Arpa Lombardia: a inizio 2024 superati i valori limite di PM10 e PM 2.5
Secondo i dati forniti da ARPA Lombardia, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, nel Comune di Milano, a inizio anno, si erano già superati i valori limite di PM10 con una media giornaliera di 100 microgrammi al metro cubo di aria quando il valore limite è di 50.
Le più pericolose PM2.5 sono risultate pari a 76 microgrammi al metro cubo, superiori al valore giornaliero di 5 microgrammi al metro cubo. Valori simili a quelli di Milano sono stati registrati nelle zone di pianura dai servizi ambientali di Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
Greenpeace: gli allevamenti intensivi producono più smog delle auto
Come è noto, la Pianura Padana si trova in una posizione geografica sfavorevole in cui ventilazione e circolazione dell’aria sono piuttosto scarse. L’alta pressione favorisce inoltre l’accumulo degli inquinanti e l’alta densità di popolazione e vetture contribuisce a far crescere i livelli di smog.
Gran parte del problema, però, secondo Greenpeace, sono gli allevamenti intensivi. Insieme al riscaldamento sono da annoverare tra i principali responsabili dell’aumento dei livelli di inquinamento da PM2.5. Secondo una ricerca dell’Unità investigativa di Greenpeace Italia in collaborazione con ISPRA, infatti, il 54% del PM2.5 non è prodotto dalle auto, come molti pensano, ma è generato da una combinazione di riscaldamento domestico e allevamenti intensivi.
L’analisi indaga i settori che hanno maggiormente contribuito all’inquinamento da PM in Italia. Nel 2018 i settori più inquinanti sono risultati essere il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%) e gli allevamenti (16,6%): insieme, il 54% del PM2.5 nazionale. Seguono i trasporti stradali (con il 14%) e le emissioni dell’industria (10%). Dunque, le emissioni del settore zootecnico sono, per l’associazione ambientalista, “una realtà innegabile. L’ammoniaca prodotta dagli allevamenti intensivi costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili – PM2.5 – che in Italia causano circa 50.000 morti premature ogni anno”.