Microplastiche e antibiotico-resistenza: quale collegamento?

Le microplastiche nei suoli possono aumentare la resistenza agli antibiotici. Scopri come questi inquinanti influenzano la salute umana e ambientale.

17 Aprile 2025, 08:00

Microplastiche e antibiotico-resistenza: quale collegamento?

Le microplastiche e l’antibiotico-resistenza sono tra le sfide più gravi che il nostro pianeta si trova ad affrontare oggi. Per molto tempo sono state considerate emergenze separate: da una parte l’inquinamento da plastica, che interessa ormai ogni angolo del globo; dall’altra la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici, un fenomeno che compromette l’efficacia della medicina moderna. Oggi però, grazie a nuovi studi, queste due minacce appaiono sempre più intrecciate. 

Le microplastiche come “taxi genetici” 

Non si tratta solo di plastica dispersa nell’ambiente. Le microplastiche – frammenti inferiori ai 5 mm – sono state definite da alcuni ricercatori taxi genetici”, perché trasportano microrganismi e geni da un luogo all’altro. Le superfici plastiche diventano rapidamente colonizzate da biofilm, aggregati di batteri che vi si ancorano formando vere e proprie comunità. In questi biofilm, lo scambio di materiale genetico – inclusi i geni della resistenza agli antibiotici – diventa molto più probabile. 

Il ruolo dei biofilm e il trasferimento genetico 

A dimostrarlo è, tra gli altri, uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology da Wu e colleghi nel 2019, che ha osservato come i biofilm batterici presenti sulle microplastiche nei mari contenessero una concentrazione di geni resistenti sei volte superiore rispetto ai sedimenti marini. Lo stesso fenomeno è stato riscontrato da Li et al. nel Journal of Hazardous Materials (2020), che ha identificato un meccanismo chiave: il trasferimento genico orizzontale, ovvero la capacità dei batteri di scambiarsi geni direttamente, anche tra specie diverse, facilitata dalle superfici plastiche. 

Acque reflue: il nuovo laboratorio dell’evoluzione batterica 

Le microplastiche rappresentano un problema anche negli impianti di trattamento delle acque. Uno studio pubblicato su Nature Communications nel 2021 ha evidenziato la presenza di numerosi geni resistenti all’interno delle microplastiche raccolte in questi ambienti, spesso associati a batteri clinici. Tao et al. (2022), su Water Research, hanno invece mostrato come la presenza combinata di antibiotici e microplastiche nelle acque reflue favorisca la selezione di ceppi sempre più resistenti. 

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Un rischio invisibile per la salute umana 

La questione non è puramente ambientale. Le microplastiche entrano nella catena alimentare e finiscono nei nostri piatti. Pesci, crostacei e molluschi ingeriscono plastica, che poi arriva fino a noi. Ma anche la semplice respirazione può diventare un canale di esposizione, come dimostra l’articolo sulle microplastiche nei polmoni. 

Fanghi di depurazione e agricoltura: un nuovo vettore 

Un altro anello critico è rappresentato dai fanghi di depurazione, spesso utilizzati come fertilizzanti nei campi. Questi fanghi, carichi di microplastiche e batteri resistenti, contaminano il suolo e le colture. Le microplastiche non si degradano facilmente e diventano un mezzo per la sopravvivenza e la trasmissione dei geni di resistenza tra batteri presenti nei suoli agricoli. 

Il paradigma One Health: ambiente e salute interconnessi 

Questo collegamento tra plastica e resistenza antimicrobica ci riporta al concetto di One Health, una visione integrata della salute umana, animale e ambientale. Se le microplastiche amplificano la diffusione della resistenza agli antibiotici, allora l’inquinamento da plastica non è solo un problema ecologico, ma anche sanitario.  

Un’emergenza sanitaria già in corso 

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno già presente nelle corsie ospedaliere. Secondo l’ECDC, in Europa le infezioni resistenti causano ogni anno circa 35.000 decessi. In Italia, il problema è particolarmente grave.  

Cosa ci dicono le istituzioni scientifiche 

Il rapporto dell’OMS del 2024 sottolinea che, se non si agisce in fretta, l’AMR potrebbe diventare la principale causa di morte entro il 2050. La Commissione Europea, nel suo piano d’azione contro l’AMR, ha identificato l’ambiente come uno dei principali serbatoi di geni resistenti. In questo contesto, le microplastiche rappresentano un veicolo trascurato, ma potenzialmente centrale nella diffusione globale del problema. 

Le sfide future: ricerca, politica, comportamenti 

Per contrastare questo fenomeno è necessario un approccio integrato. Servono nuovi investimenti nella ricerca scientifica per comprendere meglio il ruolo delle microplastiche nel trasferimento genico. È indispensabile implementare tecnologie avanzate per la filtrazione delle acque reflue e limitare l’uso di plastica monouso. Ma occorre anche un impegno politico forte per regolamentare in modo più severo l’impiego di antibiotici e il trattamento dei fanghi. 

La lotta contro la resistenza antimicrobica non può più prescindere da una riflessione sull’ambiente. E viceversa, non possiamo parlare di inquinamento senza considerare le ripercussioni sulla salute.  

Il nesso tra microplastiche e antibiotico-resistenza, oggi sempre più supportato da evidenze scientifiche, non può essere ignorato. È un legame invisibile ma potenzialmente devastante. Ogni frammento di plastica disperso oggi può essere il veicolo di una resistenza batterica che metterà a rischio cure, terapie e vite umane domani. La ricerca ha lanciato l’allarme. Sta a noi, come cittadini e come decisori, ascoltarlo e agire.