Pesca sostenibile, perché alcune pratiche sono vietate
Pratiche come la pesca eccessiva riducono gli stock ittici al di sotto di livelli sostenibili, mentre la pesca illegale comporta catture non dichiarate e non regolamentate. Scopri di più sulla pesca sostenibile
31 Ottobre 2024, 12:27
Sommario
Non tutti i pesci che troviamo sui banchi dei mercati provengono da attività di pesca sostenibile. Le aziende più virtuose, impegnate nella tutela dell’ambiente, adottano pratiche responsabili per rispettare gli stock ittici e preservare gli ecosistemi marini. I prodotti derivanti da questa pesca “green” sono certificati da organismi indipendenti, come la Marine Stewardship Council (MSC), il marchio più diffuso per il pesce sostenibile.
Che cos’è la pesca sostenibile?
Per pesca sostenibile si intende un approccio che rispetta gli ecosistemi e lascia in mare un numero sufficiente di pesci per la riproduzione delle specie. In sostanza, si tratta di prelevare dal mare solo ciò che è necessario, utilizzando attrezzature artigianali che riducono l’impatto ambientale. Questo metodo si integra con altre pratiche di agricoltura sostenibile, come le vertical farm, in una visione complessiva di sviluppo eco-compatibile.
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Le minacce della pesca eccessiva e illegale
Uno dei maggiori problemi della pesca mondiale è la sovra-pesca, che mina la capacità degli stock ittici di rigenerarsi. Oltre alla pesca illegale, che ogni anno sottrae fino a 26 milioni di tonnellate di pesce, anche la distruzione degli habitat marini e il bycatch (cattura accidentale di specie non desiderate) rappresentano gravi minacce per la biodiversità. In Italia e in Europa, infatti, l’ingresso di pesce catturato illegalmente è facilitato da controlli ancora deboli, specialmente per alcune specie come gli squali e le razze, per cui mancano sistemi di tracciabilità adeguati.
Nel Mediterraneo, la situazione è critica: oltre la metà degli stock ittici valutati è pescata a livelli insostenibili. Tuttavia, le misure di gestione degli ultimi anni stanno dando risultati incoraggianti, con una riduzione della pressione di pesca e un leggero recupero della biomassa in alcune specie.
La pesca distruttiva e i suoi effetti sull’ecosistema
La pesca intensiva colpisce non solo le specie target, ma anche altre specie catturate involontariamente da attrezzature poco selettive. Il sistema di pesca a strascico, ad esempio, distrugge i fondali marini, habitat essenziali per numerose specie. Nel Mediterraneo, il tasso di scarto della pesca a strascico si aggira tra il 45 e il 50%, danneggiando gli stock commerciali e alterando l’equilibrio degli ecosistemi. Anche le specie marine protette come mammiferi e tartarughe, sono spesso vittime di cattura accidentale.
I principi della pesca sostenibile
Come riconoscere, invece, un’attività di pesca rispettosa dell’ambiente? La pesca sostenibile si distingue per alcuni principi fondamentali:
– Uso di tecniche selettive e a basso impatto ambientale;
– Riduzione degli sprechi, evitando la cattura di specie non commerciali;
– Rispetto delle aree e dei periodi di pesca consentiti per consentire la riproduzione delle specie.
Quali sono le tecniche di pesca sostenibile?
Le tecniche sostenibili sono meno invasive e favoriscono la sopravvivenza della fauna marina. Tra i metodi più usati troviamo:
- La canna da pesca, impiegata per tonni e merluzzi, rappresenta il metodo più selettivo e preserva l’integrità del pesce;
- La rete da posta, usata nel Mediterraneo, è composta da una o più reti sovrapposte ed è adatta per pesci di fondo come seppie, cefali e sogliole;
- La nassa, una gabbia a imbuto munita di esca, è una delle tecniche più antiche, che consente di liberare vivi i pesci catturati accidentalmente;
- Il palangaro di fondo, selettivo e rivolto alla cattura di pesci di fondale, riduce l’impatto sull’ecosistema.