L’esposizione annuale a PM10 è correlata a disturbi cerebrali nella popolazione adulta

Uno studio coreano mostra l’impatto dell’inquinamento atmosferico (PM10) sulla malattia dei piccoli vasi sanguigni cerebrali nella popolazione adulta. I risultati e la situazione attuale.

21 Febbraio 2023, 12:31

L’esposizione annuale a PM10 è correlata a disturbi cerebrali nella popolazione adulta

Uno studio coreano, pubblicato su Nature, ha mostrato l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla cSVD (malattia dei piccoli vasi sanguigni cerebrali) nella popolazione adulta. In particolare, dei due tipi di particolato atmosferico: PM10 e PM2.5 (micron), differenti in base alla dimensione delle particelle, che a sua volta dipende dalla loro fonte di origine (a.e. emissioni industriali o combustione di combustibili fossili). L’esposizione a questi inquinanti è stata considerata responsabile degli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sulle malattie cardiovascolari.

L’ipotesi di azione del PM10 sull’organismo vede le frazioni di nanoparticelle di particolato disperso nell’aria in grado di attraversare la barriera alveolare-capillare del sangue e influenzarne direttamente le cellule.

 

Il PM10 è presente nell’aria a seguito di:

  • eventi naturali, come l’erosione, causata dal vento, di rocce ed altre superfici, la formazione di aerosol marino, le tempeste di polvere, gli incendi o la fuoriuscita di gas dai vulcani
  • attività umane che utilizzano combustibili fossili o biomasse, come nelle lavorazioni artigianali ed in quelle industriali (ad esempio nelle centrali termoelettriche, raffinerie, nelle industrie chimiche, del cemento e dell’acciaio), ma anche in attività quotidiane come cucinare, riscaldare, trasportare merci o utilizzare veicoli a motore. Il PM10 è infatti uno dei principali componenti dei gas di scarico degli autoveicoli, degli impianti industriali e delle emissioni portuali.

 

Studi fatti in precedenza sul particolato atmosferico e altri inquinanti

Non si tratta del primo studio a questo riguardo. Una ricerca israeliana aveva dimostrato, in una popolazione di giovani adulti di età inferiore a 55 anni, l’associazione tra ictus ischemico e aumento delle concentrazioni di PM10 e PM2.5. Ancor più nelle persone che vivevano vicino a una strada principale. Uno studio cinese condotto da otto città, aveva mostrato come PM10, biossido di azoto (NO2) e anidride solforosa (SO2) potessero essere associati alla mortalità giornaliera per ictus.

Cos’è la cSVD?

La malattia dei piccoli vasi sanguigni cerebrali (cSVD) è quella sindrome che colpisce piccole arterie, capillari e venule del cervello. Durante la risonanza magnetica, la presenza di cSVD si evince da iperintensità della sostanza bianca cerebrale (WMH), infarto lacunare silente (SLI) e microsanguinamenti cerebrali (CMB). Da sola, la cSVD è considerata predittore di molti esiti clinici, tra cui ictus e deterioramento cognitivo. Questo studio ha messo in relazione inquinamento atmosferico a lungo termine e cSVD negli adulti.

 

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Come si è svolta la ricerca

I soggetti coinvolti nello studio hanno partecipato ad un programma di screening sanitario condotto dal Seoul National University Hospital Health Promotion Center, da gennaio 2006 a dicembre 2013. In Corea sono tantissimi gli ospedali che gestiscono anche grandi centri di check-up sanitari, dotati di dispositivi medici ad alta tecnologia. In questo caso i 3.257 partecipanti – età media 56,5 anni, al 54% di sesso maschile e asintomatici rispetto a disturbi cerebrali – hanno effettuato una risonanza magnetica cerebrale nel centro diagnostico.

In contemporanea, i dati di concentrazione degli agenti inquinanti (PM10, NO2, SO2 e monossido di carbonio) sono stati ottenuti dal Ministero dell’Ambiente della Corea del Sud, misurati in oltre 300 stazioni di monitoraggio. Il luogo di residenza dei soggetti e gli anni delle visite sono stati messi a confronto con i dati ambientali per ottenere l’esposizione media agli inquinanti di ogni partecipante.

La presenza (o meno) di cSVD è stata verificata incrociando la manifestazione delle tre sintomatologie con la durata dell’esposizione e l’influenza dei singoli agenti inquinanti sui soggetti. Con i risultati è stato dimostrato che l’esposizione di un anno al PM10 è correlata al volume aumentato di WMH e alla presenza di SLI negli adulti. La scoperta suggerisce agli studiosi che un’esposizione a lungo termine possa avere un impatto negativo sul cervello anche di individui asintomatici.

I risultati

Nei paesi asiatici il livello di PM10 è mediamente più alto rispetto ad altre zone del globo (71,6 microgrammi per metro cubo in Asia contro i 20,6 in Europa). Allo stesso modo le manifestazioni di cVSD sono più diffuse tra gli asiatici rispetto agli europei.

L’inquinamento non si può evitare

Questo studio ha dimostrato, per la prima volta, che ci sono dei collegamenti diretti tra agenti inquinanti e salute di persone esposte, anche per un solo anno, e senza potersi opporre. Questa è infatti la caratteristica principale degli agenti nocivi che provengono dall’inquinamento: per una persona è impossibile evitarli, a meno che non decida di trasferirsi in un luogo diverso e che comunque non potrà essere totalmente innocuo. Non c’è comunque una cura o una metodologia per evitare di subirne gli effetti.

Va aggiunta forse la più importante delle consapevolezze sul PM10; è stato più volte confermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che per il particolato non è possibile definire un valore limite al di sotto del quale non ci sono effetti nocivi sulla salute della popolazione. Come unica soluzione è stata proposta la raccomandazione di tenerlo a livelli più bassi possibili, che da sola dà la cifra della pericolosità della situazione.