La prima sentenza della Cassazione sul delitto di inquinamento ambientale 

La sentenza della Cassazione sul delitto di inquinamento ambientale e la responsabilità delle aziende nella tutela ambientale

11 Maggio 2023, 12:59

La prima sentenza della Cassazione sul delitto di inquinamento ambientale 

Risale al 2016, la prima sentenza della Corte di Cassazione sul reato di inquinamento ambientale previsto e punito, finalmente, dalla Legge n. 68 del 2015. La sentenza di riferimento è quella della Cassazione penale sez. 3, del 21 settembre 2016, n. 46170, la cui massima sancisce: “La condotta “abusiva” di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all’art. 452-bis cod. pen., comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale – ovvero di prescrizioni amministrative”.  

La pronuncia in questione va tenuta in considerazione per molteplici sfaccettature che la riguardano. In primis, si tratta della prima sentenza che interpreta e applica quanto sancito dall’art. 452-bis c.p., norma introdotta con la Legge 68/2015. In secondo luogo, si ha la possibilità, grazie a quanto stabilito, di addentrarci all’interno del reato ambientale in correlazione alle diverse norme già in essere, anche generiche, sia statali che regionali.  

Il caso di bonifica dei fondali del golfo di La Spezia

Il caso in questione che è stato sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione ha riguardato la bonifica dei fondali di due moli del golfo di La Spezia. Secondo l’accusa, la ditta incaricata aveva violato palesemente le prescrizioni progettuali atte a limitare l’intorbidimento delle acque. In particolare, non aveva utilizzato un sistema di panne galleggianti ancorate al fondo. Secondo quanto stabilito dall’accusa, si appurava che “veniva sversata al di fuori delle panne una considerevole quantità di fango, registrandosi, quindi, elementi di torbidità estremamente elevati e superiori al consentito”, nonché la “documentata presenza, nell’area da bonificare, di sedimenti fino a 100 cm. che denotano una significativa contaminazione di metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici”. Da qui, l’accusa per inquinamento ambientale e la conseguente cassazione che ha annullato la sentenza e cassato con rinvio.  

La decisione della Cassazione e le novità

Innanzitutto, la Cassazione si è soffermata sul requisito di configurazione del delitto ambientale e disastro ambientale: l’abusività della condotta. Questa non era stata contestata, ma è requisito affinché si configurino tali tipi di reati. Per questo è stata presa in considerazione dalla Corte di Cassazione che ha, così, introdotto la prima novità: “deve peraltro rilevarsi come la dottrina abbia, con argomentazioni pienamente condivisibili, richiamato i contenuti della direttiva 2008/99/CE e riconosciuto un concetto ampio di condotta «abusiva», comprensivo non soltanto di quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative“. 

Sostanzialmente, in questo modo la Cassazione vuole sottolineare che la responsabilità imprenditoriale nei delitti ambientali, deve, comunque, essere più limitata rispetto a quella normale. Questo perché è perimetrata dal rispetto delle norme di legge e delle pertinenti prescrizioni amministrative. È escluso, dunque, che si configuri un reato tra quelli richiamati se la condotta non è abusiva, cioè conforme ai valori di legge e alle prescrizioni amministrative, salvi casi di collusione o di reati sottesi. Viene, inoltre, sottolineato che il bene ambientale protetto nelle “acque in genere” non richiede alcun riferimento quantitativo o dimensionale.  

Subito dopo, viene presa in considerazione e interpretata la locuzione letterale di “compromissione e deterioramento, per stabilire che: l’evento del delitto di inquinamento ambientale consiste in una alterazione (squilibrio funzionale o strutturale) ambientale rilevante anche se reversibile e non tendenzialmente irrimediabile, ma, comunque quantitativamente apprezzabile o concretamente accertabile; e che, comunque, non sfoci mai in uno degli eventi (più gravi) che caratterizzano il disastro ambientale. 

Altro punto di rilievo affrontato dalla Cassazione riguarda l’ulteriore precisazione che la compromissione o il deterioramento devono essere comunque, “significativi” e “misurabili”. In tal modo, si mira a misurare la lesività della condotta, escludendo i fatti di minore rilievo. Secondo i giudici di legittimità, l’assenza di espliciti riferimenti a limiti imposti da specifiche disposizioni o a particolari metodiche di analisi consente di escludere l’esistenza di un vincolo assoluto per l’interprete correlato a parametri imposti dalla disciplina di settore. Insomma, non vi deve essere necessariamente una situazione di danno o di pericolo per l’ambiente, potendosi peraltro presentare casi in cui, pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile. 

Da qui, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza per una diversa e globale valutazione dei dati acquisiti ai fini della qualificazione giuridica dei fatti e della sussistenza del fumus del reato. 

 

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Commento alla sentenza di reato ambientale

La sentenza ha fatto scalpore non solo per essere stata la prima, ma per aver iniziato a interpretare e applicare quanto previsto dalla legge del 2015 in materia di reati ambientali.   

L’articolo 1 della richiamata legge ha previsto 6 nuovi delitti, quali:  

  • inquinamento ambientale 
  • disastro ambientale;  
  • traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;  
  • impedimento del controllo;  
  • omessa bonifica;  
  • ispezione di fondali marini. 

Sono state inoltre previste aggravanti, nel caso in cui i reati vengano commessi in forma associativa ovvero quando un qualsiasi reato è commesso al fine di commettere uno dei delitti ambientali (c.d. “aggravante ambientale”).  

Le pene possono essere diminuite in caso di ravvedimento operoso prima della definizione del giudizio. È disposta la confisca dei beni del condannato per i reati ambientali. Il condannato è obbligato al recupero ed al ripristino dello stato dei luoghi (se possibile). La norma prevede il raddoppio dei termini di prescrizione del reato per i nuovi delitti. Viene inoltre prevista l’estinzione delle contravvenzioni in caso di adempimento da parte del responsabile della violazione di una serie di prescrizioni e di pagamento di una somma di denaro. Sono state, poi, introdotte disposizioni sulla responsabilità degli enti, con sanzioni pecuniarie e interdittive (sospensione o revoca di autorizzazioni e licenze, esclusione da agevolazioni e finanziamenti) a carico dell’ente in caso di delitti contro l’ambiente. 

Inoltre, l’articolo 2 della stessa legge ha aumentato le sanzioni per le violazioni della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione. Alla luce di quanto previsto, perciò, questa prima sentenza della Corte di Cassazione chiarisce alcuni concetti, oggetto di interpretazione, come: 

  • abusività, inteso non solo in caso di violazioni a disposizioni normative ma anche di tipo amministrativo; 
  • compromissione e/o deterioramento, dove il deterioramento è un’alterazione statica mentre la compromissione è un’alterazione dinamica; 
  • significatività, cioè misurabilità, danni valutabili e apprezzabili dal punto di vista qualitativo e quantitativo. 

Tutto questo per riuscire a stabilire la sussistenza di responsabilità in capo alla ditta incaricata dei lavori. Fermo restando che il tipo di responsabilità prevista è di due tipi: civile, da interruzione di attività (prevede l’obbligo al risarcimento del danno a terzi) e ambientale (obbligo di bonifica e ripristino di suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, specie e habitat naturali). Queste interpretazioni sono valse a tracciare un lungo cammino, ancora in itinere, per specificare sempre meglio la fattispecie di reato ambientale.