Sentenze storiche su cambiamenti climatici e aziende in Francia e Germania

Un’analisi delle sentenze storiche in Francia e Germania sui cambiamenti climatici e la responsabilità delle aziende, che pongono l’ambiente al di sopra degli interessi delle imprese.

24 Maggio 2023, 15:16

Sentenze storiche su cambiamenti climatici e aziende in Francia e Germania

Dal 2015 si assiste ogni anno, in maniera sempre più incisiva, all’aumento iperbolico dei contenziosi che hanno come oggetto la tutela dell’ambiente. Ma andiamo con ordine. Nel 2015 nascono l’agenda ONU per il 2030 e gli accordi di Parigi. Nello stesso anno viene pronunciata la sentenza della Corte distrettuale di L’Aia (confermata dalla Corte d’appello nel 2018 e dalla Corte suprema olandese nel 2020), su ricorso dell’organizzazione ambientalista Urgenda (contrazione di “Urgent agenda”) contro l’Olanda. È la prima sentenza che ordina a uno Stato membro dell’Unione europea di limitare il volume annuale delle emissioni di gas a effetto serra, riducendolo di almeno il 25% entro la fine del 2020 rispetto al livello del 1990. Tutto nasce dall’obbligo di protezione dalle clausole generali di responsabilità previste dal Codice civile olandese, interpretate alla luce della CEDU; mentre nel giudizio d’appello i giudici si spostano decisamente sulla garanzia sovranazionale della situazione soggettiva, affermando che quel dovere di protezione deriva direttamente dagli artt. 2 e 8 CEDU e lasciando quindi più sullo sfondo l’interposizione delle fonti nazionali.  

Nasce così la tutela multilivello dei diritti fondamentali. Subito dopo l’impennata di azioni legali hanno incoronato questa sentenza come “storica” e sono seguite diverse altre pronunce in tutta Europa. La Corte suprema irlandese, in un processo contro la Repubblica d’Irlanda, nel 2020, ha annullato un piano di abbattimento delle emissioni predisposto dal governo in ottemperanza a una legge nazionale del 2015 (Climate Action and Low Carbon Development Act), ritenuto dalla Corte non conforme agli obiettivi stabiliti da quest’ultima.  

Dopo il 2015, è stato il 2021 l’anno dell’ulteriore svolta

La Corte distrettuale olandese di L’Aia ha condannato (emettendo la seconda pronuncia di condanna) la Royal Duch Shell e il suo gruppo ad abbattere il volume annuale delle emissioni di almeno il 45% entro la fine del 2030 rispetto al livello del 2019. Il Tribunale costituzionale tedesco, in un giudizio contro la Repubblica Federale Tedesca, ha dichiarato incostituzionale la legge federale sul clima, su ricorso diretto di cittadini e associazioni. Il Tribunale amministrativo di Parigi, in un processo contro la Francia, nella controversia rinominata “Affaire du Siècle”, ha condannato lo Stato transalpino a pagare la cifra simbolica di 1 euro per danno “morale”, a ciascuna delle quattro associazioni ambientaliste ricorrenti, nonché a “prendere tutte le misure per raggiungere gli obiettivi che la Francia si è prefissata in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra”.  

 

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Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sempre nel 2021, ha dovuto statuire su un ricorso (il “People’s Climate Case”, ma dichiarato irricevibile dalla Corte) presentato da alcune famiglie originarie di vari Stati membri dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia, Portogallo e Romania) e di altri paesi extraeuropei (Kenya e isole Fiji), operanti nei settori dell’agricoltura o del turismo, nonché da un’associazione svedese, per costringere l’Unione ad adottare misure di contenimento più adeguate di quelle previste dal “pacchetto clima” del 2018. 

Altre controversie si sono succedute, dunque, in Italia, in Spagna, nel Regno Unito, in Repubblica Ceca, Polonia, in quasi la metà degli Stati federati tedeschi (Länder). Non sono mancati contenziosi anche oltreoceano in Brasile, in Messico, in Nuova Zelanda, in Australia. Accanto ai contenziosi sono cresciute anche le organizzazioni aventi forma di “osservatorio” sul contenzioso climatico come il “Climate Change Litigation Data Base” del “Sabin, Centre for Climate Change Law”, istituito dalla Columbia Law School e dello Studio legale Arnold & Porter e altri osservatori nel mondo.  

I cambiamenti climatici inficiano certamente i diritti umani 

Un altro caso da sottolineare riguarda la Svizzera ed è proprio da lì che è stata inevitabile un’ulteriore riflessione rispetto a quelle appena annoverate. Il 29 marzo 2023, la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani (Corte EDU) ha tenuto un’udienza pubblica su due cause relative al clima, a cominciare da quella denominata “KlimaSeniorinnen vs Svizzera“. La causa è stata intentata dall’associazione “Anziane per il clima” con sede a Zurigo, la quale riunisce principalmente “donne anziane” con un’età media di 73 anni e altre ricorrenti. Di fronte alla Corte EDU, invocano gli effetti nocivi dei cambiamenti climatici sulla vita e sulla salute umana.

Più in dettaglio, denunciano la violazione di diversi diritti sanciti dalla Convenzione europea dei diritti umani (CEDU), dato che, in quanto donne anziane, sono particolarmente vulnerabili agli effetti del caldo estremo. Quest’azione fa seguito a un procedimento avviato a livello nazionale che chiede alla Svizzera una politica climatica più ambiziosa, in particolare nella riduzione dei gas a effetto serra, in linea con gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi. Queste azioni legali sul clima riguardano 33 Stati membri del Consiglio d’Europa e mettono in discussione, in modi diversi, le prassi consolidate.  

L’ambiente conta più degli interessi delle imprese

Le sentenze risultano essere importantissime perché ribaltano completamente il modo di pensare l’imprenditorialità in relazione alla società. Se prima, infatti, imprenditorialità faceva rima con benessere ad ogni costo, adesso è la sostenibilità il deterrente, quello cioè che rende un’impresa più valida di altre.  

Per la prima volta il Consiglio costituzionale in Francia ha affermato che la necessità di salvaguardare l’ambiente può ledere la libertà di fare impresa. Il Consiglio costituzionale francese ha emesso venerdì 31 gennaio 2020 la sentenza storica. L’organismo giuridico – equivalente della nostra Corte costituzionale – ha per la prima volta affermato che le esigenze di tutela dell’ambiente possono giustificare delle limitazioni alla libertà imprenditoriale. La seconda sentenza “storica” che ha acceso un’altra riflessione sulla responsabilità intergenerazionale si è avuta poco dopo, il 24 marzo 2021. Con la decisione intrapresa, il Tribunale costituzionale tedesco ha mostrato un deciso cambio di registro, ritenendo che, se è vero che il cambiamento climatico è fenomeno globale anche dal punto di vista causale, ciò non permette alla Germania di sottrarsi ai suoi obblighi.  

Esiste infatti, nella Costituzione tedesca, un articolo che obbliga alla tutela dell’ambiente, esercitando pressione sulle istituzioni tedesche per cercare soluzioni al cambiamento climatico a livello internazionale. Il Tribunale tedesco ha capito che l’affermazione di una responsabilità intergenerazionale rafforza e (ri)legittima le funzioni dei giudici costituzionali, alla luce delle nuove e nascenti esigenze di tutela all’ambiente, letta come tutela alla salute e ai diritti fondamentali dell’uomo.