Smaltimento rifiuti: la responsabilità dello Stato e delle Regioni in Italia

Smaltimento Rifiuti: cosa stabilisce la giurisprudenza italiana? Norme e decreti che tutelano il cittadino contro l’inquinamento del suolo

22 Maggio 2024, 16:17

Smaltimento rifiuti: la responsabilità dello Stato e delle Regioni in Italia

Lo smaltimento rifiuti, un aspetto cruciale e tra i peggiori da digerire per il nostro Paese torna all’attenzione dei più, proprio per la giurisprudenza che caratterizza e inquadra la responsabilità dello Stato e delle Regioni.  

Abbiamo già rilevato come e in che termini l’Europa abbia redarguito, più e più volte, il nostro Paese sul tema, ma adesso è importante riprendere le fila del discorso proprio in vista di quel diritto al risarcimento che può essere intrapreso da ogni cittadino, per ribadire il proprio diritto a vivere in ambiente salubre 

Prima di guardare alle sentenze, però, urge fare un preambolo e focalizzare i numerosi punti di interesse che giustificano il sacrosanto diritto al risarcimento.  

Smaltimento Rifiuti: la giurisprudenza e la tutela del diritto all’ambiente salubre 

Il Decreto Legislativo n. 36/2003 rappresenta una normativa fondamentale nell’ambito della gestione e dello smaltimento dei rifiuti in Italia. La sua violazione può avere conseguenze significative non solo per l’ambiente, ma anche per la salute dei cittadini. Questo decreto recepisce le direttive europee in materia di discariche e stabilisce criteri rigorosi per la gestione dei rifiuti, mirati a proteggere l’ambiente e la salute pubblica. 

In particolare, disciplina l’uso delle discariche, stabilendo norme per la progettazione, la gestione e la chiusura delle stesse. Le principali disposizioni includono i criteri di localizzazione, la gestione operativa, il monitoraggio e il controllo, le misure di sicurezza. In tal modo, sono stati sanciti i divieti di costruire discariche in aree sensibili, sia dal punto di vista ambientale che idrogeologico; sono nate le disposizioni dettagliate per la gestione quotidiana delle discariche, inclusi controlli sui tipi di rifiuti accettati e misure per prevenire l’inquinamento del suolo e delle acque e gli obblighi di monitoraggio continuo delle discariche anche dopo la chiusura, per garantire che non vi siano rischi ambientali residui. Inoltre, sono state considerate altre disposizioni per prevenire incidenti e garantire la sicurezza dei lavoratori e delle comunità vicine. 

Il contesto in cui si inquadra la responsabilità dello Stato e delle Regioni

All’interno di questo contesto e grazie all’intervento del decreto citato, emerge la responsabilità dello Stato e delle Regioni. Sia al governo centrale che a quello regionale è dato l’obbligo di garantire che le norme vengano rispettate, e qualsiasi mancanza in questo senso può comportare conseguenze legali.  

A rafforzare questo principio, anche la giurisprudenza italiana che ha stabilito che i cittadini hanno il diritto di agire in giudizio per far valere questa responsabilità. 

 

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Il diritto di agire in giudizio

La violazione del Decreto Legislativo n. 36/2003 conferisce ai singoli il diritto di intraprendere azioni legali per far valere la responsabilità delle Istituzioni, quindi i cittadini possono citare in giudizio lo Stato e le Regioni per il mancato rispetto delle normative sullo smaltimento dei rifiuti e richiedere il risarcimento per i danni subiti, basato sul diritto a vivere in un ambiente salubre e sulla protezione dalla esposizione a rischi sanitari futuri. 

Tutto questo perché la Costituzione italiana e le diverse leggi nazionali e internazionali riconoscono il diritto a vivere in un ambiente sano, per evitare le conseguenze dell’inquinamento e i rischi per la salute.  

La giurisprudenza rilevante 

La giurisprudenza italiana ha affrontato diversi casi legati alla violazione del Decreto Legislativo n. 36/2003, rafforzando il diritto dei cittadini a un ambiente salubre. I tribunali hanno riconosciuto la legittimità delle richieste di risarcimento danni quando è stato dimostrato che la cattiva gestione dei rifiuti abbia portato a conseguenze negative per l’ambiente e la salute umana. 

Il percorso logico-giuridico giurisprudenziale 

Innanzitutto, è stata inquadrata la figura del “gestore” in campo ambientale.  In particolare, è stato oggetto della sentenza n. 48456 del 9 dicembre 2015, con cui la Sezione III Penale della Corte di Cassazione ha chiarito il ruolo del “gestore” nell’ambito della normativa sulle emissioni in atmosfera e che costituisce lo spunto per una più ampia riflessione sugli obblighi e le responsabilità propri di tale soggetto a livello ambientale.  

In particolare, è stato considerato l’art. 268, comma 1, lett. n), D. Lgs. n. 152/2006 che definisce “gestore” come “la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l’installazione o l’esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell’applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto; per gli impianti di cui all’articolo 273 e per le attività di cui all’articolo 275 si applica la definizione prevista all’articolo 5, comma 1, lettera r-bis)”. Il gestore, tra l’altro, è tenuto a presentare la domanda di autorizzazione qualora intenda installare uno stabilimento nuovo, trasferire uno stabilimento da un luogo ad un altro oppure effettuare una modifica sostanziale dello stesso. Si tratta dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), ove si legge che il “gestore” è “qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce, nella sua totalità o in parte, l’installazione o l’impianto oppure che dispone di un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dei medesimi”. 

In secondo luogo, con la sentenza n. 3870 del 17 maggio 2022, il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’esatto inquadramento del riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di gestione dei rifiuti, questione risolta alla luce delle prescrizioni tecniche impartite con una direttiva regionale veneta, la n. 568/2005, oggetto di impugnativa. In particolare, il Consiglio di Stato ha stabilito che la disciplina dei rifiuti rientra nella materia della tutela dell’ambiente, poiché essa va ad incidere sulla capacità di incidenza e di impatto che i rifiuti hanno sull’habitat naturale e civile, ed è dunque di esclusiva competenza statale, ex art. 117, comma secondo, lett. S), Costituzione. 

Per tale motivo, “necessita una normazione generale, valevole sull’intero territorio nazionale, non potendo l’ordinamento tollerare che le caratteristiche intrinseche di un rifiuto, ai fini del suo trattamento, possano essere diversificate a seconda della diversa convenienza, opportunità o percezione avvertita dai singoli enti territoriali”.  

Rimangono salvi, però, tutti quei divieti e quelle disposizioni antecedenti che regolano in maniera certosina la distribuzione delle azioni da intraprendere tra Stato e Regioni, come quelle stabilite ad esempio dalla giustizia amministrativa nel corso del tempo, tra cui la disposizione principe per cui è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, salvo eventuali accordi regionali o internazionali.  

A tutto questo, si aggiunge da ultimo il concetto giuridico di “smaltimento” e le violazioni alle prescrizioni dell’AIA, secondo quanto stabilito dalla sentenza 10236 del 12 marzo 2024 emessa dalla Cassazione Penale, III sezione. Secondo la definizione contenuta nell’art. 183, lett. n9, d.lgs. 152/2006, per “gestione dei rifiuti” s’intende, per quanto qui interessa, anche “lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento”. La violazione delle prescrizioni al proposito impartite nell’A.I.A., in conformità a quelle specifiche disposizioni di legge che ne attestano la significatività rispetto alla gestione dei rifiuti, integra dunque la fattispecie penale contestata all’imputato e non ricade tra quelle riconducibili al residuale illecito amministrativo previsto dall’art. 29 quattuordecies, comma 2, d.lgs. 152 del 2006. 

La giurisprudenza di riferimento è, dunque, immane e reperibile anche grazie all’Osservatorio Normativa Ambientale. Tuttavia, stabilita la responsabilità in capo allo Stato e alle Regioni per determinate materie, rimane imprescindibile il diritto al risarcimento dei cittadini.