Smart working: ecco quanto riduce le emissioni e migliora la qualità dell’aria (facendoci risparmiare)
Lo smart working è una soluzione efficace per ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità dell’aria. Uno studio dell’ENEA ha dimostrato che in Italia questa pratica permette di risparmiare circa 600 kg di CO2 all’anno per lavoratore, riducendo anche le emissioni di altri inquinanti come PM10, PM2,5 e NOx.
14 Marzo 2024, 12:02
Sommario
Più smart working, meno inquinamento. Negli ultimi decenni, la consapevolezza sull’impatto ambientale delle attività umane ha raggiunto livelli senza precedenti. Con l’aumento della preoccupazione per il cambiamento climatico e la necessità di adottare pratiche sostenibili, la ricerca di soluzioni innovative diventa sempre più diffusa. In questo contesto, il lavoro agile si sta rapidamente affermando come una strategia efficace non solo per migliorare la qualità della vita dei lavoratori, ma anche per ridurre l’inquinamento ambientale.
Ma questa pratica contribuisce davvero a ridurre le emissioni e a migliorare la qualità dell’aria? Diversi studi nazionali e internazionali dicono di sì. Per esempio, da una ricerca condotta dall’ENEA sulle città di Roma, Torino, Bologna e Trento nel periodo 2015-2018 è emerso che lo smart working permette di evitare l’emissione di circa 600 chilogrammi di anidride carbonica all’anno (CO2) per lavoratore (-40%), con notevoli risparmi in termini di tempo (circa 150 ore), distanza percorsa (3.500 km) e carburante (260 litri di benzina o 237 litri di gasolio).
L’analisi, pubblicata lo scorso anno sulla rivista internazionale Applied Sciences, rivela che in Italia i trasporti sono responsabili di oltre il 25% delle emissioni totali di gas serra a livello nazionale: quasi tutte (93%) provengono dal trasporto su gomma, con le automobili che sono responsabili del 70%.
In base alle risposte di un campione di oltre 1.200 lavoratori agili della pubblica amministrazione che negli spostamenti casa-lavoro usano il mezzo privato a combustione interna, i ricercatori hanno rilevato che ogni giorno di lavoro a distanza permette di evitare 6 chilogrammi di emissioni dirette di CO2 e di risparmiare 85 megajoule (MJ) di carburante pro capite. Ma i benefici ambientali non si fermano qui: il lavoro a distanza consente di ridurre anche la produzione di ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO), PM10 e PM2.5.
Infine, i dati mostrano che lo smartworking favorisce comportamenti virtuosi di mobilità anche nei giorni di lavoro da remoto, con il 24,8% degli intervistati che opta per modalità di trasporto più sostenibili.
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Il risparmio è anche economico
A conclusioni simili è arrivato il Forum PA, secondo cui se la metà dei dipendenti pubblici e privati italiani evitasse di andare tutti i giorni in ufficio e si alternasse con i colleghi su turnazione, si risparmierebbero 2 miliardi e 400 milioni di chilometri percorsi in un anno. Per avere un’idea: è come compiere il tragitto Terra-Luna seimila volte.
L’impatto sarebbe positivo anche in termini di spesa pro capite. Tra pedaggi, manutenzione del veicolo, il risparmio sarebbe di 330 euro per un totale complessivo di un miliardo e 100 milioni di euro. Senza dimenticare le 330mila tonnellate di CO2 emesse in meno.
Il lavoro agile riduce le emissioni, ma contano anche gli stili di vita
A confermare che il lavoro agile fa bene all’ambiente giungono i dati di una ricerca americana, condotta dalla Cornell University e da alcuni ricercatori di Microsoft. L’analisi, pubblicata dalla rivista accademica Proceedings of the National Academy of Sciences, ha analizzato i consumi e le emissioni di stampanti, tv, computer, treni, bus e autovetture, televisori, caffetterie aziendali, macchine per l’espresso e scanner per valutare a quanto ammonta il risparmio energetico e l’abbattimento di gas serra quando si lavora da casa.
Cosa dicono i risultati? I lavoratori agili possono arrivare ad avere un’impronta carbonica (carbon footprint) inferiore del 54% rispetto a chi si reca in sede. Nello specifico, secondo gli studiosi, chi lavora da casa da due a quattro giorni alla settimana può ridurre la propria carbon footprint di una percentuale compresa tra l’11% e il 29%. Un singolo giorno di smart working a settimana, invece, porta a una riduzione delle emissioni che arriva soltanto al 2% poiché il risparmio energetico derivante dal non essere in ufficio viene compensato da viaggi non lavorativi più frequenti.
“Dover prendere la macchina per andare al lavoro ha il suo peso, ma non è certo l’unico aspetto da considerare”, sottolinea Fengqi You, co-autore dello studio e professore di ingegneria chimica e biomolecolare della Cornell University, spiegando che “gli spazi di lavoro vecchia maniera, con postazioni singole, sono certamente tra i meno efficienti, mentre in ogni caso l’uso di computer e altri dispositivi elettronici hanno un impatto davvero marginale”. Inoltre, gli esperti specificano che lo smartworking non comporta automaticamente un azzeramento delle emissioni: bisogna considerare molti altri fattori, come gli stili di vita. Anche determinate attività sociali, infatti, possono concorrere a produrre emissioni.