Superamento dei limiti del biossido di azoto, la condanna del Portogallo

Con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 29 giugno 2023 n. 220, il Portogallo è stato condannato per aver superato i limiti consentiti di biossido di azoto nell’aria. Il Paese è stato ritenuto responsabile di non aver adottato misure adeguate a migliorare la qualità dell’aria e ridurre l’inquinamento atmosferico. 

14 Novembre 2023, 08:51

Superamento dei limiti del biossido di azoto, la condanna del Portogallo

La recente sentenza CGUE, Sez.6^, 29/06/2023, Sentenza C220/22 condanna e obbliga il Portogallo a prendere provvedimenti concreti per ridurre l’inquinamento atmosferico e rispettare i limiti di biossido di azoto stabiliti dalla normativa europea. 

Quali danni provoca il biossido di azoto? 

Il biossido di azoto (NO2) è un inquinante atmosferico comunemente prodotto a causa del traffico veicolare e dell’industria. Ha un impatto significativo sulla salute umana e sull’ambiente, poiché l’esposizione a questo gas può causare problemi respiratori: aumento della frequenza di asma, bronchiti e altre malattie polmonari croniche. L’esposizione prolungata può anche aumentare il rischio di sviluppare infezioni cardiovascolari. 

Il biossido di azoto contribuisce inoltre, all’acidificazione del suolo e dell’acqua, danneggiando gli ecosistemi naturali e reagendo con altri composti chimici in atmosfera, è coinvolto nella formazione di ozono troposferico, un inquinante dannoso per la salute umana e per le colture agricole. 

È possibile ridurre l’emissione di biossido di azoto attraverso varie misure, come il miglioramento delle tecnologie veicolari, l’uso di energie rinnovabili per l’industria e la promozione di soluzioni di mobilità sostenibile. L’UE in questi ultimi anni ha previsto l’adozione di politiche di monitoraggio e regolamentazione più rigorose per garantire che i livelli di biossido di azoto siano mantenuti entro i limiti di sicurezza per la salute umana e l’ambiente, e proprio dalla violazione di queste normative è scaturita la condanna del Portogallo. 

L’avvio della procedura di infrazione da parte della Commissione 

Il 28 maggio del 2015 la Commissione europea aveva inviato al governo portoghese una lettera di messa in mora relativa al superamento, in diverse zone del Paese, del valore limite annuale fissato per l’NO₂. La mancata conformità al valore limite annuale fissato dalla direttiva 2008/50, continuata e sistematica, costituiva una violazione dell’obbligo previsto dall’articolo 13, paragrafo 1, di tale direttiva, in combinato disposto con l’allegato XI, punto B, di quest’ultima, il quale prevede appunto l’obbligo di non superare tale valore limite.  

Il Portogallo rispondeva alla Commissione indicando le misure adottate e in corso di adozione per abbassare i livelli di NO₂ e, pertanto, l’organo comunitario provvedeva a monitorare la situazione anche attraverso le relazioni annuali sulla qualità dell’aria che il governo portoghese inviava regolarmente come previsto dall’art. 27 della direttiva 2008/50. 

Il 13 febbraio 2020 però con un parere motivato la Commissione confermava la continuità e la sistematicità della violazione e non ritenendo esaustive le ulteriori giustificazioni dello Stato membro proponeva un ricorso per inadempimento della direttiva comunitaria ai sensi dell’art. 258 TFUE: “La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni”. 

 

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La condanna della Corte di Giustizia UE al Portogallo

La Corte di Giustizia UE si è pronunciata in relazione due specifiche censure: 

  • Violazione sistematica e continuata dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50 
  • Violazione dell’articolo 23, paragrafo 1, e dell’allegato XV della Direttiva 2008/50 

In relazione alla prima censura in base agli elementi raccolti in sede di giudizio, dunque, la Corte ha rilevato la sussistenza del superamento delle soglie previste dalle normative UE in tutte le zone segnalate dalla Commissione precisando che: “anche se limite annuale fissato per il ΝΟ2 nell’aria ambiente dalla direttiva 2008/50 abbia potuto essere rispettato in dette zone in modo isolato, nel 2020, non significa che detti superamenti continuati e sistematici siano terminati nel corso di tale anno”  e che, inoltre, non rilevavano le considerazioni dello Stato in merito all’inefficacia della normativa dell’Unione in materia di riduzione delle emissioni di gas di scarico, che sarebbe emersa nell’ambito del caso del dieselgate nel 2015, perché questa circostanza non poteva comunque esimere gli Stati dal rispettare i limiti della direttiva 2008/50. 

In relazione alla seconda censura la Corte ha valutato che, sebbene in base all’art. 23 par.1 della direttiva 2008/50 gli Stati dispongano di un certo margine di manovra per la determinazione delle misure da adottare, funzionale all’equilibrio tra l’obiettivo della riduzione del rischio di inquinamento e i diversi interessi pubblici e privati in gioco, le misure devono comunque garantire che il periodo di superamento dei valori sia il più breve possibile. Analizzando le attività poste in essere dal governo portoghese emerge chiaramente l’insufficienza e l’inefficacia delle misure adottate. Infatti, la mera “esistenza di iniziative intraprese a livello nazionale che potrebbero, indirettamente, migliorare la qualità dell’aria nelle zone interessate non può rimediare alle carenze, e ancor meno all’assenza, di piani per la qualità dell’aria.” 

Il Portogallo è stato quindi considerato colpevole e condannato alle spese processuali. 

I limiti massimi di esposizione al NO2 stabiliti a livello europeo hanno lo scopo di proteggere la salute pubblica e garantire una buona qualità dell’aria. I Paesi membri hanno l’obbligo di rispettare questi limiti e di adottare le misure idonee a ridurre effettivamente l’inquinamento atmosferico. 

Ognuno deve fare la propria parte nella lotta al cambiamento climatico, compresi li Stati membri. È urgente attivarsi per rendere il pianeta un luogo abitabile anche per le future generazioni.