La Costituzione italiana e la Tutela dell’Ambiente: come proteggiamo “casa” nostra?
Un’analisi dei riferimenti costituzionali per la tutela dell’ambiente e dei diritti umani in materia ambientale. Quali sono e cosa è cambiato con la modifica di due articoli della Costituzione l’8 febbraio 2022.
15 Giugno 2023, 13:11
Sommario
L’8 febbraio 2022 sono state approvate le modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, che introducono la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali tra i principi fondamentali della Carta costituzionale. È la prima volta dal 1948 che viene apportata una modifica a uno degli articoli della Costituzione, contenenti i cosiddetti “Principi Fondamentali” dell’ordinamento costituzionale (articoli 1-12), stabilendo che la legge dello Stato disciplini i modi e le forme di tutela degli animali.
La tutela ambientale, della biodiversità e degli animali è ufficialmente uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione.
Va subito chiarito che tutto questo non è in contrasto con la nota sentenza n. 1146/1988 della Corte costituzionale, ai sensi della quale i “principi supremi non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”. Il legislatore ha mantenuto inalterato il disposto dell’art. 9, apportando un riconoscimento formale e una cristallizzazione della tutela ambientale. La qualificazione giuridica dell’ambiente, proprio, a ragione della sua descritta collocazione topografica, si traduce in termini non di situazione soggettiva, ma di “valore costituzionale”, interesse pubblico, principio ispiratore dell’ordinamento, soprattutto alla luce del fatto che altre volte era stato richiamato in combinato disposto con l’art. 32 Cost. che tutela la salute degli individui. Stessa riflessione dicasi per l’art. 41 Cost.
L’art. 9 e 41 della Costituzione prima e dopo la riforma
Il testo dell’art. 9 Cost., a seguito della riforma costituzionale che ha introdotto un nuovo comma, è il seguente:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
Il testo dell’articolo 41, a seguito delle modifiche apportate dalla riforma costituzionale approvata, così recita:
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
È così che all’art. 9 Cost. si fa chiaro richiamo allo sviluppo sostenibile. Un concetto, questo, definito dalla Commissione mondiale sull’ambiente nel rapporto Brundtland del lontano 1987, secondo il quale lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri. La portata innovativa dello stesso articolo è poi sancita dal riferimento agli animali. I modi e le forme di tutela degli animali, però, è prevista da una riserva di legge.
Riguardo all’introduzione del concetto di “biodiversità” al III comma dell’articolo 9, si ricorda che in mancanza di un esplicito riferimento nel testo della Costituzione, la giurisprudenza la riconduceva nell’alveo della tutela dell’ambiente. La recente riforma costituzionale ha introdotto il concetto di “biodiversità”, affiancandolo alle nozioni di “ambiente” ed “ecosistemi”, già posti in relazione tra di loro all’articolo 117 Cost.
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La revisione costituzionale ha interessato anche il Titolo III della Costituzione, dedicato ai rapporti economici, con la modifica del secondo e del terzo comma dell’art. 41 Cost., che rappresenta fin dall’origine la disposizione cardine che lega il diritto all’economia. Il legislatore ha voluto incidere sui limiti che la Costituzione impone nei confronti dell’attività economica, quale frutto di un principio di libertà. L’ambiente nella sua veste di principio ispiratore, come già sottolineato all’art. 9 Cost., si configura come fine al quale indirizzare e coordinare l’attività economica.
Dunque, se l’art. 9 è incentrato sul ruolo dei pubblici poteri nella tutela dell’ambiente, l’art. 41 allarga la prospettiva al ruolo dei privati. Tutto questo si traduce, cioè, in una nuova relazione tra potere pubblico e mercato, con possibile, conseguente ri-espansione del ruolo dello stato nell’economia, in linea con le recenti politiche europee.
Il Green Deal fa da padrone in quanto piano ideato dalla Commissione europea nel 2019 per promuovere massicci investimenti pubblici, tra l’altro, nei settori dell’energia, della politica industriale e della mobilità, in un’ottica di transizione energetica; seguito dal Next Generation Eu, ossia al piano da oltre 700 milioni di euro per ricostruire l’Europa post Covid-19 promuovendo una economia più verde, più digitale e più resiliente, nel cui ambito si inseriscono i vari Recovery Plan approvati a livello nazionale, tra i quali il nostro PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).
Tra l’altro, la modifica all’art. 41 va ben al di là della individuazione della tutela dell’ambiente come un interesse pubblico prevalente: consente di mutare in via legislativa lo scopo dell’impresa, trasformando l’interesse ambientale in un autentico interesse del soggetto regolato, con conseguente modifica della stessa idea di attività economica privata.
Le conseguenze della riforma costituzionale in materia ambientale
Con la riforma, il “diritto all’ambiente” assuma propria oggettività giuridica e rileva come “bene autonomo costituzionalmente tutelato.” E lo stesso succede per la tutela degli animali, della biodiversità e degli interessi delle prossime generazioni. Una rivoluzione, questa, che investe anche l’iniziativa economica privata, d’ora in avanti sottoposta al vincolo di non creare danno alla salute e all’ecosistema. Una vera e propria rivoluzione che consente di avere dei riferimenti precisi e di non appigliarsi al combinato disposto con l’art. 32 Cost.. L’ambiente è da proteggere in sé e per sé e non solo perché strumento dell’uomo.
Un cambiamento che è cominciato nel 1992, quando la Corte comincia a cambiare orientamento con la decisione numero 67 del 1992, poi con la riforma del Titolo V e quindi con due sentenze del 2016 e del 2018, dove l’ambiente non è più considerato come “materia” ma quale “valore costituzionalmente protetto”.
I principi delle sentenze di Corte Costituzionale non bastavano più. L’Italia è un ordinamento di civil law e non di common law, quindi le sentenze non sono vincolanti per altre sentenze. Era necessaria, per questo, la riforma costituzionale in questione per conferire maggiore dignità alla tutela ambientale. La riforma degli articoli 9 e 41 Cost. si pone come principio cardine della nostra Carta Costituzionale e potranno essere messe in discussione tutte le disposizioni contrarie e, se non esiste una legge a favore di questi principi, è possibile reclamare in modo formale affinché sia presentata in Parlamento.
Si tratta di una decisione storica che si impone come priorità l’interesse delle future generazioni, anche per l’azione legale climatica contro lo Stato, promuovendo le adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti e contrastando l’insufficiente impegno per la riduzione delle emissioni clima-alteranti.