A Venezia acqua alta ad agosto, cosa c’entra l’inquinamento?

A Venezia è avvenuto un evento rarissimo: l’acqua alta ad agosto, con una punta massima di un metro sul livello medio mare. Dal 1872, l’anno in cui si sono iniziate a fare misurazioni ufficiali, questa è solo la terza volta che si osserva un fenomeno del genere

3 Agosto 2023, 13:38

A Venezia acqua alta ad agosto, cosa c’entra l’inquinamento?

Mai come quest’estate in Italia gli effetti dei cambiamenti climatici, causati prevalentemente dalle emissioni inquinanti umane, sono stati così evidenti. Dopo una straordinariamente intensa e lunga ondata di calore, seguita da nubifragi e grandinate record, due giorni fa si è palesato a Venezia un evento rarissimo: l’acqua alta ad agosto, con una punta massima di un metro sul livello medio mare. Dal 1872, l’anno in cui si sono iniziate a fare misurazioni ufficiali, questa è solo la terza volta che si osserva un fenomeno del genere. I precedenti risalgono al 1995 e al 2020.

Per quanto sorprendente vedere l’acqua alta in agosto a Venezia, il Centro maree lo aveva previsto. L’aumento del livello dell’acqua della laguna è avvenuto a causa del maltempo, piogge e un forte vento di scirocco. L’effetto ha sorpreso residenti e turisti: il 5% del centro storico, in sostanza Piazza San Marco che è il punto più basso, è stato sommerso da 10-15 centimetri d’acqua. Nessun pericolo, dunque. Per quanto alto il livello della laguna, lo è stato troppo poco per fare danni, che però non possono essere esclusi in futuro.

Venezia fra le 29 città con frequenti valori di PM10 sopra soglia

L’evento raro di Venezia ha stupito i passanti, ma non chi da anni denuncia il forte livello di inquinamento atmosferico a Venezia. Secondo il report di Legambiente “Mal’aria di città 2023”, su 95 citta monitorate, Venezia è tra le 29 in cui molto spesso, troppo, si sono superati i limiti massimi di PM10 nell’aria. Peggio di Venezia solo Torino, Milano, Asti, Modena e Padova. E dall’inizio del 2023 che tutto il Veneto è in allerta arancione per il livello di PM10 o particolato, un insieme di sostanze inquinanti costituito da polveri, fumo, microgocce e altre sostanze liquide, presente nell’atmosfera. Il valore limite giornaliero previsto dalla normativa è di 50 microgrammi al metro cubo, mentre già nei primi giorni dell’anno nella zona compresa tra Venezia, Padova e Treviso le emissioni erano tra i 90 e i 100. Per legge, i giorni in cui si supera il limite consentito non dovrebbero essere più di trentacinque all’anno, ma nel Veneziano sono stati ampiamente superati arrivando a 70.

Il PM2.5 aumenta il rischio di morte prematura e malattia

A confermare gli allarmanti livelli di inquinamento di Venezia è stato anche un report diffuso  dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), che prende in considerazione i dati rilevati nel 2021 e nel 2022. Il report fa notare che “il particolato fine (PM2.5) è l’inquinante atmosferico con il più alto impatto sulla salute in termini di morte prematura e malattia”. Il limite medio annuale fissato dall’Unione europea per questo tipo di inquinante è di 25 μg (microgrammi) al metro cubo, ma l’Organizzazione mondiale della sanità, nelle proprie linee guida, raccomanda un livello massimo “ideale” di 5 μg al metro cubo. Guardando nel dettaglio i dati rilevati nella città di Venezia, si osserva che il livello medio di PM2.5 registrato nel 2021 è stato di 21 microgrammi al metro cubo presso la stazione di rilevamento del parco Bissuola e di 18 microgrammi in Rio Novo. Complessivamente a Venezia, tra il 2021 e il 2022, la concentrazione media di PM 2.5 è stata di 20,7 microgrammi al metro cubo. Le altre città del Veneto hanno valori simili: a Padova 21,5, a Vicenza 21, a Verona 19,9 e a Treviso 19,8. Mentre, per fare un confronto con città meno inquinate, a Livorno il valore è di 7,7 e a Genova di 10.

 

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PM2.5 e PM10 aumentano il rischio di morte prematura e malattia

Il PM 2.5 è il particolato con un diametro di 2,5 micrometri o inferiore, che può spingersi nella parte più profonda dell’apparato respiratorio fino a raggiungere i bronchi. Si tratta di particelle emesse principalmente dalla combustione di combustibili solidi per il riscaldamento domestico, dalle attività industriali e dall’autotrasporto. Le concentrazioni più elevate di PM2.5, ribadisce lo studio, sono state osservate nel Nord Italia e in alcuni paesi dell’Europa orientale. La situazione è simile per il PM10, ovvero particelle con diametro maggiore (fino a 10 micrometri) che possono essere inalate e penetrare nel tratto superiore dell’apparato respiratorio, dal naso alla laringe.

L’indagine evidenzia che nell’Europa centrale e orientale il PM10 è prodotto principalmente dal vasto impiego di combustibili solidi (legna e carbone) nel riscaldamento domestico e in alcuni impianti industriali; mentre la Pianura Padana, oltre a presentare un’alta concentrazione di città densamente popolate e industrializzate, è penalizzata dalle particolari condizioni meteorologiche e geografiche, che favoriscono l’accumulo di inquinanti in atmosfera. Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha sottolineato come l’inquinamento dell’aria non sia solo un problema ambientale ma anche sanitario, poiché “in Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52.000 decessi annui da PM2.5, pari a 1/5 di quelli rilevate in tutto il continente”.