Farmacisti: vecchi problemi e nuove prospettive per la categoria

Sommario

  1. Quanto è importante il ruolo dei farmacisti per la cittadinanza?
  2. Le problematiche della categoria farmacisti rilevate dal Censis
  3. Le difficoltà durante la pandemia
  4. Le problematiche previdenziali dei farmacisti dipendenti
  5. Le farmacie nel PNRR
Nell’immaginario collettivo quella del farmacista è una professione privilegiata, remunerativa e senza gli svantaggi e i rischi di quella medica, questo a causa probabilmente di quella sovrapposizione tipica del ruolo fra attività sanitaria e commerciale, ma la realtà dei fatti e le difficoltà che le associazioni di categoria stanno raccontando negli ultimi anni riportano tutt’altro quadro della situazione. Per questo i nostri legali stanno valutando come supportare questi professionisti: clicca qui per ricevere una consulenza gratuita sulle prospettive di tutela.

Quanto è importante il ruolo dei farmacisti per la cittadinanza?

La farmacia è un presidio sanitario di prima linea e il farmacista che svolge la sua attività è a tutti gli effetti un professionista che opera in funziona della salute pubblica. Federfarma nel report 2020-2021 ha riportato che mediamente ogni giorno circa 4 milioni di persone entrano in farmacia e di queste circa 800 mila chiedono una consulenza sulla salute. A partire dal 2009 poi le farmacie sono state “integrate” nei Piani sociosanitari regionali ed hanno iniziato ad erogare servizi a supporto del SSN che si sono ulteriormente ampliati durante l’emergenza Covid. Dunque, non è più possibile negare che la farmacia e il farmacista fanno parte del SSN a tutti gli effetti e che operano a tutela e supporto della salute pubblica. Tale circostanza è stata peraltro rimarcata anche dal Consiglio di Stato nella sentenza del 4 gennaio 2021 n. 111 ha precisato che “si è ormai consumata una profonda transizione del ruolo della farmacia da una più tradizionale attività di mera distribuzione di prodotti farmaceutici, verso un ruolo di erogazione di prestazioni e servizi, comunque teleologicamente preordinati ad assicurare la somministrazione di interventi connessi con la tutela della salute... tanto da potersi sostenere che la farmacia stessa è ormai un centro sociosanitario polifunzionale a servizio della comunità e punto di raccordo tra ospedale e territorio e front-office del Servizio sanitario nazionale”.

Le problematiche della categoria farmacisti rilevate dal Censis

Ciò nonostante, qualche anno fa un’indagine del Censis aveva messo in risalto le difficoltà della categoria. Quasi il 12% degli intervistati aveva dichiarato di voler cambiare lavoro perché lo aveva scelto con aspettative che erano poi state deluse, in relazione alla retribuzione addirittura il 33% si era dichiarato insoddisfatto e oltre il 25% si sentiva sfruttato sul luogo di lavoro. Nelle conclusioni si rimarcava infine come il 70% del campione intervistato ritenesse che ci fosse stato uno svilimento della professione in generale. I risultati del report del Censis erano frutto di un’analisi sugli “scenari professionali dei laureati in farmacia” effettuata su un campione di farmacisti iscritti all’ordine, non titolari e al di sotto dei 45 anni di età. Dunque, i problemi e le insoddisfazioni della categoria erano radicati già da alcuni anni alla “base”, in quella forza lavoro giovane che avrebbe invece dovuto traghettare la professione verso un nuovo ruolo proiettato a un ampliamento dei servizi nell’ambito di un sistema tecnologico e digitale cui sono destinate ad approdare tutte le professioni in ambito sanitario.

Le difficoltà durante la pandemia

A questo si devono aggiungere tutte le difficoltà causate dalla pandemia da Covid-19 nel corso della quale i farmacisti, come i medici di medicina generale, sono stati in prima linea a supporto della cittadinanza con tutti i rischi e le difficoltà che soprattutto nella prima fase questo ha comportato. In molti ricordano come le prime settimane abbiano dovuto agire alla “cieca” in mancanza di informazioni, affidandosi a quella professionalità e a quella competenza che proprio da anni lamentavano non venissero più riconosciute alla categoria. Il rapido succedersi di normative che modificavano in tempo reale le regole di vendita e/o le normative di sicurezza ha spesso destabilizzato la categoria che nel frattempo doveva quotidianamente confrontarsi con gli utenti spaventati non solo dal Covid, ma anche dall’assenza talvolta di supporto sanitario da parte delle istituzioni. Per capire l’entità dell’aumento delle attività a carico dei farmacisti nella fase più acuta della pandemia, e dunque, le inevitabili difficoltà di gestione, basti sapere che mediamente il numero verde nazionale per le consegne a domicilio di farmaci riceve 150 richieste al mese, tra marzo e maggio 2020 le richieste sono arrivate a 60 mila!

Le problematiche previdenziali dei farmacisti dipendenti

I farmacisti non titolari costituiscono quasi l’80% dell’intera categoria e da alcuni anni hanno iniziato a portare avanti le loro proposte di istanza e modifica delle normative che disciplinano la loro attività soprattutto in ambito previdenziale. Si tratta essenzialmente di dipendenti che però per lavorare all’interno di una farmacia devono necessariamente essere iscritti all’Ordine dei farmacisti e questo comporta una doppia contribuzione (INPS ed ENPAF) che però non corrisponde ad un doppio stipendio. L’Enpaf inoltre non ha ancora provveduto a adeguarsi al modello contributivo e a tutt’oggi esiste una grossa fetta di farmacisti dipendenti o addirittura disoccupati che non raggiungeranno i trent’anni di versamenti necessari ad ottenere il trattamento pensionistico e che dunque stanno effettuando i versamenti a fondo perduto. Queste criticità, si sommano ai punti rimasti aperti anche dopo il rinnovo del CCNL delle farmacie private.

Le farmacie nel PNRR

Iniziano però a vedersi i primi segnali di ripresa. Lo scorso dicembre è stato aperto il bando dell’Agenzia per la coesione territoriale previsto dal Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza volto ad attribuire un contributo alle farmacie rurali sussidiate che intendono ampliare la gamma servizi sanitari offerti. Si tratta di un passo importante, perché le farmacie rurali sono indubbiamente l’anello debole della categoria sia in termini economici che organizzativi e coloro che vi lavorano hanno certamente difficoltà notevoli legate ai turni e ai compensi. Ora si attende una riforma più ampia che qualifichi la professione restituendogli la professionalità che le spetta e che renda più coerente e al passo con i tempi la gestione del sistema previdenziale.   Leggi anche: Rinnovo contratti farmacisti e crisi occupazionale
Di: Redazione Consulcesi Club

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