In base alla direttiva 2003/88/CE che promuoveva il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori, si stabiliva un orario settimanale massimo di 48 ore – compreso lo straordinario – e un periodo di riposo giornaliero di 11 ore. Pur recependo tale direttiva, l’Italia tramite la legge finanziaria n. 244/2007 per il 2008 e la legge n. 133/2008 ne vanificava gli effetti, stabilendo che tali tutele “non si applicano al personale del ruolo sanitario del servizio sanitario nazionale”.
Ecco perché il personale sanitario dal 2008 si è visto privato di una garanzia riconosciuta a tutti i lavoratori, non solo in spregio alla normativa comunitaria, ma anche in totale contrasto con la letteratura scientifica internazionale. Proprio quest’ultima sottolinea infatti l’importanza del rispetto di adeguate norme sull’orario lavorativo onde evitare l’incremento di rischi per i pazienti a causa della normale stanchezza psico-fisica degli operatori sanitari.
Da qui l’invito, caduto nel vuoto, della Commissione europea all’Italia per il recepimento della direttiva con conseguente avvio della procedura di infrazione n. 2911/4185 nel febbraio 2014 all’Unione europea. È solo dal 25 novembre 2015 che lo Stato si è infatti adeguato.
Per il periodo precedente questa data è possibile mettere in mora lo Stato e i Ministeri competenti per richiedere il rimborso e interrompere la prescrizione, mettendo così al sicuro il proprio diritto.
*Stima su una media di 10 ore ulteriori a settimana (rispetto alle 48 ore previste comprensive di straordinari)