A ogni medico farebbe piacere essere ricordato dai pazienti e dalla comunità per il proprio operato. Eppure solo il 10% ha una reputazione online “pulita”. Capita infatti che al posto di un grazie arrivino critiche, accuse, recriminazioni. O, peggio ancora, può capitare di incappare in qualche brutto incidente. Un errore, magari poi corretto dal corso della storia – nei casi più gravi in sede giudiziale –, che però rischia di compromettere un’intera carriera. E tutto questo non è giusto. A maggior ragione viviamo in un mondo dove le informazioni, prima di essere diffuse, non vengono spesso verificate.
Contro questa prassi esiste oggi un rimedio. La nuova normativa prevista dall’articolo 17 del GDPR (Regolamento UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali) è intervenuta a porre un freno all’uso arbitrario e scorretto delle informazioni che ci riguardano, specie quando rappresentino un danno per l’interessato come:
Un tema questo particolarmente caro ai camici bianchi: tra le categorie più esposte ad attacchi e calunnie. Ecco perché è importante sapere come tutelarsi e a chi rivolgersi per chiedere la rimozione dei contenuti critici, falsi o scorretti. Il diritto all’oblio è stato già riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.