Professioni Sanitarie: i turnisti hanno diritto al buono pasto

È servita una pronuncia da parte della Corte di Cassazione per sancire questa importante “novità”: ai turnisti non può essere negato il buono pasto.

Sommario

  1. La vicenda
  2. La precedente pronuncia

Il provvedimento della Corte di Cassazione è l’ordinanza n. 32113 del 31 ottobre 2022 e si riferisce a infermieri, OSS e professioni sanitarie turnisti. 

La questione sorge al Tribunale di Gela, arriva in Corte d’Appello a Caltanissetta e risolta dalla Corte di Cassazione che sancisce un diritto inviolabile. 

La massima dell’ordinanza di cui trattasi enuncia: 

“in tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa quando l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato”.

Tra l’altro, questo diritto va letto anche in cardine all’articolo 29 del Contratto Collettivo Integrato del Comparto Sanità, che si traduce nel diritto – già abbondantemente cristallizzato – a usufruire della pausa di lavoro, al di là del fatto che la stessa avvenisse in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce orarie per le quali il pasto potesse essere consumato prima dell’inizio del turno.

La vicenda

I fatti risalgono a quando gli infermieri turnisti si rivolsero al Tribunale di Gela per ottenere il riconoscimento del diritto a beneficiare dei buoni pasto sostitutivi del servizio di mensa, per ogni turno eccedente le sei ore, sulla base del presupposto che la pausa pranzo non rientrava nel tempo calcolato del turno lavorativo e che tutte le volte che ci si fermava a pranzare, quell’intervallo di tempo veniva addizionato al turno di lavoro-base. 

Il periodo di riferimento era 2001-2010. 

La questione arrivò davanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta, la quale confermò quanto già decido dal Tribunale di Gela: il ricorso dei ricorrenti è respinto!

La Corte di Cassazione cambia le sorti della lite

La Corte di Cassazione ha completamente stravolto l’esito giudiziario della vicenda, stabilendo anche un principio inviolabile: quello di riuscire a conciliare le esigenze lavorative con le esigenze del lavoratore. Un’importante attenzione, questa, che garantendo il benessere psico-fisico del lavoratore riesce a garantire standard altamente qualitativi del servizio reso. L’accoglimento del ricorso da parte della Cassazione si è basato su una pronuncia antecedente riguardante una fattispecie sovrapponibile che prendeva in considerazione le “particolari condizioni di lavoro” in cui rientravano i lavoratori ricorrenti. 

La precedente pronuncia

Come anticipato poc’anzi, l’ordinanza della Corte di Cassazione si è basata su un’altra pronuncia: la sentenza n. 5547 del 1° marzo 2021 che sanciva l’obbligatorietà della mensa per tutti i lavoratori che superano le 6 ore continuative di lavoro. 

La Cassazione ha confermato quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Messina nel 2018. È stato cioè accertato il suo diritto all’erogazione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore e sono state respinte le ragioni della azienda ospedaliera, secondo cui: 

“a) il criterio per riconoscere il diritto alla mensa è l’impossibilità, in relazione alla articolazione dell’orario di lavoro, di pranzare fuori dall’ambiente di lavoro; 

b) il lavoratore poteva provvedere alla consumazione del pasto prima di iniziare il turno pomeridiano e il turno notturno; 

c) il D.lgs. n. 66 del 2003, art. 8, non attribuisce diritto alla mensa, ma disciplina esclusivamente il diritto alla pausa, “essendo soltanto una possibilità quella di consumare il pasto durante la pausa”; 

d) l’interpretazione è confermata dall’art. 45 Ccnl 14 settembre 2000, per il quale possono usufruire della mensa i dipendenti che prestano attività lavorativa di mattino con prosecuzione nelle ore pomeridiane”.

Di tutt’altro avviso la Cassazione che rifacendosi all’art. 29 del Ccnl 20 settembre 2001, integrativo del ccnl 7 aprile 1999, ha accolto i ricorsi dei lavoratori turnisti. 

Ai sensi di questo famigerato art. 29, infatti:

 “Hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che prestano la propria attività in posizione di comando, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare articolazione dell’orario (…) il pasto va consumato al di fuori dell’orario di lavoro (…).”

Una pronuncia che segue anche i principi del diritto comunitario 

Urge sottolineare come anche l’art. 8, co. 1, D.lgs. n. 66/2003 – che è di attuazione delle Direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro – contiene una disposizione che collega la consumazione del pasto alla pausa di lavoro. 

“Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”.

Riflessioni Conclusive

Sembra banale, ma è davvero essenziale verificare i diritti alla base di ogni tipo di lavoro, soprattutto se si tratta di importanti professioni come quelle sanitarie. Al di là di quello che è stato sancito a gran voce, nella quotidianità possono instaurarsi prassi che violano i diritti del lavoratore ed è per questo che dobbiamo prestare attenzione e non prestare il fianco ad eventuali mancanze. 

Con questi principi ribaditi dalla Corte di Cassazione per tutti i professionisti sanitari turnisti, si assiste oggi all’ennesimo scempio del nostro Ssn che ha dubbi sulla legittimità del buono pasto. E se nessuno avesse sollevato la questione?

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Di: Redazione Consulcesi Club

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