Il Condominio, una guida pratica

Le regole del condominio sono spesso un ginepraio difficile in cui districarsi, nel quale il condomino fatica ad individuare i propri diritti e doveri. Consulcesi offre, quindi, una guida che possa fornire una panoramica sui casi più comuni che accomunano condomini e amministratori, recante anche le nozioni base che descrivono natura giuridica, parti comuni, ripartizione spese, organi e regolamenti condominiali.

Sommario

  1. Il condominio: cos’è
  2. Il condominio e le parti comuni
  3. Principi generali sulla ripartizione delle spese
  4. Gli organi del condominio
  5. Il Regolamento Condominiale

Il condominio, che è regolato da pochi articoli del codice civile, ma è stato disciplinato anche da una moltitudine di sentenze che ne stabiliscono l’orientamento. Per questo, risulta complicato districarsi sempre nel modo giusto, soprattutto se si perdono di vista le ultime riforme o non si riesce più a raccapezzarsi nella moltitudine giurisprudenziale.

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Il condominio: cos’è

In verità, non esiste una definizione giuridica precisa di “condominio”, ma i profili definitori attengono alla sfera giuridica della Comunione, istituto giuridico contenuto nel Libro III, Capo II, Titolo VII. Se la Comunione è l’istituto generale a cui fare riferimento, il condominio è il particolare. La differenza è semplice: mentre tutti i beni immobili possono essere oggetto di comunione, non tutti i beni immobili possono essere in condominio. Motivo per cui, nel condominio coesistono parti di proprietà esclusiva accanto a parti di proprietà comune.

Esistono varie tipologie di condominio:

  • Il condominio minimo;
  • Il condominio verticale e orizzontale;
  • Il supercondominio.

Per condominio minimo si costituisce alla presenza di due differenti proprietari esclusivi di diverse porzioni di uno stesso immobile. Il numero dei condomini, cioè, non incide sulla costituzione o meno del condominio, piuttosto sulla necessità di nominare o meno un amministratore di condominio: obbligatorio per più di dieci partecipanti, necessario – per regolamento - quando sono più di quattro, previsto per più di otto.

Il condominio si distingue poi in verticale e orizzontale a seconda della logistica dei vari immobili che lo compongono. Il condominio è verticale se si estende in maniera verticale (il classico edificio a più piani con gli appartamenti di proprietà esclusiva); è orizzontale se, invece, gli immobili sono dislocati in maniera orizzontale e ‘legati’ tra loro da parti comuni di uno stesso appezzamento di terreno su cui insistono tutte le proprietà private.

Il supercondominio è invece composto da più edifici condominiali legati tra loro da beni e servizi comuni. Per fare un esempio, può essere formato da tanti condominii verticali che hanno in comune un parco o i servizi di fognatura o i parcheggi.  

Il condominio e le parti comuni

Ai sensi dell’art. 1117 c.c., le parti comuni sono le parti da intendersi in comunione tra tutti i condomini e, di solito, corrispondono a risvolti pratici e non accademici, in ordine al regime delle spese e della proprietà. Per questo, si possono definire come tutte quelle frazioni dell’edificio condominiale di proprietà di tutti, utili e indispensabili all’esistenza stessa del condominio.

In primo luogo, il 1117 c.c. al numero 1) indica tutte le parti inerenti all’edificio, necessarie all’uso comune, per tali intendendosi: suolo, fondazioni, muri maestri, tetti, scale, portoni d’ingresso, ecc.. In secondo luogo, al numero 2) sono descritti i locali destinati ai servizi in comune: locali per la portineria, per la lavanderia, ecc.. Al numero 3), poi, si indicano le opere, le installazioni e i manufatti destinati all’uso e al godimento comune, quindi: ascensori, pozzi, cisterne, impianti, parcheggi. Rispettivamente, perciò, vengono classificati in beni comuni necessari, i beni comuni di pertinenza e i beni comuni accessori. La classificazione è da intendersi non rigida, né esaustiva, né inderogabile ma solo per dare respiro più ampio alla norma. Questi beni sono irrinunciabili e indivisibili e ciascun condomino ha diritto sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti.

2.1 - I diritti dei partecipanti sulle cose comuni

Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene, ma l’oggetto del diritto di ciascun condomino è il bene comune nella sua interezza mentre la quota millesimale rappresenta esclusivamente la misura del diritto/dovere di partecipazione alla gestione e alle spese. È importante chiarire, inoltre, che il condomino non può rinunziare al suo diritto di proprietà sulle parti comuni e quindi non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, a meno che ciò avvenga con il consenso di tutti gli altri condòmini e mediante trascrizione nei pubblici registri immobiliari. Può, invece, avvalersi del diritto alla rinuncia dell’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini, rimanendo comunque tenuto a concorrere al pagamento delle sospese di straordinaria manutenzione.

2.2 - La modifica delle destinazioni d'uso

Proprio sulle parti comuni è possibile intervenire per modificare la destinazione d’uso di un bene comune per soddisfare esigenze di interesse condominiale. La procedura per rendere valida la delibera è rigidissima e prevede:

  • convocazione dell’assemblea affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati;
  • convocazione di assemblea pervenuta almeno venti giorni prima della data della riunione;
  • convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, con indicazione delle parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso;
  • delibera contenente la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti relativi alla procedura di convocazione.

La delibera deve poi essere approvata con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio (800 millesimi). L’assemblea non può deliberare modifiche delle destinazioni d’uso che rechino pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico.

Sono lecite, invece, le innovazioni che, pur apportando modifiche sostanziali alla struttura degli edifici, migliorano, rendono più comode e con maggior rendimento le parti comuni. In tal caso è sufficiente la maggioranza di 667 millesimi e di 500 se, invece, hanno ad oggetto:

1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condòmini di farne uso secondo il loro diritto.

2.3 - Lo scioglimento del condominio

Il condominio può essere sciolto tutte le volte che un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi. L’altra opzione è che si vengano a creare altri condominii, sciolti da quello madre. Lo scioglimento, disciplinato dall’art. 1136 c.c., può avvenire soltanto con la maggioranza degli intervenuti (500 millesimi) che abbia dato riscontro positivo ed è possibile, anche se restano in comune con gli originari partecipanti, alcune delle parti comuni descritte dal 1117 c.c..

Se la divisione non può avvenire senza modificare lo stato delle cose, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’articolo 1136 del codice stesso, di 667 millesimi.

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Principi generali sulla ripartizione delle spese

Innanzitutto, è bene chiarire il concetto di spese rappresentandolo come le uscite di carattere finanziario che interessano i condomini per il mantenimento del condominio. Tali spese si intendono “necessarie” e riguardano la conservazione e il godimento delle parti comuni, quelle per il funzionamento degli impianti, delle installazioni e dei servizi comuni, di ordinaria e straordinaria manutenzione, per le innovazioni, quelle deliberate dall’assemblea che non ineriscano le proprietà esclusive. Legittimati a decidere della spesa condominiale per le parti comuni sono: l’amministratore, l’assemblea dei condomini, il singolo condomino in casi specifici e previsti per legge. Obbligati al pagamento, invece, sono tutti coloro che partecipano al rapporto condominiale.

La ripartizione delle spese avviene ai sensi degli artt. 1123-1126 c.c. che fissano i principi generali, l’obbligo del sostenimento delle spese per la manutenzione e la sostituzione delle scale e dell’ascensore e che prevedono il regolamento specifico in caso di ripartizione spese per manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai e dei lastrici solari di uso esclusivo.

Non va, inoltre, trascurato l’art. 1130-bis per cui "l'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà" e l’art. 1118 c.c. secondo il quale "il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene" e lo stesso "non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali".

Il principio cardine della ripartizione delle spese condominiali è la proporzionalità: tutte le spese necessarie, quindi, vengono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

Successivamente, vengono previste due ipotesi specifiche:

  1. se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne.
  2. Nel caso in cui, inoltre, l’edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, impianti e opere che servono l’intero edificio, le spese sono a carico dei condomini che ne traggono utilità.

La deroga convenzionale ai principi di ripartizione (“salvo diversa convenzione”) può aversi soltanto se contenuta all’interno di una delibera assembleare approvata all’unanimità da tutti i condomini o se contenuta all’interno del regolamento condominiale che abbia natura contrattuale.

Gli organi del condominio

Gli organi del condominio attraverso i quali il condominio pone in essere atti e interagisce con i propri partecipanti o i terzi sono:

  • l’amministratore;
  • l’assemblea;
  • il consiglio, ove previsto.

L’amministratore è l’organo esecutivo del condominio, i suoi doveri sono sanciti dall’art. 1130 c.c. e il suo ufficio di diritto privato è assimilabile al mandato con rappresentanza.

Ciò che lega l’amministratore di condominio al condominio è il mandato di rappresentanza, secondo il quale l’amministratore si impegna a compiere uno o più atti giuridici per conto dei mandanti ovvero dei condomini.

Il codice civile si occupa in maniera certosina di questo organo e ne stabilisce la normativa agli artt. 1129-1133 c.c. a cui si aggiungono gli articoli 64 delle disp. att. c.c. sulla revoca dell’amministratore e 71 bis disp. att. c.c. relativo alle condizioni richieste per svolgere l’incarico. Il D.M. n. 140/2014, inoltre, contiene il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità per la formazione degli amministratori di condominio nonché dei corsi di formazione per gli amministratori condominiali” e a partire dal 9 ottobre 2014, gli amministratori di condominio sono obbligati a seguire corsi per la formazione continua. La sua nomina è obbligatoria quando i condomini sono più di otto. L’incarico, che avviene direttamente tramite decisioni dell’assemblea o viene demandato al presidente del Tribunale del circondario su cui insiste il condominio, dura un anno, dopo il quale può essere riconfermato o si può procedere alla nomina di un nuovo amministratore di condominio.

L’assemblea è l’organo deliberante del condominio e rappresenta la volontà all’interno e dall’assemblea discendono i poteri esecutivi dell’amministratore. Mentre quest’ultimo deve essere nominato, l’assemblea del condominio è un organo naturale e “supremo”, strutturale e permanente.

All’assemblea spettano le funzioni deliberanti, in quanto rappresenta gli interessi dei condomini. Essa è regolata dalle norme previste dagli artt. 1135 al 1137 c.c. e secondo quanto stabilito, è compito dell’assemblea provvedere:

  • alla conferma dell'amministratore e dell'eventuale sua retribuzione;
  • all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
  • all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione;
  • alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori.

Con l’avvento del coronavirus, il legislatore ha previsto che le assemblee condominiali in videoconferenza entrassero definitivamente nella legislazione prevista in materia di condominio. Anche per questo tipo di assemblea, assolutamente equiparata a quella in presenza, L'avviso di convocazione di un'assemblea telematica, che va comunicato, come di consueto, almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza a mezzo posta raccomandata, p.e.c., fax o consegna a mano, deve contenere l'ordine del giorno, la piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione, l'orario di inizio programmato.

Il consiglio è un organo facoltativo con funzioni consultive e di controllo che può essere nominato negli edifici con almeno 12 unità immobiliari. 

Anche il condomino ha un valore all’interno del condominio e il suo ruolo, inteso come uti singuli è attivo e rafforzato dopo le varie riforme in tema di condominio succedutisi. In primo luogo, il condomino è tenuto a rispettare norme e regolamenti per non interferire con il godimento e l’utilizzo dei beni comuni del condominio e sarà libero di eseguire autonomamente tutte le modifiche, le opere e quant’altro ritiene necessario all’interno della sua proprietà, purchè non arrechi danno alle altrui proprietà e alle parti comuni. Il condomino può anche esercitare dei diritti, come ad esempio, il diritto all’informativa che prevede tra le attribuzioni all’amministratore di condominio di "fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso".

Tra i poteri d’impulso del condomino vi è anche quello di chiedere all’autorità giudiziaria, nei casi di inerzia dell’assemblea condominiale, la nomina o la revoca dell’amministratore e, su richiesta, può esigere la convocazione dell’assemblea entro 30 giorni da quando ne ha fatto richiesta, ai sensi dell’art. 1120 c.c. come modificato dalla riforma del 2012. Inoltre, l'art. 1134 c.c. limita il campo d'azione del singolo alle situazioni d'urgenza, disponendo che "il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente".

Il Regolamento Condominiale

Le disposizioni codicistiche prevedono il regolamento di condominio come fosse una ‘legge’ interna al condominio, contenente un insieme di norme finalizzate a disciplinare l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese sulla base dei diritti e degli obblighi spettanti a ciascun condominio, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione. Il codice civile individua i casi in cui esso è obbligatorio e il contenuto che deve avere. In particolare, l’art. 1138 c.c. dispone che "quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione". I commi successivi al primo, invece, si occupano di fissarne le modalità di approvazione e i limiti.

Il regolamento condominiale può essere:

  • ordinario o assembleare;
  • contrattuale;
  • giudiziale.

Sono tante le regole condominiali che in genere trovano posto nel regolamento. Queste spaziano dall’uso delle parti comuni, alla partecipazione alle assemblee, sino alla divisione delle spese condominiali e alla privacy, toccando molteplici aspetti della vita in condominio. Tra quelle più rilevanti vi sono poi le regole sui rumori (e il rispetto degli orari del silenzio) e quelle sulla detenzione di animali.

Tra le novità più rilevanti, le regole riguardanti gli animali in condominio. Restano ferme comunque le regolamentazioni generali previste in materia: l'obbligo nei confronti dei proprietari dell'animale, di mantenere ordine e pulizia nell'area di passeggio; usufruire del guinzaglio in ogni luogo e di applicare la museruola agli animali di indole aggressiva (come previsto dall'ordinanza del ministero della salute del 2009), oltre alle consuete responsabilità  civili dei proprietari per i danni cagionati dall'animale ex art. 2052 c.c., per le immissioni moleste (sotto forma di rumore e disturbo della quiete) che superano la normale tollerabilità (art. 844 c.c.), nonché gli estremi censurati in sede penale dall'art. 672 c.p. per "omessa custodia e mal governo di animali".

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

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