Libera professione e deroga al vincolo di esclusività per dipendenti SSN: norme e gestione

Infermieri e fisioterapisti, se pubblici dipendenti, possono esercitare la libera professione fino al 31 dicembre 2025: scopri come leggendo la guida Consulcesi

Sommario

  1. 1. Il vincolo di esclusività: le fonti normative
  2. 2. Le deroghe al principio di esclusività in epoca COVID
  3. 3. Il Decreto bollette e la deroga
  4. 4. Infermiere e fisioterapista in deroga al vincolo di esclusività: cosa fare per esercitare la libera professione
  5. 5. La partita IVA: come aprirla
  6. 6. Gli oneri previdenziali di infermieri e fisioterapisti: ENPAPI e gestione separata
  7. 7. La richiesta di autorizzazione al datore di lavoro
  8. 8. Cosa fare se l’ASP non risponde o nega l’autorizzazione
  9. 9. Cosa succederà dopo il 31 dicembre 2025
Il vincolo di esclusività, nato in epoca monarchica, è giunto fino ai giorni nostri limitando l’esercizio della libera professione da parte degli infermieri e dei fisioterapisti pubblici: le deroghe post covid dureranno fino al 31 dicembre 2025, e si auspica che vengano prorogate.

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Infermieri e fisioterapisti, se pubblici dipendenti, possono esercitare la libera professione fino al 31 dicembre 2025: scopri come leggendo la guida Consulcesi

1. Il vincolo di esclusività: le fonti normative

Il vincolo di esclusività per i professionisti sanitari – e per i pubblici dipendenti in genere – nasce in epoca monarchica, con la legge n. 290/1908, che all’art. 3 sanciva l’incompatibilità, per l’impiegato dello Stato con qualunque impiego privato, con l’esercizio del commercio, dell’industria o di una libera professione, dell’industria, con la carica di amministratore, consigliere di amministrazione, commissario di sorveglianza in Società commerciali, salvo, per l’amministrazione delle cooperative costituite da impiegati, la previa autorizzazione dell’Amministrazione da cui l’impiegato dipende.

Il vincolo di esclusività, in epoca repubblicana, viene inserito all’interno dell’art. 98 della Costituzione, in virtù del quale i pubblici impiegati (perciò anche i medici, i fisioterapisti e gli infermieri al servizio del SSN) sono al servizio esclusivo della Nazione. L’esclusività cui sono assoggettati i pubblici dipendenti e, in particolare, il personale sanitario, serve a garantire il rispetto del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.

Il vincolo di esclusività, così come introdotto dalla Costituzione italiana, trova la sua disciplina in varie differenti fonti normative: questo proliferare di norme rende spesso difficile, per i profani della materia, orientarsi e capirci qualcosa.

L’articolo 53 del d.lgs. n. 165/2001 disciplina proprio l’incompatibilità e il cumulo di impieghi e incarichi per i pubblici dipendenti, richiamando in tal senso una norma del 1957 (il DPR 10/01/1957 n. 3), secondo cui l’impiegato pubblico non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro.

La norma prevede alcune deroghe generali al vincolo di esclusività, a vantaggio del pubblico dipendente che scelga:

  • L’aspettativa non retribuita per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, salvo diniego dell’amministrazione di appartenenza per preminenti esigenze organizzative,
  • il contratto di lavoro a tempo parziale, mediante l’esercizio di altre prestazioni di lavoro che non arrechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incompatibili con le attività della pubblica amministrazione datrice di lavoro, previa motivata autorizzazione di quest’ultima,
  • il contratto di lavoro a tempo parziale, purché la prestazione lavorativa non sia superiore al 50% di quella a tempo pieno.

Per i medici che lavorano al servizio del SSN è prevista una ulteriore deroga al vincolo di esclusività, in quanto l’art. 4 comma 7 della legge n. 412/91 rende compatibile l’esercizio dell’attività libero professionale dei medici con il rapporto unico di impiego alle dipendenze pubbliche, purché sia espletato fuori dell’orario di lavoro all’interno delle strutture sanitarie o all’esterno delle stesse, con esclusione delle strutture private convenzionate con il SSN.

Riassumendo, il pubblico dipendente, in linea generale, è assoggettato al vincolo di esclusività, che è derogabile solo se previsto da una norma di legge e se autorizzato: tali principi valgono anche per gli esercenti le professioni sanitarie, fatta salva la speciale deroga prevista per i soli medici dipendenti del SSN a cui abbiamo appena accennato.

2. Le deroghe al principio di esclusività in epoca COVID

Durante la pandemia la carenza di personale sanitario e la necessità di somministrare i farmaci e i vaccini contro il COVID al maggior numero di persone e nel minor tempo possibile, ha reso necessaria l’introduzione di norme derogatorie del generale principio di esclusività.

L’art. 20 comma 2 lettera e) del Decreto Sostegni, entrato in vigore il 22 maggio 2021, ha stabilito che al fine di accelerare la campagna nazionale di vaccinazione e di assicurare un servizio rapido e capillare nell'attività di profilassi vaccinale della popolazione, al personale del Servizio sanitario nazionale appartenente alle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative (fisioterapisti), tecnico-sanitarie e della prevenzione, che aderisce all'attività di somministrazione dei vaccini contro il SARS-CoV-2 al di fuori dell'orario di servizio, non si applica il principio di esclusività: tale deroga, tuttavia, è stata introdotta esclusivamente per lo svolgimento dell’attività vaccinale stessa.

Un’ulteriore deroga al principio di esclusività è stata introdotta dall’art. 3 quater del decreto-legge n. 127/2021 fino al termine dello stato di emergenza: in virtù di tale norma, tutti gli operatori sanitari (compresi infermieri e fisioterapisti) possono lavorare anche alle dipendenze del privato, purché lo facciano al di fuori dell’orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore.

Il comma 2 dell’art. 3 quater del decreto-legge n. 127/2021, dispone inoltre che gli incarichi ricoperti da medici, infermieri, fisioterapisti in deroga al principio di esclusività devono essere previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, e ciò al fine di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale nonché di verificare il rispetto della normativa sull’orario di lavoro; l’amministrazione di appartenenza, nel rilasciare l’autorizzazione, deve attestare che la stessa non pregiudica l’obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all’emergenza pandemica.

La deroga al principio di esclusività per medici, infermieri e fisioterapisti è stata oggetto di proroga fino al 31 dicembre 2023, con aumento del monte ore da quattro a otto, grazie al decreto Milleproroghe 2022 (decreto-legge 198/2022).

3. Il Decreto bollette e la deroga

Con il cosiddetto Decreto bollette (Dl 30/03/2023, n. 34) è stata ulteriormente prorogata, fino al 31 dicembre 2025, la possibilità per tutti i professionisti sanitari del Servizio sanitario nazionale, compresi infermieri e fisioterapisti pubblici dipendenti, di svolgere concomitante attività libero professionale privata, purché ciò avvenga al di fuori dell’orario di servizio. 

Il decreto bollette ha inoltre eliminato il limite del monte ore (otto ore, secondo l’ultima normativa in proroga), introducendo, invece, la possibilità per il Ministero della Salute di effettuare periodici monitoraggi sull’attuazione di tale norma, minimo ogni biennio. 

Permane, inoltre, la necessità per l’infermiere o il fisioterapista, così come per qualunque altro professionista sanitario, di essere previamente autorizzato dal datore di lavoro, al fine di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale e mantenere impregiudicato l’obiettivo dell’azienda sanitaria relativo allo smaltimento delle liste di attesa. 

4. Infermiere e fisioterapista in deroga al vincolo di esclusività: cosa fare per esercitare la libera professione

Se un infermiere o un fisioterapista alle dipendenze del SSN decide di intraprendere anche l’attività da libero professionista, grazie alla deroga al vincolo di esclusività introdotta (attualmente) fino al 31 dicembre 2025, dovrà adempiere a una serie di incombenze fiscali e previdenziali, quali:

  • l’iscrizione all’Ordine professionale di categoria, l’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) per gli infermieri, l’Ordine dei Fisioterapisti per i professionisti della riabilitazione,
  • apertura della partita IVA e scelta del fornitore del servizio di fatturazione elettronica,
  • la tempestiva comunicazione al proprio ordine di appartenenza circa le modalità di svolgimento della professione pubblica e privata in regime di deroga al vincolo di esclusività,
  • l’iscrizione all’Ente di previdenza,
  • la stipula dell’assicurazione obbligatoria.

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5. La partita IVA: come aprirla

L’infermiere o il fisioterapista possono agevolmente aprire la partita IVA tramite un commercialista oppure rivolgendosi direttamente all’Agenzia delle Entrate, compilando il modello disponibile sul sito.

Il codice ATECO per l’esercizio della professione di infermiere è 86.90.29 (altre attività paramediche indipendenti NCA), mentre per il fisioterapista è 86.90.21 (Fisioterapia).

Una volta aperta la partita IVA l’infermiere e il fisioterapista avranno a che fare con adempimenti che non gravano, normalmente, sui pubblici dipendenti, quali ad esempio l’obbligo di emettere fattura per ogni prestazione erogata.

Attualmente, per l’anno 2024, il regime fiscale più vantaggioso per chi sceglie di esercitare la libera professione in deroga al vincolo di esclusività è, quantomeno all’inizio, il regime forfettario, cioè un regime fiscale agevolato destinato a coloro i quali abbiano un fatturato annuale inferiore a € 85.000 annui, che prevede l’assenza di addebito e di detrazioni IVA. 

In parole povere, l’infermiere o il fisioterapista che esercitano la propria attività in regime fiscale forfettario:

  • non addebitano l’IVA in fattura ai propri clienti,
  • non possono detrarre l’IVA sugli acquisti effettuati,
  • non liquidano né versano l’IVA,
  • non sono obbligato a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale IVA,
  • non devono comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni rilevanti ai fini IVA (c.d. spesometro).

Il regime forfettario prevede il pagamento di un’unica imposta, con due tipi di aliquota, da effettuarsi entro il 30 giugno e il 30 novembre di ogni anno:

  • aliquota al 5% per i primi cinque anni di attività,
  • aliquota al 15% per tutti gli altri casi.

Al raggiungimento della soglia di € 100.000,00 il contribuente abbandona d’ufficio il regime forfettario per passare al regime ordinario, addebitando l’IVA al 22%.

L’infermiere e il fisioterapista che operano in deroga al vincolo di esclusività, indipendentemente dal regime fiscale scelto, dovranno inoltre, annualmente, presentare la dichiarazione dei redditi, utilizzando gli appositi modelli disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) oppure rivolgendosi a un commercialista di fiducia.

Entrambi, inoltre, sono soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica e devono scegliere se usufruire del servizio gratuito messo a disposizione da Agenzia delle Entrate oppure acquistare un servizio di fatturazione elettronica tra i molteplici presenti sul mercato.

La fattura elettronica è una vera e propria fattura dematerializzata, creata da appositi software in un formato particolare (XML), che viene trasmessa elettronicamente al cliente tramite il Sistema di Interscambio (SdI).

Per la creazione della fattura elettronica, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti, gratuitamente, tre tipi di programmi:

  1. la procedura web utilizzabile accedendo al portale Fatture e Corrispettivi del sito web di Agenzia delle Entrate, previa registrazione;
  1. il software per la compilazione della fattura elettronica da scaricare sul proprio device direttamente dal sito web di Agenzia delle Entrate 
  1. l’app Fatturae scaricabile dagli store Android o Apple.

Una volta predisposta la fattura con una di queste tre modalità, l’infermiere o il fisioterapista dovranno trasmettere attraverso lo SdI il file XML al proprio cliente, tramite upload sul portale Fatture e Corrispettivi, attraverso l’app Fatturae oppure a mezzo p.e.c. all’indirizzo sdi01@pec.fatturapa.it

Si tratta di operazioni non complicate, ma sicuramente macchinose, che richiedono all’infermiere e al fisioterapista di sottrarre il proprio tempo alla propria vita privata o alla professione: per questo motivo nella maggior parte dei casi la scelta ricade sui servizi di fatturazione a pagamento, molto più semplici e intuitivi da utilizzare.

6. Gli oneri previdenziali di infermieri e fisioterapisti: ENPAPI e gestione separata

Gli infermieri hanno una propria cassa di previdenza, l’ENPAPI (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica. I fisioterapisti, invece, sono sprovvisti di una cassa privata e devono perciò versare i contributi previdenziali da lavoro autonomo all’INPS, tramite l’iscrizione alla cosiddetta gestione separata. 

L'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica (ENPAPI) nasce nel 1998 per assicurare la tutela previdenziale obbligatoria a infermieri che esercitano l'attività in forma libero professionale. 

Nel 2012 è stata inoltre istituita la Gestione Separata ENPAPI, per assicurare prestazioni previdenziali ed assistenziali anche ai professionisti che svolgono attività libero professionale mediante contratti di collaborazione non abituale. 

In particolare, devono iscriversi alla gestione principale ENPAPI gli infermieri che: 

  • sono titolari di partita iva, 
  • esercitano la professione in forma associata o tramite società tra professionisti o in qualità di soci di cooperativa. 
  • Sono, invece, soggetti all’obbligo di iscrizione alla gestione separata ENPAPI gli infermieri che operano: 
  • con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, 
  • con contratto a progetto, 
  • con mini co.co.co. 

I fisioterapisti, invece, non hanno una cassa previdenziale privata come gli infermieri e devono iscriversi alla cosiddetta gestione separata INPS, una speciale cassa che l’INPS mette a disposizione di alcune particolari categorie di lavoratori autonomi privi, per l’appunto, di cassa privata di categoria, per fornire loro le ordinarie tutele previdenziali. 

Il fisioterapista verserà i contributi previdenziali alla Gestione separata tramite modello F24 telematico, alle scadenze fiscali previste per il pagamento delle imposte sui redditi. 

Per calcolare quanto pagare in base al tuo reddito, il fisioterapista deve conoscere l’aliquota contributiva legata alla sua attività, cioè una percentuale che serve per calcolare l’importo da versare ogni anno, variabile in base all’iscrizione o meno del lavoratore ad altro fondo obbligatori. 

Per l’anno 2024, secondo la Circolare n. 24/2024 dell’INPS, le aliquote per il calcolo dei contributi da versare alla Gestione separata sono pari a: 

  • 35,03% per collaboratori e figure assimilate non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL;
  • 33,72% per collaboratori e figure assimilate non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali non è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL;
  • 26,07% per professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;
  • 24% per professionisti o collaboratori titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria.

7. La richiesta di autorizzazione al datore di lavoro

Per poter esercitare la libera professione in deroga al vincolo di esclusività l’infermiere deve presentare un’apposita istanza al datore di lavoro. 

L’istanza può essere presentata in carta semplice (senza apposizione di marche da bollo), e deve contenere l’espresso richiamo all’art. 13 del D.L. n. 34/2023, oltre a tutti i dati inerenti la qualifica e il ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione aziendale e quello che si andrà a ricoprire nell’esercizio dell’attività in deroga al vincolo di esclusività.

Considerato che spesso le direzioni aziendali delle ASP non rispondono oppure negano l’autorizzazione con le motivazioni più disparate, l’infermiere deve agire, sin dalla presentazione della domanda, in maniera tale da avere le prove di quanto chiesto al datore di lavoro e della legittimità e fondatezza della propria richiesta: per questo motivo, è preferibile che l’istanza, correlata da tutti i documenti necessari (ad esempio lettera di conferimento incarico con indicazione degli orari previsti di lavoro, titoli di studio abilitanti l’esercizio dell’attività da svolgere all’esterno) venga trasmessa a mezzo pec all’indirizzo ufficiale dell’Azienda sanitaria, oppure depositata materialmente all’ufficio protocollo, facendosi rilasciare un timbro con numero di protocollo e data sulla propria copia dell’istanza.

Nel caso di invio a mezzo pec, bisogna fare molta attenzione all’indirizzo di destinazione: spesso, infatti, sui siti web delle aziende sanitarie troviamo molteplici indirizzi riferibili ai singoli uffici o unità aziendali. Tuttavia, l’indirizzo ufficiale di un’azienda sanitaria – così come per una clinica privata – è uno solo, ed è quello risultante dai cosiddetti pubblici registri: è consigliabile verificare la correttezza e l’ufficialità dell’indirizzo pec del datore di lavoro consultando l’indice IPA (www.indicepa.gov.it) oppure il Registro PP.AA. (www.servizipst.giustizia.it); per accedere a quest’ultimo registro, però, è necessario essere muniti di SPID o altro sistema di autenticazione come CIE o carta dei servizi (la firma digitale).

Spesso l’infermiere invia la pec a un indirizzo indicato sul sito, ma non “ufficiale”: ciò pregiudica la sua domanda e favorisce il datore di lavoro, perché l’invio alla pec scorretta equivale a una mancata proposizione della domanda, come se venisse trasmessa una raccomandata con ricevuta di ritorno a un indirizzo errato.

Il team Consulcesi è a tua disposizione per aiutarti a individuare, sin dall’inizio della proposizione della richiesta di autorizzazione, l’indirizzo corretto, onde evitare perdite di tempo e spiacevoli situazioni che possano pregiudicare lo svolgimento della tua attività in deroga al vincolo di esclusività.

8. Cosa fare se l’ASP non risponde o nega l’autorizzazione

Una volta presentata la richiesta di autorizzazione all’esercizio dell’attività infermieristica in deroga al vincolo di esclusività, l’azienda datrice di lavoro ha 30 giorni di tempo per rispondere, positivamente o negativamente.

Se l’azienda non risponde nel termine previsto, il dipendente può scegliere di fare un sollecito in via stragiudiziale, chiedendo con urgenza di avere una risposta, oppure può decidere di rivolgersi al Tribunale per costringere l’amministrazione a rispondere.

Se, invece, l’azienda datrice di lavoro risponde negativamente, non può limitarsi a un secco NO, ma deve fornire all’infermiere delle ragioni chiare e trasparenti, descrivendo il percorso logico-giuridico che l’ha condotta a negare l’autorizzazione, nonostante la previsione legislativa consenta l’esercizio dell’attività in deroga: in pratica, l’ASP deve indicare le norme giuridiche che pone a fondamento del proprio diniego e spiegare il motivo per cui queste norme debbano impedirle di rilasciare l’autorizzazione all’infermiere per l’esercizio dell’attività in deroga così come previsto dal DL 34/2023, attualmente vigente fino al 31 dicembre 2023.

Una volta ottenuto questo provvedimento, l’infermiere non potrà fare altro che rivolgersi, con l’assistenza di un legale competente in materia di pubblico impiego e diritto amministrativo, al giudice, chiedendo la revoca del provvedimento e dimostrando che lo stesso è stato assunto in maniera illegittima e soprattutto in violazione dell’art. 13 del DL 34/2023.

Nelle more della definizione del giudizio, l’infermiere non autorizzato (illegittimamente) perderà numerose occasioni di lavoro: è bene procurarsi tutto il carteggio relativo alle possibilità di lavoro in deroga al vincolo di esclusività, come ad esempio le lettere di conferimento incarico contenenti specifica indicazione del compenso che sarebbe stato corrisposto all’infermiere. Tutti questi contratti non stipulati a causa di un diniego illegittimo dell’ASP di provenienza, infatti, rappresentano per l’infermiere un mancato guadagno, come tale risarcibile dall’ASP.

Il team di Consulcesi può accompagnare i suoi iscritti in tutta la delicata fase della raccolta delle prove e della predisposizione del ricorso per tutelare i propri diritti e ottenere il risarcimento del danno.

9. Cosa succederà dopo il 31 dicembre 2025

La Federazione nazionale degli Infermieri e quella dei Fisioterapisti stanno chiedendo insistentemente al Governo di abrogare la scadenza del 31 dicembre 2025 ed eliminare definitivamente il vincolo dell’esclusività per i fisioterapisti e gli infermieri.

La stessa battaglia politica è stata intrapresa dalle associazioni e federazioni di categoria di tutti gli altri professionisti sanitari interessati dalla proroga al prossimo anno.

Per la FNOPI (la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche) l’esercizio della libera professione non farà andare in affanno il SSN, anzi dovrebbe spingere i governanti ad aprire un serio dibattito sulle dotazioni organiche del servizio sanitario pubblico, in modo da garantire un numero congruo di organici senza limitare la libera professione degli infermieri, che possono mettere la propria professionalità e le proprie competenze al servizio dei pazienti, indipendentemente dal fatto che siano assistiti dalla sanità pubblica o privata.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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