1. Studio medico associato: di cosa si tratta
Si parla di studio associato, in generale, quando più soggetti esercenti una professione che richiede l’iscrizione a un albo professionale si aggregano tra loro, mettendo insieme i propri interessi. Va subito precisato che non esiste, né nel codice civile né in altre leggi speciali, alcuna definizione tipica di studio associato, trattandosi di una figura nata dalla prassi e legittimata dalla giurisprudenza, che l’ha equiparata alle associazioni non riconosciute (come, ad esempio, i condomini edilizi o i consorzi).
Nello studio medico associato, perciò, più soggetti iscritti all’Albo ed esercenti la professione medica decidono di mettere insieme i propri interessi e di esercitare l’attività in forma associata, ponendosi come un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici: come per le associazioni non riconosciute, i rapporti tra i singoli componenti dello studio associato sono regolati dagli accordi presi tra i medici associati stessi.
Gli studi associati non hanno personalità giuridica: ciò significa che non possono essere titolari di situazioni giuridiche attive e passive ed inoltre non godono di autonomia patrimoniale perfetta per le obbligazioni contratte in forma associata. L’autonomia patrimoniale perfetta, per i non addetti ai lavori, è quella situazione che si ha nelle società a responsabilità limitata, quando si crea una finzione giuridica per cui il patrimonio della società (che ha personalità giuridica) e quello dei soci rimane distinto e separato.
Pur non avendo personalità giuridica, i componenti di uno studio medico associato possono decidere, nei loro accordi interni, di conferire a uno di loro la capacità di stare in giudizio in rappresentanza dello studio medico.
Lo studio medico associato – così come qualunque altro studio associato tra professionisti – nasce con due scopi:
1) suddividere le spese di gestione dello studio tra gli associati, tramite la costituzione del fondo comune, all’interno del quale confluiscono sia i contributi dei singoli medici associati che i beni acquistati con tali contributi per l’esercizio delle attività di studio (ad esempio pc, dispositivi medici, ausili per la diagnostica),
2) offrire alla potenziale clientela una realtà che garantisca, grazie all’unione di più professionalità eterogenee, una pluralità di servizi medici.
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La gestione di uno studio associato richiede attenzione a questioni legali, fiscali e assicurative. Scopri le principali normative e come ottimizzare la gestione.
2. Come costituire uno studio medico associato
La costituzione di uno studio medico associato, come per le associazioni non riconosciute, è a forma libera: pertanto, può avvenire con un semplice accordo verbale tra le parti oppure mediante una scrittura privata o un atto redatto da un notaio.
Data l’assenza di normativa specifica sugli studi associati, considerato che ciò che “comanda” i rapporti tra i singoli medici che compongono lo studio è proprio l’accordo tra le parti, è preferibile stipulare un atto scritto, che vada a disciplinare alcuni aspetti importanti, come:
- le attività specifiche oggetto dello studio medico associato, con specificazione che gli incarichi conferiti al singolo medico formano comunque oggetto dell’attività dello studio associato,
- gli obblighi gravanti sul medico associato, come ad esempio quello di rendere noto ai pazienti la propria appartenenza allo studio associato prima dell’assunzione dell’incarico,
- la durata dello studio, con fissazione della data di inizio dell’attività e della possibilità di deliberare la proroga o lo scioglimento anticipato dello studio medico associato,
- l’individuazione dei partecipanti allo studio associato, che volendo possono essere suddivisi in fondatori, senior (ordinari) e junior (giovani), con fissazione di una diversa quota di contribuzione al fondo comune dello studio medico e determinazione delle modalità di ammissione di nuovi associati,
- particolari disposizioni in materia di responsabilità degli associati, posto che ciascuno dei singoli medici è responsabile, nei confronti del paziente, della propria prestazione professionale nei confronti dell’assistito,
- il fondo di dotazione, l’eventuale specifica destinazione (ad esempio per acquisto arredi, strumenti diagnostici, strumenti informatici), la sua quantificazione e le modalità di reintegro,
- la partecipazione agli utili, da disciplinare anche in base alla qualifica dei partecipanti all’interno dello studio associato (fondatori, senior, junior),
- le spese rimborsabili ai singoli componenti dello studio associato,
- eventuali organi sociali, come ad esempio il soggetto cui attribuire la rappresentanza, un’eventuale assemblea degli associati,
- le regole per disciplinare la liquidazione del componente dello studio associato che decida di recedere dallo o che sia stato escluso, nonché quelle relative all’ipotesi di decesso dell’associato,
- l’eventuale individuazione di un Arbitro o altre modalità di Alternative Dispute Resolution (ADR) cui rivolgersi nell’ipotesi in cui sorgessero controversie tra i componenti dello studio associato, nonché la determinazione (se le partilo ritengono necessario) del foro competente in caso di controversie giudiziarie.
I medici che decidono di costituire uno studio associato, perciò, potranno scegliere se cucire un atto costitutivo in autonomia, oppure rivolgersi a dei professionisti (un legale o un notaio) che possano seguirli passo passo nella redazione di un atto costitutivo che non contenga “trappole” particolari nel caso in cui dovessero poi sorgere futuri problemi tra gli associati: il modo migliore per evitare un litigio in Tribunale, infatti, è quello di prevenirlo a monte, rivolgendosi a professionisti del settore.
Un esempio concreto di possibili “trappole” legate alla mancata stesura di un atto costitutivo su misura è rappresentato dall’ipotesi di morte di uno degli associati: non esistendo, infatti, una normativa specifica dedicata agli studi associati, il decesso del professionista rappresenta un problema.
La teoria più accreditata tra i tecnici del settore è quella di ritenere applicabile all’ipotesi di decesso del componente di uno studio associato la normativa sulla società di persone, in particolare l’articolo 2284 del codice civile, in virtù del quale salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.
Le problematiche posson sorgere soprattutto in sede di liquidazione della quota del medico associato, perché in quella sede deve anzitutto individuarsi il criterio secondo cui liquidare la quota:
- di competenza, basato sulla differenza tra i compensi e i costi maturati dalla data della morte e non ancora incassati o pagati,
- di cassa, relativo alla differenza tra incassi dei compensi e spese pagate.
Il criterio di cassa è sicuramente più semplice da utilizzare, ma non è detto che gli eredi – in assenza di una determinazione contenuta all’interno dell’atto costitutivo – siano d’accordo nello sceglierlo.
Per ovviare a futuri inconvenienti, Confprofessioni raccomanda di inserire all’interno degli atti costitutivi degli studi associati (qualunque sia la professione svolta) la formula “L’associato cessato, pur non prestando più la sua opera all’interno dello Studio continuerà, sino ad esaurimento dei rapporti pendenti, a partecipare agli utili dello Studio, limitatamente alla sua quota relativa a lavoro svolto sino al momento dell’uscita ma incassato successivamente”.
Per anticipare i futuri problemi che il tuo studio associato potrebbe avere, prevenendoli e predisponendo soluzioni che li arrestino sul nascere, il team Consulcesi è a disposizione per cucire un atto costitutivo di studio associato su misura per le esigenze dei singoli associati.
3. La fiscalità dello studio medico associato
Partiamo dal presupposto che lo studio medico associato, essendo un centro comune di interessi tra professionisti, fiscalmente è obbligato all’apertura della partita IVA, che si può effettuare direttamente presso Agenzia delle Entrate oppure tramite un intermediario autorizzato (il commercialista, un Centro di Assistenza Fiscale).
La disciplina fiscale dello studio medico associato è contenuta nell’art. 5 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che equipara, ai fini delle imposte sui redditi, le associazioni senza personalità giuridiche costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni – cioè, gli studi associati – alle società semplici.
Ciò significa che i redditi dello studio associato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, in maniera proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili.
Secondo quanto chiarito da Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 486 del 4 ottobre 2022, i dividendi distribuiti dallo studio associato devono essere tassati da quest’ultimo, in qualità di sostituto d’imposta, con il meccanismo della ritenuta alla fonte; in particolare, la quota imputabile agli associati residenti in Italia soggiace alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 26%, mentre per i residenti all’estero la ritenuta può essere anche in misura inferiore, secondo quanto previsto dalle convenzioni per evitare la doppia imposizione.
In parole semplici, i singoli soci dovranno continuare a presentare la loro dichiarazione dei redditi e a versare l’IRPEF, mentre lo studio associato dovrà, annualmente, effettuare la dichiarazione IRAP e versare la relativa imposta.
4. L’assicurazione dello studio medico associato
Secondo la legge Gelli Bianco le strutture sanitarie e sociosanitarie, sia pubbliche che private, sono obbligate ad essere provviste di idonea copertura assicurativa:
- a) per la responsabilità civile verso terzi,
- b) per la responsabilità civile verso i prestatori d’opera (i medici e il personale),
- c) per i danni cagionati dal personale operante all’interno della struttura.
Inoltre, la legge Gelli Bianco prevede che ciascun esercente la professione sanitaria (medico, infermiere, operatore sanitario specializzato) operante a qualunque titolo presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private deve essere munito di un’adeguata polizza assicurativa per colpa grave, con onere a proprio carico.
Teoricamente, lo studio associato non dovrebbe essere inteso come struttura sanitaria, perciò non è gravato dall’obbligo assicurativo previsto dalla legge Gelli Bianco.
Tuttavia, pur non essendo obbligatoria la copertura assicurativa per lo studio associato, è opportuno che i componenti dello studio valutino, collegialmente, l’opportunità di sottoscriverla ugualmente: il costo annuale della polizza, infatti, è sicuramente inferiore rispetto alla richiesta di risarcimento danni che un terzo potrebbe formulare nei confronti dello studio, qualora dovesse subire un danno.
I consulenti di Consulcesi sono a Tua disposizione per aiutarti a scegliere la polizza più adatta alle tue esigenze.
5. La Società tra Professionisti (STP)
Lo studio associato non va confuso con la Società tra Professionisti (STP), introdotta nell’ordinamento giuridico dalla legge n. 24 del 8 marzo 2017.
La Società Tra Professionisti è una società il cui atto costitutivo prevede l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale – nel nostro caso, medica – da parte dei soci; a differenza dello studio associato, la Società tra Professionisti medici viene iscritta in un’apposita sezione dell’albo.
Sono ammessi a ricoprire la qualità di soci in una Società tra Professionisti solo i professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché i cittadini degli stati membri dell’Unione Europea, purché siano in possesso del relativo titolo abilitante.
Una Società tra Professionisti può essere costituita da soli medici, da medici ed altri esercenti professioni sanitarie che richiedono l’iscrizione all’albo (ad esempio medici e psicologi), da medici e altri professionisti di area non medica (ad esempio medici e ingegneri, avvocati, commercialisti, ecc.).
La caratteristica della Società tra Professionisti è quella di annoverare la possibilità del socio non professionista investitore: a tal fine, la normativa stabilisce che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci, e che il venir meno di tale condizione comporta lo scioglimento della società e la sua conseguente cancellazione dall’albo.
La Società tra Professionisti ha l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell'esercizio dell'attività professionale.
A differenza dello studio associato, la Società tra Professionisti è obbligata a disciplinare le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
Se i medici decidono di esercitare l’attività sanitaria in Società tra Professionisti, la denominazione sociale deve contenere obbligatoriamente l’indicazione “Società tra Professionisti”.
Sotto il profilo fiscale, la Società tra Professionisti presenta una differenza fondamentale rispetto allo studio associato, perché a differenza di quest’ultimo produce reddito di impresa e non di lavoro autonomo, ed è soggetta al regime di tassazione delle società anziché a quello delle persone fisiche. Ciò significa che mentre un medico esercente la libera professione viene tassato sulla base degli scaglioni IRPEF (salvo che sia in regime forfetario), dove ad un reddito alto corrisponde un’alta tassazione, in una Società tra Professionisti, a parità di reddito, la percentuale di tassazione è nettamente inferiore rispetto a quella del medico libero professionista.
Naturalmente, trattandosi di una società, la STP tra medici ha degli adempimenti iniziali molto stringenti da rispettare, in quanto deve:
- costituirsi obbligatoriamente per atto notarile,
- dotarsi di partita iva e codice fiscale,
- iscriversi presso la Camera di Commercio, nell’apposita sezione dedicata,
- iscriversi alla speciale sezione dell’albo dei medici della provincia in cui è stata fissata la sede legale della STP, depositando all’Ordine l’atto costitutivo, il certificato di iscrizione al registro delle imprese, il certificato di iscrizione all’albo di tutti i soci professionisti che non siano iscritti all’ordine cui è rivolta la domanda, ovvero, in sostituzione di quest’ultimo documento, un’autocertificazione sottoscritta dal dichiarante corredata dal documento di identità.
Quando un paziente si rivolge, per ricevere servizi sanitari, a una STP, il medico deve fornirgli una serie di informazioni preliminari, e precisamente:
- a) deve informare il paziente sul diritto di chiedere che l'esecuzione dell'incarico conferito alla società sia affidata ad uno o più professionisti da lui specificamente scelti;
- b) deve informare il paziente della possibilità che l'incarico professionale conferito alla STP medica sia eseguito da ciascun socio/medico in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale;
- c) deve informare il paziente sull’esistenza di eventuali situazioni di conflitto d'interesse tra cliente e società, che possono anche essere determinate dalla presenza dei soci investitori.
Per consentire al paziente di scegliere uno o più professionisti della STP per la prestazione professionale richiesta, il medico deve consegnargli un elenco scritto dei singoli soci professionisti, con l'indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi, nonché l'elenco dei soci investitori.
È preferibile che le informazioni obbligatorie vengano fornite per iscritto, mediante un’informativa da consegnare al paziente, che firmerà l’originale per ricevuta.
Sotto il profilo previdenziale, infine, il regolamento del Fondo di Previdenza Generale dell’ENPAM stabilisce che sono imponibili alla Quota B i redditi, i compensi, gli utili, gli emolumenti derivanti dallo svolgimento, in qualunque forma, dell’attività medica e odontoiatrica o di attività comunque attribuita all’iscritto in ragione della sua particolare competenza professionale, individuando tra le forme di reddito soggetto a contribuzione (art. 3 comma 2 lettera f) quello derivante dalla partecipazione nelle società disciplinate dai titoli V e VI del libro V del codice civile che svolgono attività medica-odontoiatrica o oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione. Tra le tipologie di reddito incluse nell’art. 3 comma 2 rientra, perciò, anche quello prodotto tramite Società tra Professionisti; va sottolineato che ai fini della determinazione del reddito imponibile ai fini previdenziali ENPAM, si tiene conto della parte del reddito dichiarato dalla STP ai fini fiscali e attribuita al socio in ragione della quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla relativa percezione.
Quando si decide di esercitare la professione medica in forma associata, perciò, il medico deve essere a conoscenza della possibilità di scegliere tra lo studio associato e la Società tra Professionisti, e deve effettuare una personale analisi costi benefici per valutare quale sia la soluzione migliore, in base ai suoi interessi. Il team Consulcesi è a disposizione di tutti i soci per scegliere insieme, in base alle esigenze di ognuno, la forma associata più adatta.