Messaggi whatsapp con paziente: nel processo possono essere una prova

Comunicazione medico-paziente tramite whatsapp: i messaggi possono assumere valore di prova nei giudizi risarcitori per malpratice medica.

Sommario

  1. Whatsapp sul lavoro: cosa può succedere?
  2. I messaggi e le chat: valore nella disciplina codicistica
  3. Messaggi Whatsapp: requisiti di validità
  4. Consigli utili per la produzione in giudizio dei messaggi Whatsapp

Le conversazioni scambiate tramite smartphone integrano una rappresentazione meccanica di fatti e cose, così da assumere pieno valore di prova a meno che non siano tempestivamente disconosciuti dalla parte processuale contro la quale sono prodotti. 

L’utilizzo sempre più ampio della messaggistica istantanea anche nell’ordinaria gestione dei rapporti commerciali e di lavoro impone di comprenderne, con chiarezza, quale ne sia il valore probatorio con specifico riferimento all’ambito dei processi civili.

È ormai noto come, durante il periodo pandemico, si siano consolidati nell’ambito del rapporto medico-paziente comportamenti ed atteggiamenti, come ad esempio lo scambio di richieste e conseguenti valutazioni sanitarie attraverso SMS o messaggi whatsapp, che oltre ad introdurre rilevanti questioni di salvaguardia della privacy dei dati sanitari dei pazienti (compendio Autorità Garante Privacy marzo 2024) aprono importanti scenari nel momento in cui queste comunicazioni digitali trovino ingresso in un giudizio risarcitorio di malpratice medica.

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Whatsapp sul lavoro: cosa può succedere?

È di qualche mese fa la notizia del deposito di un’ordinanza, resa lo scorso 7 giugno dal Tribunale Civile di Urbino, dove si è avuto modo di stabilire il valore probatorio di alcuni messaggi whatsapp utilizzati da un soggetto nell’ambito di un rapporto commerciale, ma che possono essere parimenti estesi per analogia anche al rapporto di cura.

In quel caso, veniva in rilievo la richiesta di pagamento di un determinato credito, a cui veniva opposta l’intervenuta prescrizione del diritto, che la parte creditrice ha quindi richiesto di superare attraverso la produzione di alcuni messaggi, inviati tramite whatsapp, con cui avrebbe richiesto ripetutamente la soddisfazione del credito, così interrompendo il decorso del termine prescrizionale.

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I messaggi e le chat: valore nella disciplina codicistica

Il valore probatorio delle comunicazioni inoltrate tramite chat e strumenti digitali si rinviene nel disposto di cui all’art. 2712 c.c. secondo cui “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Il successivo art. 2719 c.c., peraltro richiamato anche nella motivazione della citata ordinanza, stabilisce altresì che “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”.

Ne consegue che, per fare perdere la qualità di prova in un processo civile alle riproduzioni informatiche di una “chat” (quindi, anche nel caso di conversazioni tramite whatsapp) è necessario che la parte processuale contro cui vengono prodotte presenti un disconoscimento “chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e quella riprodotta nel messaggio trasmesso con mezzi digitali (Cass. Civ. n. 12794/2021).

Tutto ciò porta quindi a concludere che, sulla scorta di queste disposizioni normative, i messaggi scambiati attraverso sistemi digitali integrano una rappresentazione meccanica di fatti e cose, potendo assumere pieno valore di prova a meno che non siano tempestivamente disconosciuti dalla parte processuale contro la quale sono prodotti.

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Messaggi Whatsapp: requisiti di validità

Al di là delle considerazioni che precedono, si pone però una questione a monte del loro valore probatorio, che riguarda l’utilizzabilità stessa di questi strumenti nell’ambito del processo, ovvero le modalità che debbono presiedere la loro corretta introduzione in giudizio, così da consentirne l’eventuale verifica dei presupposti necessari per considerarli elementi di prova.

A tal proposito, occorre ricordare come già la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di osservare come possa affermarsi la legittimità del provvedimento di rigetto dell’istanza di acquisizione della trascrizione di conversazioni avvenute tramite messaggistica digitale “in quanto, pur concretandosi essa nella memorizzazione di un fatto storico, costituente prova documentale, ex art. 234 c.p.p., la sua utilizzabilità è, tuttavia, condizionata all'acquisizione del supporto telematico o figurativo contenente la relativa registrazione, al fine di verificare l'affidabilità, la provenienza e l'attendibilità del contenuto di dette conversazioni (Cass. 49016/2017).

Proprio sulla scorta di questi insegnamenti di matrice giurisprudenziale, il Giudice di Urbino ha correttamente ammesso la produzione di queste conversazioni nel processo, disponendo previa acquisizione del dispositivo cellulare in cui erano contenuti apposita perizia d’ufficio atta a stabilire l’autenticità dei messaggi e la loro collocazione temporale. 

Consigli utili per la produzione in giudizio dei messaggi Whatsapp

Per evitare di correre il rischio di vedersi dichiarata l’inutilizzabilità della trascrizione (magari su fogli word o con riproduzione fotografica) dei messaggi whatsapp scambiati con una propria controparte, sarà sempre consigliabile mantenere la custodia del supporti informatici nei quali sono contenute le conversazioni (smartphone, PC od altro), così da poterli depositare nel processo.

Ciò consentirà al magistrato, in sede istruttoria, di poter verificare, facendo ricorso alle competenze di un suo ausiliario specializzato in tecnologie informatiche, sia l’autenticità di queste conversazioni, ricostruendone i rispettivi contenuti, sia la loro effettiva cronologia temporale.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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