Medici pensionati: legittima la possibilità di ricevere incarichi retribuiti dalla PA

Il presente contributo, esaminando il testo del parere rilasciato dal Consiglio di Stato, individua le linee guida per una corretta attribuzione di incarichi temporanei e retribuiti a soggetti già entrati in fase di quiescenza, evidenziando quali siano i requisiti per evitare il rischio di potenziale elusione dei divieti imposti dalla normativa vigente.

Sommario

  1. L’episodio che ha scatenato il caso
  2. La norma in questione
  3. Le circolari ministeriali esplicative
  4. Il quadro giurisprudenziale sugli incarichi di PA ai pensionati
  5. La decisione della Corte dei Conti
  6. I potenziali effetti per i medici pensionati

Con il parere n. 80/2024/PAR, rilasciato pochi giorni orsono, la Corte dei Conti Sezione Lazio ha confermato il suo favore riguardo alla possibilità per le pubbliche amministrazioni di assegnare incarichi retribuiti a dipendenti già in pensione, a condizione che non riguardino attività vietate dalla legge.

L’episodio che ha scatenato il caso

La questione nasce dall’iniziativa del Sindaco del Comune di Cassino (RI) che, dovendo conferire un incarico temporaneo e retribuito ad un ex dipendente già in pensione, avanzava richiesta di preventivo parere al Consiglio di Stato circa la legittimità del suo operato.

Il dubbio era insorto a fronte dell’interpretazione dell’art. 5, comma 9, del D.L. 95/2012, che di fatto prevede il divieto delle pubbliche amministrazioni di conferire incarichi retribuiti di studio e di consulenza a lavoratori già entrati in fase di quiescenza.

La norma in questione

Ritenuta ammissibile la richiesta di parere, la Corte dei Conti ha quindi dapprima rievocato il testo della disposizione normativa interessata, secondo la quale “è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché alle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi dell’art. 1, comma 2, della l. 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’art. 2, comma 2-bis, del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, conv., con modificazioni, dalla l. 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente dell’amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell’ambito della propria autonomia”.

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Le circolari ministeriali esplicative

Nell’ambito della disamina richiesta, si è quindi richiamato il contenuto di due distinte circolari emanate dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di cui la prima (6 del 4/12/2014) ha affermato che la norma in questione non tollera interpretazioni estensive, dovendosi quindi considerare vietati, in ragione dell’oggetto, soltanto gli incarichi espressamente menzionati, ossia di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati. 

La successiva circolare (n. 4 del 10/11/2015) ha poi chiarito, ad integrazione della precedente, che il divieto imposto dall’art. 9 del D.L. n. 95 del 2012 concerne anche le collaborazioni e gli incarichi attribuiti ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell’articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 

Il quadro giurisprudenziale sugli incarichi di PA ai pensionati

La Corte ha quindi rivisitato il proprio orientamento giudiziale, ricordando che già in precedenza aveva circoscritto il divieto sancito dall’art. 5 ai soli "incarichi di studio e consulenza”, oltre che a quelli dirigenziali, esclusa ogni ulteriore possibilità di interpretazione estensiva, mentre in alcune pronunce rese dalle sue sezioni regionali si era concordemente affermato che la ratio sottesa al divieto fosse da rinvenire nelle logiche di risparmio di spesa e di ricambio generazionale.

Ancora più di recente, lo stesso organo giudiziario aveva peraltro ribadito che il divieto agli incarichi di studio e di consulenza (oltre che direttivi e dirigenziali) non può essere esteso “ad attività di mera condivisione quali la formazione operativa e il primo affiancamento del personale neo assunto (Sezione reg. contr. Liguria n. 66/2023) o ad attività di mera assistenza quali attività caratterizzata, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche che non rientri nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale del 2229 cc. (Sezione reg. contr. Lazio n. 88/2023)”.

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La decisione della Corte dei Conti

Richiamato il contenuto della deliberazione n. 133/2023 assunta dalla stessa Sezione regionale di controllo, laddove veniva affermato che “il conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza, per essere legittimo necessita, quindi di una effettiva (e non elusiva) esclusione dal campo di applicazione del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto n. 95/2012”, nonché evidenziato come il Legislatore sia più volte intervenuto sulla normativa in questione introducendo ipotesi derogatorie al suddetto divieto, la Corte ha dunque concluso il suo parere ribadendo, in piena adesione all’orientamento già assunto, che l’elenco degli incarichi consentiti si può legittimamente desumere dalla tassatività delle fattispecie vietate.

Ne consegue allora che occorrerà, di volta in volta, verificare se l’incarico da conferire ai sensi dell’articolo 5 comma 9, del D.L. n. 95/2012 risulti non solo non ricompreso fra quelli espressamente vietati, ma non includa lo svolgimento effettivo di funzioni tipicamente attribuite negli incarichi normativamente vietati.

I potenziali effetti per i medici pensionati

Ritornando all’ambito sanitario, sarà quindi compito delle aziende sanitarie, che volessero conferire incarichi temporanei e retribuiti ai loro ex dirigenti medici entrati in quiescenza, verificare se questi siano o meno riconducibili alle previsioni espressamente vietate dalla legge, valutando l’aspetto contenutistico delle funzioni assegnate, che non potranno essere compatibili con quelle proprie degli incarichi preclusi.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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