Lo scorso 31 dicembre è stato l’ultimo giorno non solo del triennio formativo 2020-2022 (la cui scadenza è stata prorogata a causa dell’emergenza Covid) ma anche del primo anno del triennio 2023-2025. Questo, infatti, è cominciato regolarmente il primo gennaio del 2023 per tutti i professionisti sanitari che, avendo raccolto i crediti richiesti dalla normativa entro la fine del 2022, non hanno avuto bisogno di usufruire dell’anno di proroga. Questi si trovano oggi in una posizione avvantaggiata rispetto a chi ha impiegato il primo anno del nuovo triennio per colmare il gap relativo a quello precedente, in quanto hanno avuto fin da subito la possibilità di accumulare crediti ECM ed evitare, in questo modo, di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge. Come ricordato in una recente intervista dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, si può arrivare anche alla sospensione dall’Ordine di appartenenza fino a sei mesi.
Le conseguenze per gli operatori sanitari non in regola
A questo, però, si aggiunge un’altra problematica a partire proprio dal triennio in corso: con l'approvazione dei decreti attuativi della Legge Gelli-Bianco sulla responsabilità professionale degli esercenti la professione sanitaria, verrà data attuazione alla norma che collega i crediti ECM al 70% all'efficacia della copertura assicurativa. I professionisti che non raggiungono questa percentuale ne saranno esclusi e non avranno protezione in caso di contenzioso. Inoltre, si prospetta la possibilità che le compagnie assicurative introdurranno clausole di rivalsa interna.
In un recente webinar sul tema, dal titolo “Scadenza proroga ECM, obblighi e opportunità per i professionisti della sanità” (organizzato da Consulcesi Club in collaborazione con il Provider Sanità In-Formazione), l’avvocato Francesco Del Rio, consulente legale Consulcesi, ha spiegato: “Introducendo nel contesto contrattuale una clausola di rivalsa, si delineano due scenari: primo, la compagnia avrà la facoltà di agire nei confronti del proprio assicurato per ottenere il rimborso di quanto pagato; secondo, in fase precontrattuale, potrebbe valorizzare economicamente l’opzione, messa a disposizione dell’assicurato, di inserire una clausola aggiuntiva per ottenere la preventiva rinuncia alla rivalsa. È evidente che, visti gli effetti, la rinuncia comporterebbe un aumento del premio assicurativo a carico del sanitario”. Di conseguenza, il professionista si troverebbe in una situazione in cui, anche a causa di questa normativa, potrebbe subire ripercussioni finanziarie.
Ignorare questa norma potrebbe essere estremamente pericoloso perché “le compagnie di assicurazione potrebbero comunque sollevare eccezioni e contestare il diritto all'indennizzo”. L’avvocato Del Rio spiega che, nel caso in cui la compagnia assicurativa sollevi eccezioni, “il magistrato sarà sempre tenuto a valutarle attentamente” e “dovrà tener conto dell’espressione ‘inefficacia della garanzia in caso di mancato assolvimento’, quindi laddove non ci fosse l’assolvimento del 70% potrebbe definire la manleva in maniera negativa per il sanitario”.