Turni massacranti al lavoro? Scopri come tutelarti

Il tempo è prezioso, e se viene interamente dedicato al lavoro, in barba alla normativa vigente, può essere un rischio per la salute propria e altrui, specialmente se ad essere sottoposto a superlavoro è un medico: scopri le tutele italiane ed europee.

Sommario

  1. 1. I tempi del lavoro secondo la normativa europea
  2. 2. L’attuazione in Italia della direttiva e il paradosso del personale del SSN
  3. 3. I turni massacranti dei medici italiani
  4. 4. L’errore medico da superlavoro
  5. 5. Superlavoro del medico: come tutelarsi?

1. I tempi del lavoro secondo la normativa europea

Forse non tutti sanno che i tempi del lavoro, nel senso di monte ore che ciascuno può dedicare all’attività di lavoro subordinato, non sono stabiliti a caso, ma sono il frutto di lotte sindacali, dialoghi tra datori di lavoro e lavoratori subordinati, scioperi e proteste che hanno condotto prima all’entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori e poi all’introduzione di una serie di norme, nazionali ed europee, a tutela dei lavoratori.

La Direttiva 2003/88/CE adottata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il 4 novembre 2003 ha codificato la normativa europea già esistente in materia di orario di lavoro, con lo scopo di migliorare l’ambiente di lavoro e proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori. La direttiva, come prima cosa, illustra in maniera specifica ogni aspetto inerente l’orario lavorativo, definendo:

-             orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali

-             periodo di riposo qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro,

-             periodo notturno qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo fra le ore 24 e le ore 5,

-             lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale, nonché qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dello Stato membro interessato, dalla legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali, o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali a livello nazionale o regionale,

-             lavoro a turni qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane,

-             lavoratore a turni qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni

-             riposo adeguato il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori che perturbano l'organizzazione del lavoro, causino lesioni a sé stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine.

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Sei un medico e vuoi sapere come l'Unione Europea tutela il tuo diritto al riposo? Scopri le norme chiave sull'orario di lavoro e le garanzie specifiche per i lavoratori notturni e a turni.

Secondo la normativa europea ogni lavoratore deve beneficiare, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di 11 ore consecutive di riposo.

L’orario giornaliero non deve superare le sei ore, e il lavoratore ha diritto a una pausa secondo la durata, le condizioni e le modalità fissate dai contratti collettivi o dalle singole leggi nazionali.

Ogni lavoratore ha inoltre diritto al riposo settimanale, consistente in un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore ogni 7 giorni, cui si vanno a sommare le 11 ore di riposo giornaliero già previste dalla normativa.  Se le condizioni di lavoro lo giustificano, sotto il profilo oggettivo, tecnico o di organizzazione del lavoro, il tempo minimo di riposo può essere fissato addirittura in 24 ore.

La durata settimanale del lavoro deve essere espressamente limitata per legge o regolamento o contrattazione collettiva, e comunque la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non deve superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.

Ogni lavoratore deve beneficiare di almeno 4 settimane di ferie annuali retribuite, non rinunciabile e non sostituibile con un’indennità economica, salvo i casi di cessazione del rapporto di lavoro.

lavoratori notturni (come ad esempio i sanitari ospedalieri), sono soggetti a cautele particolari, in quanto:

-             l’orario di lavoro notturno non deve superare le 8 ore in media per periodo di 24 ore,

-             se il tipo di lavoro comporta rischi particolari o tensioni fisiche/mentali rilevanti, il lavoratore notturno non deve lavorare per più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettua il lavoro notturno.

I lavoratori notturni, proprio per la particolarità della prestazione svolta rispetto al lavoro diurno, hanno diritto a beneficiare gratuitamente di una valutazione del loro stato di salute, sia prima dell’assegnazione che in seguito, ad intervalli regolari; i lavoratori notturni che presentano dei problemi di salute riconducibili causalmente alla prestazione lavorativa svolta di notte hanno il diritto ad essere trasferiti a un lavoro diurno che sia idoneo.

I lavoratori notturni e quelli che fanno lavori a turni, come ad esempio il personale infermieristico o medico ospedaliero, hanno il diritto a beneficiare di un livello di protezione in materia di salute e sicurezza sul lavoro che sia adattato specificamente alla natura della prestazione lavorativa che offrono.

L’Unione Europea, in materia di tutela del lavoratore, impone agli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per organizzare il lavoro secondo un ritmo che tenga conto del principio generale dell’adeguamento del lavoro all’essere umano: si lavora per vivere, ma non si vive per lavorare!

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2. L’attuazione in Italia della direttiva e il paradosso del personale del SSN

La Direttiva Europea fissa, per ogni Stato membro, degli obiettivi da raggiungere secondo un determinato percorso: l’Italia, tuttavia, in campo sanitario – così come in molti altri – è stata ed è tuttora, purtroppo il fanalino di coda.

La Direttiva 2003/88/CE di cui abbiamo parlato poc’anzi, infatti, è stata recepita in Italia con il d.lgs. 66/2003, il quale ha introdotto:

  1. a) un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutivo nel corso di ogni 24 ore,
  2. b) un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore ogni 7 giorni,
  3. c) un orario settimanale medio non superiore a 48 ore, compreso il lavoro straordinario, da calcolarsi secondo un particolare calcolo aritmetico.

Paradossalmente, tuttavia, questi benefici non sono stati immediatamente applicati al personale del comparto sanitario!

Il solito “codicillo” ha infatti stabilito che tutte le tutele relative agli orari e ai turni dei lavoratori introdotte dalla direttiva europea:

-             non si applicano al personale del ruolo sanitario del Servizio Sanitario Nazionale (art. 3 comma 85 legge n. 244/2007),

-             non si applicano al personale delle aree dirigenziali delle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale, per la particolare qualifica posseduta e le necessità di conformare l’impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell’incarico dirigenziale affidato: in pratica, per lo Stato italiano, se sei un dirigente medico devi perire sotto il peso dei turni massacranti (art. 41 comma 13 legge n. 133/2008).

In parole povere, sin dall’entrata in vigore della normativa, tutto il personale del Servizio Sanitario Nazionale non ha potuto godere dei riposi, ed inoltre i medici non hanno nemmeno potuto usufruire dei benefici derivanti dal monte orario previsto dalla direttiva.

Per questo motivo, venne aperta una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea nei confronti dell’Italia, a causa della discriminazione che i lavoratori del SSN subivano rispetto agli altri lavoratori di qualunque altro settore.

A seguito dell’avvio della procedura di infrazione, furono abrogate le deroghe per i medici e per il personale sanitario, a partire dal 25 novembre 2015: tuttavia, i diritti negati dal 2008 al 2015 sono rimati tali, tant’è che  Consulcesi ha avviato un’azione collettiva in favore dei suoi iscritti per chiedere il risarcimento del danno subito dai medici in conseguenza della violazione della direttiva 88/2003 CE.

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3. I turni massacranti dei medici italiani

Le norme sui turni di lavoro e sulla tutela dei medici ospedalieri per evitare di sottoporli a turnazioni impossibili, di fatto, si sono rivelate inutili: basta fare un giro in qualunque reparto ospedaliero italiano per toccare con mano la carenza di personale medico che costringe dottori anche in avanti con l’età a svolgere turni inumani e gestire quantitativi di pazienti abnormi.

A risentirne non è solo la salute e il benessere di quelli che, in epoca COVID, sono stati definiti i nostri “angeli”, ma anche la cura dei pazienti: lunghe ore di lavoro, mancanza di pause adeguate, turni notturni senza fine e senza pause rischiano di compromettere le capacità reattive del medico, che senza riposo sufficiente non può garantire al 100% la qualità della propria prestazione, specialmente in reparti come quelli dedicati alle urgenze.

La mancanza di sonno e il sovraccarico di lavoro, inoltre, possono portare a una serie di problemi fisici e mentali, tra cui stanchezza cronica, disturbi del sonno, problemi cardiovascolari, stress, burnout, ansia e depressione, oramai sempre più diffusi tra il personale, con il rischio di ridurre ulteriormente il numero di medici a disposizione del SSN, costretti ad assentarsi per curare la propria salute e non compromettere quella dei propri pazienti a causa dei turni disumani.

Studi della Fnomceo risalenti addirittura al 2008 hanno dimostrato che i turni troppo pesanti alterano le prestazioni dei medici, al punto tale che circa il 30% degli errori che si verificano nelle ore finali del turno notturno potrebbe essere evitato.

Gli studi condotti dal team legale di Consulcesi restituiscono un quadro allarmante: dopo la pandemia le richieste di assistenza da parte dei professionisti sanitari stremati dai turni massacranti sono aumentate di oltre il 30%, segno che il nostro SSN è destinato a crollare, perché retto dalle disumane fatiche di professionisti sottoposto inutilmente a un superlavoro.

4. L’errore medico da superlavoro

Ogni medico conosce bene i principi generali che regolano la responsabilità sanitaria: la legge Gelli Bianco (n. 24/2017) stabilisce che il professionista medico, nell’esercizio delle sue funzioni, per evitare di incorrere in responsabilità deve attenersi alle raccomandazioni previste nelle linee guida pubblicate da istituzioni pubbliche e private, da società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in un apposito elenco regolamentato dal Ministero della salute e aggiornato ogni due anni; nel caso in cui le linee guida non siano ancora state elaborate per quella determinata materia/attività, il medico dovrà improntare la propria attività al rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali.

Per quanto concerne la responsabilità penale da morte o lesioni derivanti dall’attività medica, l'art. 590 sexies, stabilisce che qualora l'evento si verifichi a causa di imperizia, il professionista sanitario non può essere punito se ha rispettato le linee guida o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni ivi previste siano adeguate al caso concreto e alle sue specificità.

Ma se l’errore medico deriva dall’eccessivo carico di lavoro cui l’azienda sanitaria lo ha sottoposto, cosa succede?

Sotto il profilo della responsabilità, la situazione si complica.

Se, difatti, in caso di errore medico la responsabilità diretta può essere attribuita al professionista secondo i criteri che abbiamo appena descritto, nel caso in cui l’errore derivi da condizioni di lavoro non sicure, l’azienda sanitaria non può tirarsi indietro dalle proprie responsabilità.

È vero che ogni professionista sanitario deve operare con la massima diligenza, prudenza e competenza, ma è pur vero che se il medico è stato costretto a lavorare in condizioni estreme, la sua capacità di rispettare questi standard può essere compromessa.

Le strutture sanitarie hanno, infatti, l'obbligo di garantire condizioni di lavoro sicure per i propri dipendenti, e ciò include il rispetto delle normative sugli orari di lavoro e il diritto al riposo, che ad oggi, nella maggior parte degli ospedali italiani, sono completamente ignorate.

È dello scorso anno, ad esempio, il caso di un ortopedico che, sottoposto per anni a turni di lavoro e ritmi massacranti, ha subito un infarto del miocardio: il medico ha citato in giudizio l’azienda sanitaria ed è riuscito ad ottenere il ristoro del danno subito e il riconoscimento del nesso causale tra l’infarto e il superlavoro derivante dal mancato rispetto delle norme sui turni, che hanno fatto diventare l’ambiente di lavoro nocivo per il sanitario, tanto da rischiare di provocarne la morte (se vuoi conoscere l’intera vicenda, leggi l’articolo su Consulcesi).

Non mancano le proposte legislative per prevedere un’ipotesi di esonero della responsabilità del medico nel caso in cui il suo errore sia derivato dal fatto che è stato sottoposto a superlavoro da parte dell’azienda ospedaliera: di fatto, però, si tratta solo di proposte discusse in parlamento che, ad oggi, non sono mai state tradotte in legge, nonostante l’attualità del tema e la sua importanza per la salute dei cittadini.

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5. Superlavoro del medico: come tutelarsi?

Il superlavoro dei medici è una questione che richiede un approccio multifattoriale per essere affrontata efficacemente: la normativa, sia italiana che comunitaria, offre diversi strumenti di tutela legale per proteggere i medici da condizioni di lavoro eccessive e pericolose. È fondamentale, tuttavia, che i medici siano ben consapevoli dei loro diritti e che si avvalgano delle tutele previste dalla legge per garantirsi un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso della loro salute.

Al di là degli obblighi previsti dalla normativa europea e descritti nel primo paragrafo di questa guida, è bene che il medico sappia che il suo datore di lavoro è obbligato a garantirgli delle condizioni di lavoro che siano sicure e salubri: l’art. 2087 del codice civile, infatti, impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori.

Nell’ipotesi in cui il medico sia costretto dall’azienda ospedaliera a lavorare per un monte ore extra – senza pagamento dello straordinario – o nel caso in cui non siano rispettati i tempi della turnazione con i riposi obbligatori introdotti dalla Direttiva Europea, la prima cosa da fare è lamentarsi ufficialmente, inviando una pec al datore di lavoro per manifestare il proprio disagio per i turni massacranti e chiedendo il rispetto della normativa vigente.

Se il medico, anche dopo le lamentele via pec, non riesce a ottenere un dietrofront dall’azienda sanitaria, dovrà effettuare un tentativo di conciliazione con il datore di lavoro, con l’assistenza del rappresentante sindacale o di un legale; in caso di esito negativo, l’unica alternativa sarà quella di rivolgersi al Giudice del Lavoro per chiedere che il datore di lavoro rispetti i diritti del medico.

Il team Consulcesi è a disposizione dei suoi iscritti per predisporre tutta la documentazione necessaria, sin dall’invio della prima pec di diffida, in maniera professionale, in modo tale da predisporre le prove necessarie per una futura vertenza nei confronti dell’azienda sanitaria.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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