WhatsApp a lavoro: gli screenshot dei messaggi possono diventare prove?

Scopri quando i messaggi WhatsApp sono utilizzabili come prova in un processo. Requisiti di validità e modalità di acquisizione per garantirne l'efficacia.

Sommario

  1. Cosa dice la legge sugli screenshot di chat e messaggi?
  2. Gli screenshot possono valere come prova

In un mondo ormai sempre più legato a processi di comunicazione digitale, si registra anche nell’ambito del lavoro l’uso (o forse, sarebbe meglio dire l’abuso) dei social per scambiare informazioni, comunicazioni e finanche documenti fra soggetti impegnati in un reparto.

Lo strumento della messaggistica è diventato, soprattutto attraverso la creazione dei gruppi chat, la modalità preferita, anche in campo sanitario, per veicolare circolari, direttive, richieste di cambio turno, permessi, ferie e quant’altro strumentale all’organizzazione di un reparto.

L’idea comune che si tratti della modalità più veloce ed  informale per raggiungere l’obbiettivo di una migliore organizzazione del lavoro si scontra, inesorabilmente, con il rigore del mondo del diritto, dove ogni fatto acquisisce una rilevanza giuridica, di cui talvolta non si tiene doverosamente conto.

Viene quindi da chiedersi in caso di contenzioso, quale valore probatorio può assumere la stampa dello screenshot di un messaggio ricevuto via WhatsApp?

Cosa dice la legge sugli screenshot di chat e messaggi?

Per poter rispondere alla domanda, occorre dapprima ricordare che l’art. 2712 c.c., che disciplina le cd. “riproduzioni meccaniche”, prevede espressamente che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Il successivo art. 2719 c.c. – rubricato invece sotto il titolo “copie fotografiche di scritture” – prevede che “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”.

Ne consegue che, in virtù di ciò, anche la messaggistica contenuta nelle piattaforme social comunemente utilizzate rientra, a buon diritto, nell’ambito delle cd. rappresentazioni meccaniche di fatti e cose, che possono assumere valore di prova sempre che il soggetto, nei cui confronti vengano prodotte, non le disconosca.

Laddove ne sia contestata la conformità all’originale, ovvero la provenienza dall’autore del messaggio, rientra comunque fra i poteri del giudice accertarne la veridicità anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

Gli screenshot possono valere come prova

Da tempo, la giurisprudenza di cassazione va ripetendo che il messaggio di posta elettronica (ossia, le e-mail) al pari dei messaggi veicolati sulle piattaforme social (facebook, whatsapp ecc…) rappresentano documenti elettronici che contengono, al loro interno, la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

Questi documenti, sebbene non risultino sottoscritti, rientrano in ogni caso fra le cd. riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche, così come disciplinate dall’art. 2712 c.c., per cui al pari di queste fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Le stesse SS.UU., con la sentenza n. 11197/2023, hanno infatti affermato che “i messaggi “whatsapp” e gli ”sms” conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una “chat” di “whatsapp” mediante copia dei relativi “screenshot”, tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi.

Proprio nei giorni scorsi, questo orientamento è stato confermato dalla stessa Corte che, con ordinanza n. 1254/2025, ha ribadito l’efficacia di probatoria degli screenshot delle chat WhatsApp alle quali, nel caso di specie, è stato attribuito il valore di riconoscimento di un debito che un prestatore di opera professionale vantava nei confronti del proprio cliente che non aveva corrisposto il prezzo pattuito.

Quest’ultimo aveva contestato, nel giudizio di legittimità, l’efficacia probatoria delle depositate copie fotografiche dei messaggi scambiati con il fornitore del servizio, ritenendole non sufficienti a garantire la certezza della provenienza, venendo però contraddetto dalla stessa Corte Suprema che, invece, hanno ritenuto pienamente soddisfatti i requisiti di provenienza ed affidabilità della riproduzione fotografica dei messaggi whatsapp conservati nella memoria del cellulare del creditore.

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Di: Francesco Del Rio, avvocato

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