Il termine stalking deriva dal verbo inglese to stalk, che significa fare la posta, braccare, pedinare: con la parola stalking si definisce la condotta di un soggetto che è ossessionato da un’altra persona.
Quando si parlava di stalking, fino a pochi anni fa, venivano in mente solo i fatti relativi a persone ossessionate da personaggi famosi poi sfociati in efferati delitti: l’omicidio di John Lennon, assassinato da un fan che voleva punirlo perché aveva abbandonato i Beatles, oppure il caso delle attrici Theresa Saldana e Rebecca Schaeffer, che furono pugnalate a morte dai rispettivi stalker negli anni ’80.
Da qualche anno, invece, le cronache italiane sono purtroppo costellate di episodi persecutori nei confronti di povere vittime che spesso finiscono per essere gravemente menomate o addirittura uccise dai loro carnefici: fidanzati o coniugi che non accettano la fine di un rapporto e perseguitano l’ex partner oppure lavoratori perseguitati dai datori di lavoro e dai colleghi.
Potrà sembrare strano, ma le cronache ci insegnano che il mondo della sanità è un terreno fertile per fenomeni del genere: accade molto spesso che il paziente sviluppi per il proprio medico una vera e propria ossessione, che sfocia in intrusioni non richieste nella sfera privata e personale, molestie, aggressioni verbali e fisiche, pedinamenti, danneggiamenti ai propri beni. Inoltre, non è raro che atti persecutori vengano compiuti da un ex dipendente della struttura sanitaria nei confronti del dirigente medico che lo ha licenziato.
La legge “anti-stalking”: il decreto legge n. 11 del 2009
Il decreto legge n. 11/09 ha introdotto nel nostro Paese una serie di tutele per le vittime di atti persecutori, con degli scopi molteplici:
- fornire una risposta concreta nella lotta contro la violenza in generale e contro la violenza sulle donne in particolare;
- dare un segnale di forza e di intransigenza nei confronti di coloro che commettono il reato di atti persecutori,
- costituire un segnale di riconoscimento e di attenzione, tangibile ed evidente, per le vittime di questi reati;
- dimostrare alle vittime che lo Stato c’è, ed ha finalmente deciso di offrire loro una tutela più incisiva rispetto a quella precedente, di fatto inesistente.
Già nel 2009 gli estensori della legge riscontrarono un’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza, sia singola che di gruppo, riscontrando nelle cronache dell’epoca un diffuso e generale stato di allarme sociale. Il legislatore, con il decreto legge n. 11/2009 scelse di fronteggiare i fenomeni di violenza modificando le norme vigenti, ritenute inadeguate per risolvere e contrastare in maniera attiva e concreta l’incremento preoccupante di questi episodi: trovarono così ingresso in Italia il fenomeno dell’ammonimento nei confronti dello stalker e il reato di atti persecutori (stalking).
L’ammonimento
Se un sanitario – ma anche un normale cittadino – viene perseguitato da un altro soggetto, può scegliere di seguire due strade alternative:
- Chiedere l’ammonimento del suo persecutore,
- Sporgere querela nei confronti del suo stalker.
Fino a quando non è proposta la querela, la vittima può recarsi presso le forze dell’ordine, esporre i fatti di cui è vittima e formulare al Questore la richiesta di ammonimento nei confronti del persecutore: i carabinieri o la polizia, nel momento in cui ricevono questa richiesta, sono obbligati a trasmetterla al Questore senza ritardo.
Il Questore, una volta ricevuta la richiesta di ammonimento, se lo ritiene necessario può assumere informazioni dalle forze dell’ordine e decidere di sentire tutte le persone che possano avere delle informazioni utili sulle persecuzioni subite dalla vittima. Se il Questore ritiene fondata la richiesta formulata dal soggetto perseguitato, ammonisce oralmente lo stalker, invitandolo a tenere una condotta che sia conforme alla legge, e adotta inoltre tutti i provvedimenti che ritiene necessari in materia di armi e munizioni (ad esempio può decidere di revocare un eventuale porto d’armi). L’ammonimento verbale del Questore, tuttavia, può rivelarsi insufficiente a fermare un persecutore ossessionato dalla sua vittima: in questo caso, se lo stalker già ammonito dal Questore continua a perseguitare la vittima, verrà aperto d’ufficio – senza cioè la necessità di una denuncia – nei suoi confronti un fascicolo per stalking presso la locale Procura della Repubblica.
Il reato di atti persecutori
Il decreto legge n. 11/09 ha introdotto nel codice penale un nuovo reato, che va a punire tutti coloro che commettono stalking in danno delle loro vittime: si tratta del reato di atti persecutori, punito dall’art. 612 bis del codice penale. La norma ritiene che sia persecutoria la condotta di chiunque, con delle condotte reiterate nel tempo, minacci o molesti un’altra persona, provocandogli, alternativamente:
- Un perdurante e grave stato di ansia o di paura,
- Un fondato timore per la sua incolumità, per quella di un prossimo congiunto o di una persona legata alla vittima da una relazione affettiva,
- Costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.
Sono esempi di atti minacciosi o persecutori
- il danneggiamento dei beni che appartengono alla vittima o gli atti di vandalismo;
- i continui appostamenti nei confronti della vittima presso la sua casa, sul luogo di lavoro o sui luoghi che frequenta abitualmente, cercando di avvicinarla insistentemente, anche contro la sua volontà;
- il seguire la vittima per strada, spiarla, sorvegliarla, scattare fotografie e realizzare video che la ritraggono a sua insaputa;
- le continue telefonate ripetute nel corso della giornata, magari anche senza parlare, solo per sentire la voce della vittima;
- il continuo invio di sms, e-mail, contatti tramite social network;
- le minacce e le intimidazioni alla vittima o a persone che le sono vicine, come i familiari, gli amici, i colleghi di lavoro;
- il continuo recapito di oggetti o regali indesiderati alla vittima, oppure di scritti o lettere sul parabrezza dell’auto, al lavoro o nella cassetta della posta.
Per il reato di stalking è prevista una pena minima di un anno e una massima di sei anni e sei mesi di reclusione; la pena è aumentata se lo stalker:
- è il coniuge, anche separato o divorziato, della vittima,
- è una persona che è oppure è stata legata alla vittima da una relazione affettiva,
- se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è addirittura aumentata fino alla metà nell’ipotesi in cui lo stalking venga commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza, di una persona con disabilità, da una persona travisata oppure con l’ausilio di armi.
Una vittima di stalking, se vuole che il suo persecutore sia punito, deve sporgere nei suoi confronti una querela, entro sei mesi dalla data in cui ha subito le persecuzioni; la querela non è necessaria nel caso in cui la vittima sia un minore: in questi casi, la Procura procederà d’ufficio nei confronti dello stalker.
Le prove da fornire al giudice con la querela: consigli pratici
Quando si è vittima di stalking e si riesce a trovare il coraggio di denunciare il proprio persecutore, è importante cercare di procurarsi tutte le prove possibili da fornire agli inquirenti assieme alla denuncia, in modo da permettere loro di inchiodare l’aguzzino.
Certo, quando si è perseguitati e si vive in un costante stato di paura e di ansia, anche per i propri cari, e si devono cambiare le proprie abitudini per colpa di un’altra persona, non è certo semplice rimanere lucidi e cercare di procurarsi delle prove che possano reggere durante un processo. Ecco quindi alcuni consigli pratici.
Se ad esempio un medico viene appostato tutti i giorni davanti al suo studio privato da un ex paziente, sarà utilissimo fornire agli inquirenti i video dell’impianto di videosorveglianza che ritraggono il persecutore fuori dallo studio: attenzione però, ricordiamo che l’impianto non conserva i video per sempre, ma solo per un paio di giorni, dopodiché vengono sovrascritti dalle nuove immagini. Se ci troviamo in una situazione del genere, è bene scaricare i video quotidianamente sul PC o su un supporto esterno, per non perderli e poterli consegnare agli inquirenti.
Se il medico viene quotidianamente chiamato al cellulare dall’ex paziente, che lo insulta e lo minaccia, può essere molto utile attivare il registratore automatico che si trova sullo smartphone, dicendo chiaramente all’interlocutore che si sta registrando la conversazione: solitamente, lo stalker è talmente ossessionato da non curarsi di essere registrato, anzi inveisce ancora di più contro la sua vittima. Queste registrazioni, da estrarre dal cellulare con l’aiuto di un tecnico informatico che ne realizzi una copia forense, saranno utilissime per le indagini e il successivo processo.
Se il medico subisce persecuzioni sul lavoro da parte di colleghi o superiori, che ad esempio danneggiano o sottraggono i suoi oggetti personali oppure lo insultano e/o minacciano ingiustamente (circostanze, purtroppo, più comuni di quanto si possa credere), è bene segnalare per iscritto – possibilmente via p.e.c. – al datore di lavoro queste circostanze.
Solitamente la vittima di stalking, cambiando le sue abitudini, evita di andare in giro da sola e si accompagna con un familiare, un amico, un collega di lavoro che lo possa sostenere e tranquillizzare anche nelle attività più semplici: è importante, nella denuncia, cercare di contestualizzare tutti gli episodi, appuntando magari su un notes o sul cellulare data, ora e luogo in cui si è verificata la persecuzione e i nominativi delle persone presenti, per indicarle come testimoni.
Per quanto riguarda, infine, tutto ciò che ha a che fare con lo stalking attuato con mezzi informatici e digitali (ad esempio video e foto di minacce e insulti, messaggi vocali, post sui social network) è fondamentale procurarsi una copia forense di questi file, rivolgendosi a un tecnico specializzato: la copia forense, infatti, è pressoché inattaccabile durante il processo, e dà la garanzia di riuscire a provare i fatti di cui si è stati vittima.