Legge 104: perché è stata introdotta e quali obiettivi si è prefissata sin dall’inizio
La Legge 104 del 1992 rappresenta una pietra miliare nel panorama normativo italiano in tema di disabilità. La sua introduzione ha segnato un cambiamento radicale nel modo di concepire i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ponendo al centro l'inclusione sociale, il sostegno ai caregiver e l'abbattimento delle barriere che ostacolano la piena partecipazione alla vita sociale, culturale e lavorativa.
Sin dalla sua approvazione, la Legge 104 si è prefissata obiettivi ambiziosi e di ampio respiro, quali
- Promuovere l'autonomia e l'inclusione delle persone con disabilità
- Garantire pari opportunità attraverso misure concrete volte a favorire l'accesso all'istruzione, al lavoro e ai servizi sociali.
- Supportare le famiglie e i caregiver
- Riconoscere il ruolo cruciale dei caregiver, introducendo agevolazioni come i permessi retribuiti e strumenti di sostegno economico e psicologico.
- Favorire l'accessibilità
- Rimuovere le barriere architettoniche, culturali e sociali, promuovendo la piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita pubblica e privata.
- Assicurare un sistema di tutela globale
- Prevedere interventi assistenziali permanenti e personalizzati, volti a garantire un miglioramento continuo della qualità di vita delle persone con disabilità grave.
La normativa si basa su alcuni principi chiave che hanno guidato la sua applicazione:
- Centralità della persona per cui ogni intervento è pensato per rispondere alle esigenze specifiche del singolo, valorizzando le sue capacità residue;
- Solidarietà familiare e sociale e quindi il sostegno alle famiglie è riconosciuto come elemento fondamentale per la gestione della disabilità;
- Prevenzione e riabilitazione e quindi la legge sottolinea l'importanza di interventi riabilitativi e di prevenzione per migliorare l'autonomia della persona.
Come si è evoluta nel corso del tempo?
Nel corso degli anni, la Legge 104 è stata oggetto di importanti modifiche e aggiornamenti, per adeguarla ai cambiamenti sociali, economici e culturali. Vediamo le tappe principali di questa evoluzione.
L'Italia ha ratificato la Convenzione ONU nel 2009, integrandone i principi nella normativa nazionale. Questo ha portato a una ridefinizione del concetto di disabilità, non più legata esclusivamente alle condizioni fisiche o mentali della persona, ma vista come il risultato dell'interazione con le barriere presenti nell'ambiente.
La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), adottata dall'OMS, è stata progressivamente integrata nei criteri di valutazione della disabilità. Questo approccio consente di considerare non solo le limitazioni funzionali della persona, ma anche il contesto in cui vive.
Sono state introdotte misure aggiuntive per i caregiver, come:
- Permessi lavorativi flessibili
- Incentivi economici e sgravi fiscali
- Supporto psicologico e formazione specifica
Negli ultimi anni, sono stati avviati processi di digitalizzazione per facilitare l'accesso ai benefici previsti dalla legge, riducendo i tempi di attesa e semplificando le pratiche burocratiche.
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Cosa cambia con la riforma dei permessi 104? Analisi delle modifiche e delle nuove regole per i lavoratori e i caregiver.
2. Cosa prevedeva la Legge 104 prima della riforma?
Prima della riforma, il suo scopo principale era garantire l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti di cittadini con disabilità, ma prevedeva anche specifici benefici in ambito lavorativo e scolastico. La Legge 104 prevedeva innanzitutto una serie di diritti diretti alla persona con disabilità, con l’obiettivo di favorirne l’integrazione nella società. Tra le principali misure era inclusa la possibilità per le persone disabili di ottenere l’accesso a una serie di servizi socio-sanitari, con agevolazioni fiscali per l'acquisto di ausili e protesi, oltre alla possibilità di fruire di permessi retribuiti per necessità legate alla disabilità.
Un altro aspetto fondamentale della legge era l'introduzione di permessi lavorativi per i familiari che assistono persone con disabilità grave. I lavoratori che avevano in famiglia persone con disabilità grave, infatti, avevano diritto a tre giorni di permesso retribuito al mese, una misura pensata per permettere ai caregiver familiari di prendersi cura dei propri cari. Il permesso poteva essere utilizzato anche per accompagnare la persona con disabilità a visite mediche o terapie.
Altro settore di applicazione della Legge 104 era il mondo della scuola. La legge prevedeva l’obbligo di adottare politiche di inclusione scolastica, assicurando alle persone disabili l'accesso all'educazione, con adeguamenti delle strutture e il supporto di personale educativo specializzato. In particolare, le scuole erano tenute a predisporre percorsi personalizzati, anche grazie all'inserimento di insegnanti di sostegno, affinché le persone con disabilità potessero proseguire il proprio percorso educativo senza discriminazioni.
La Legge 104 prevedeva anche una serie di agevolazioni fiscali per le persone con disabilità e per i familiari che le assistevano. Queste includevano esenzioni e riduzioni delle tasse relative all’acquisto di veicoli adattati, abbattimenti dell’Iva su alcuni acquisti di prodotti e dispositivi necessari per la persona disabile e agevolazioni per le spese sanitarie. Inoltre, la legge riconosceva il diritto a specifici benefici in ambito sanitario, come l’assistenza domiciliare e la possibilità di usufruire di strutture residenziali specializzate.
Per i lavoratori disabili, la Legge 104 stabiliva una serie di tutele, come il diritto a essere impiegati in mansioni compatibili con la disabilità. Inoltre, i lavoratori disabili avevano diritto a usufruire di permessi speciali per la propria assistenza medica, e in caso di necessità, avevano la priorità nelle assunzioni nelle aziende pubbliche e private, nell’ambito di programmi di inserimento lavorativo protetto.
Prima della riforma, la Legge 104 rappresentava uno strumento fondamentale per la promozione dei diritti delle persone con disabilità in Italia. Nonostante alcune criticità legate all'effettiva applicazione delle sue disposizioni, la legge ha avuto il merito di stabilire una base di tutele sociali e lavorative che ha reso possibile l’integrazione di molte persone con disabilità. La riforma, infatti, ha introdotto modifiche in risposta alle sfide evolutive della società e per rendere ancora più efficaci le politiche di inclusione e assistenza.
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3. Cosa cambia con la riforma?
La riforma introdotta dal Decreto Disabilità ha portato ulteriori cambiamenti significativi alla Legge 104, ridefinendo alcuni articoli fondamentali. Tra i punti principali:
- Ridefinizione del concetto di disabilità
- Si passa da una definizione basata sulla minorazione fisica o psichica a un approccio che considera l'interazione con le barriere ambientali.
- Maggiore attenzione alla valutazione personalizzata
- L'introduzione dei domini ICF consente una valutazione più completa e personalizzata delle esigenze della persona.
- Nuove misure per l'inclusione lavorativa
- Progetti personalizzati per l'inserimento lavorativo, accompagnati da sgravi fiscali per le aziende.
La Legge 104 ha rappresentato una svolta fondamentale per la tutela delle persone con disabilità in Italia. Tuttavia, la sua applicazione ha incontrato alcune difficoltà nel garantire una piena inclusione sociale e lavorativa. Le recenti riforme, ispirate ai principi della Convenzione ONU e alle linee guida internazionali, segnano un passo avanti verso una maggiore equità e personalizzazione degli interventi. L’ evoluzione della Legge 104 riflette il cambiamento della società e la crescente consapevolezza dei diritti delle persone con disabilità. Nonostante i progressi, resta fondamentale continuare a monitorare l'applicazione delle normative, garantendo che i diritti sanciti dalla legge si traducano in reali opportunità per tutti. Il futuro della Legge 104 è legato alla capacità di adattarsi ai nuovi bisogni, promuovendo una società sempre più inclusiva e solidale.
La riforma dei permessi 104 ha acceso un ampio dibattito nell’opinione pubblica, suscitando preoccupazioni e aspettative. Le recenti modifiche normative hanno introdotto cambiamenti significativi che potrebbero ridefinire le modalità di fruizione dei permessi lavorativi. Parallelamente, il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il comparto sanità ha portato importanti novità per i medici ospedalieri neoassunti, specialmente per quanto riguarda gli aspetti salariali e le condizioni di lavoro.
La riforma si concentra su tre aspetti principali: il restringimento della platea dei beneficiari, una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro e un incremento dei controlli per prevenire eventuali abusi. Questi interventi mirano a rendere il sistema più efficiente e sostenibile, ma sollevano alcune perplessità in merito alla tutela dei diritti dei caregiver.
Innanzitutto, la riforma ha lavorato alla ridefinizione dei beneficiari, introducendo criteri più stringenti per l’accesso ai permessi 104. In particolare, sarà necessario dimostrare con maggiore precisione il grado di necessità dell’assistenza al familiare disabile. Questo potrebbe comportare difficoltà per alcune famiglie, specialmente per coloro che non possono contare su una rete di supporto esterna. In secondo luogo, ha cercato di insistere sulle modifiche alla flessibilità lavorativa, per cui viene promossa l’adozione di strumenti alternativi ai tradizionali permessi retribuiti, come lo smart working o l’adozione di orari flessibili. Questo approccio è pensato per andare incontro sia alle esigenze dei lavoratori sia a quelle delle aziende, ma potrebbe non essere sufficiente per tutti i contesti lavorativi, soprattutto in settori ad alta rigidità organizzativa. L’ introduzione di verifiche più rigorose mira a contrastare gli abusi che in passato hanno minato la credibilità del sistema. Saranno implementati sistemi di monitoraggio più avanzati, con il coinvolgimento di enti ispettivi e la digitalizzazione delle procedure per la richiesta dei permessi.
Uno degli aspetti più dibattuti riguarda il possibile impatto della riforma sui diritti dei lavoratori. Se da un lato la ridefinizione delle regole mira a garantire un utilizzo più equo ed efficiente delle risorse, dall’altro vi è il rischio che alcune categorie di lavoratori possano trovarsi in difficoltà. Per esempio, coloro che devono assistere familiari con disabilità gravi potrebbero affrontare un aggravio burocratico che rende più complessa la gestione dei permessi. Un altro punto cruciale è la compatibilità tra le nuove regole e la realtà del mercato del lavoro. Non tutti i settori sono ugualmente predisposti a offrire flessibilità organizzativa, e questo potrebbe creare disparità tra i lavoratori di diverse categorie.
L’articolo 3 della Legge 104/1992 ha rappresentato uno dei pilastri fondamentali della normativa, in quanto stabiliva le condizioni per il riconoscimento della disabilità e i criteri per accedere alle tutele previste dalla legge. Prima e dopo la riforma, l’articolo ha subito alcune modifiche significative, che riguardano in particolare la definizione di disabilità e l’ampliamento delle misure di supporto.
Prima della riforma, l’Art. 3 della Legge 104/1992, nel suo testo originario, definiva la disabilità come una condizione di minorazione fisica, psichica o sensoriale che, in relazione all'età, alla salute e all'ambiente in cui vive la persona, limita o impedisce l’autonomia personale, la partecipazione alla vita sociale e lavorativa.
L'articolo era diviso in due commi principali:
- Comma 1: Stabiliva che la disabilità fosse una condizione che riduceva o impediva la possibilità di svolgere le attività quotidiane, come il lavoro, l'istruzione, o la partecipazione alle attività sociali.
- Comma 2: Prevedeva l’istituzione di una commissione medica che doveva verificare la disabilità della persona, assegnando una percentuale di invalidità per determinare l'accesso a benefici specifici.
Dopo la riforma del 2019, introdotta dalla Legge 56/2019 (conosciuta anche come Legge di Bilancio 2019), ha modificato l’articolo 3, cercando di rendere più chiara e inclusiva la definizione di disabilità, spostando l’attenzione non solo sulla minorazione fisica, psichica o sensoriale, ma anche sugli svantaggi che queste condizioni comportano nella partecipazione alla vita sociale, lavorativa e culturale.
Le principali modifiche riguardano:
- Definizione di disabilità: Il nuovo testo pone maggiore enfasi sull'aspetto sociale della disabilità, integrando la definizione in modo che non si concentri soltanto sulla presenza di una minorazione, ma anche sul limite che tale minorazione crea nelle opportunità di partecipazione alla vita comunitaria e lavorativa. In altre parole, la disabilità è vista più come una costruzione sociale, in cui è la società che, con la sua organizzazione e le sue strutture, contribuisce a rendere la persona con disabilità "non pienamente partecipante" alla vita collettiva.
- Nessuna percentuale minima per l’accesso ai benefici: La riforma ha previsto che non sia più necessaria una percentuale minima di invalidità per godere delle tutele previste dalla Legge 104, come invece accadeva in passato. Ora, infatti, la valutazione viene fatta in base all'effettiva condizione di svantaggio che la persona vive, piuttosto che a una percentuale rigida di invalidità.
- Integrazione dei criteri di gravità: Sono stati introdotti maggiori dettagli riguardo alla grave disabilità, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento della disabilità grave e l'accesso a permessi lavorativi o a supporto economico. La riforma ha quindi cercato di rendere più preciso il riconoscimento della disabilità grave, introducendo parametri più specifici per una valutazione multidimensionale, che considera la gravità della condizione in relazione alle difficoltà quotidiane della persona.
Prima della riforma, l'art. 3 della Legge 104 era incentrato su una definizione di disabilità che, pur riconoscendo la minorazione, poneva maggiore enfasi sull'invalidità fisica. Dopo la riforma, si è cercato di ampliare la visione della disabilità, inserendo una valutazione più completa che considera anche il contesto sociale e la capacità di partecipare pienamente alla vita collettiva. La riforma ha quindi reso l’articolo più inclusivo, in linea con le moderne politiche di inclusione sociale e di supporto alle persone con disabilità.
Uno degli aspetti più discussi e cambiati dalla riforma della Legge 104 riguarda i permessi lavorativi per i familiari che assistono persone con disabilità. Fino alla riforma, la legge prevedeva il diritto per i lavoratori di usufruire di 3 giorni di permesso retribuito al mese per assistere familiari con disabilità grave, ma le modifiche introdotte recentemente hanno cambiato significativamente questo meccanismo. Fino al 2023, l’articolo 33 della Legge 104/1992 stabiliva che i lavoratori dipendenti (sia pubblici che privati) avessero diritto a 3 giorni di permesso retribuito al mese per assistere un familiare con disabilità grave, sia esso un genitore, un coniuge, un figlio o altro familiare convivente. Questo diritto si applicava a chiunque fosse riconosciuto come “caregiver” di una persona con disabilità grave e veniva utilizzato per prendersi cura della persona, accompagnarla a visite mediche o rispondere ad altri bisogni legati alla condizione di disabilità.
I permessi erano retribuiti e non cumulabili, ma costituivano una forma di tutela per i familiari, i quali spesso si trovavano a dover conciliare il lavoro con le esigenze di assistenza.
Nel 2023, con il Decreto Legislativo 105/2023, sono state introdotte modifiche rilevanti. In particolare, la riforma ha modificato il sistema dei permessi in due modi principali:
- Superamento dei 3 giorni mensili fissi: La riforma ha previsto che i permessi non siano più fissi e cumulabili su base mensile. Invece di tre giorni di permesso automatico ogni mese, i lavoratori avranno diritto a un numero di giorni variabile, che dipenderà dalla gravità della situazione e dalla necessità del caregiver. In altre parole, non esiste più un tetto di tre giorni fissi al mese.
- Permessi più flessibili e personalizzati: La riforma punta a rendere i permessi più flessibili e adattabili alle esigenze reali del lavoratore. Questo significa che il numero di permessi potrà essere determinato caso per caso, in base alla gravità della disabilità e alla necessità di assistenza, ma anche in relazione alla disponibilità di altre risorse, come l’assistenza professionale o domiciliare. Ad esempio, un lavoratore che si occupa di una persona con disabilità grave potrebbe avere diritto a più giorni di permesso se necessario, ma non ci sarà più un automatico diritto a tre giorni ogni mese.
- Obbligo di comunicazione al datore di lavoro: La riforma ha previsto che i permessi vengano richiesti con un certo anticipo e che il lavoratore comunichi con maggiore precisione le ragioni dell’assenza, per evitare fraintendimenti e garantire la gestione del lavoro in modo più organizzato. In questo modo, il sistema è diventato più trasparente e controllabile.
- Integrazione con altre misure di sostegno: Inoltre, la riforma ha cercato di integrare i permessi lavorativi con altre misure di sostegno economico e sociale, come il congedo per assistenza familiare e gli interventi di supporto a livello pubblico per i caregiver, per diminuire il carico di responsabilità sui singoli lavoratori e promuovere un sistema più inclusivo.
La modifica che ha superato i 3 giorni mensili fissi ha sollevato alcune critiche da parte dei sindacati e delle associazioni di categoria. Alcuni sostengono che la flessibilità dei permessi possa in realtà penalizzare i lavoratori, creando incertezze su quanti giorni di permesso saranno effettivamente concessi e generando un’ulteriore pressione sui caregiver.
D'altro canto, i sostenitori della riforma ritengono che questa nuova impostazione consenta una maggiore personalizzazione dell'assistenza e migliori condizioni di lavoro per i caregiver, adattandosi meglio alle reali esigenze familiari e alle circostanze di vita di ciascun lavoratore.
L'addio ai 3 giorni mensili fissi di permesso non significa che i diritti dei lavoratori siano stati diminuiti, ma piuttosto che il sistema di permessi è stato riformato per renderlo più flessibile e adattabile. Sebbene possa esserci una certa incertezza per i lavoratori che si occupano di persone con disabilità grave, l’intento della riforma è quello di permettere una gestione più mirata e personalizzata dell’assistenza familiare, rispondendo meglio alle diverse necessità quotidiane. Tuttavia, sarà necessario monitorare attentamente l’impatto di queste modifiche per comprendere se davvero porteranno a un miglioramento delle condizioni dei caregiver o se, al contrario, creeranno difficoltà organizzative nel mondo del lavoro.
Il ruolo del caregiver (ovvero della persona che assiste un familiare con disabilità) sta vivendo una trasformazione significativa in Italia, soprattutto alla luce delle recenti modifiche alla Legge 104/1992. Le riforme introdotte negli ultimi anni, in particolare con il Decreto Legislativo 105/2023, hanno ridefinito alcune dinamiche fondamentali relative ai permessi lavorativi, al supporto economico e alle modalità di assistenza. Vediamo quindi come cambiano le responsabilità, le tutele e le opportunità per i caregiver, sia in ambito lavorativo che sociale.
Tradizionalmente, la Legge 104 prevedeva che i caregiver avessero diritto a 3 giorni di permesso retribuito al mese per prendersi cura di un familiare con disabilità grave. Tuttavia, con la riforma del 2023, la possibilità di usufruire dei permessi è diventata più flessibile e personalizzata.
- Permessi non più fissi: I 3 giorni mensili fissi sono stati sostituiti con un sistema che consente di richiedere permessi in base alle realissime necessità di assistenza, con un numero variabile di giorni. Questo significa che i caregiver possono adattare il loro supporto alle esigenze specifiche della persona assistita, senza dover rispondere a un numero prestabilito di giorni ogni mese. La possibilità di avere più giorni di permesso, in caso di necessità, consente una gestione più dinamica della propria attività lavorativa e assistenziale.
- Richiesta anticipata e comunicazione: La riforma implica che i caregiver siano obbligati a comunicare con maggiore anticipo i giorni di permesso richiesti, il che implica una gestione organizzativa più strutturata della propria attività lavorativa e delle necessità familiari. Sebbene possa sembrare una maggiore responsabilità, questo cambiamento mira a evitare interruzioni impreviste e a rendere il processo più trasparente.
La figura del caregiver sta acquisendo sempre più rilevanza anche dal punto di vista economico e sociale. Infatti, la riforma della Legge 104 ha cercato di integrare le tutele lavorative con altre forme di sostegno economico e sociale.
- Congedo per assistenza familiare: Un altro strumento che sta guadagnando importanza è il congedo straordinario retribuito, che consente ai caregiver di astenersi dal lavoro per periodi prolungati al fine di assistere un familiare con disabilità grave. Questa misura è stata rafforzata, per rispondere alle necessità di chi si occupa a tempo pieno della cura di una persona con disabilità.
- Sostegno alle famiglie: In parallelo, sono state introdotte misure per ridurre il carico economico sulle famiglie, come il miglioramento dei servizi di assistenza domiciliare e la promozione di politiche per l’assistenza residenziale. Questo offre ai caregiver più possibilità di alleggerire il proprio carico, delegando alcune funzioni di assistenza a professionisti, ma mantenendo la propria centralità come figura di supporto.
La riforma ha ridefinito anche il concetto stesso di disabilità grave, passando da un sistema puramente medico (basato su percentuali di invalidità) a un approccio più sociale e contestuale. Oggi, la disabilità grave viene valutata in relazione alle difficoltà quotidiane che la persona affronta, in particolare nell’ambito lavorativo, educativo e sociale.
- Minore enfasi sulla percentuale di invalidità: Questo cambiamento ha un impatto diretto sui caregiver, poiché la definizione di disabilità si concentra più sulle necessità realistiche di assistenza che sulla mera classificazione della disabilità stessa. I caregiver possono, quindi, accedere a misure di supporto anche in assenza di una diagnosi definitiva o di una determinata percentuale di invalidità, a condizione che vi sia un riscontro delle difficoltà che la persona assistita affronta.
In un contesto più ampio, la riforma della Legge 104 si inserisce in un cambiamento culturale e sociale più profondo riguardo al ruolo delle persone con disabilità e alla responsabilità collettiva verso la loro integrazione.
- Sostegno alle politiche di inclusione: Il caregiver, sempre più visto come un “agente di cambiamento” e un facilitatore di inclusione, si inserisce in un quadro che va oltre la mera assistenza sanitaria. La Legge 104 prevede ora una visione più integrata delle politiche di inclusione sociale, che non si limitano alla disabilità ma abbracciano la qualità della vita complessiva della persona e del suo contesto familiare. Il caregiver diventa parte di una rete di supporto più ampia, che coinvolge servizi pubblici, strutture sanitarie e politiche locali.
- Migliore supporto psicologico: La crescente attenzione sulla dimensione emotiva del caregiver ha portato anche all’introduzione di politiche di supporto psicologico e sociale. La gestione di un familiare con disabilità grave implica, infatti, un notevole stress emotivo che va ben oltre l’aspetto pratico dell’assistenza. È per questo che i caregiver vengono sempre più coinvolti in percorsi di supporto psicologico, che mirano a favorire il loro benessere e a ridurre il rischio di burnout.
Il ruolo del caregiver sta evolvendo verso una figura sempre più riconosciuta e supportata. Le modifiche introdotte dalla riforma della Legge 104, infatti, non solo rendono più flessibili i permessi lavorativi, ma contribuiscono a reinventare il concetto di disabilità grave e a integrare il caregiver in un sistema di sostegno sociale più ampio. Sebbene il carico di responsabilità rimanga alto, la legge cerca di rispondere alle esigenze moderne di chi assiste una persona con disabilità, migliorando le possibilità di conciliare lavoro e vita privata, oltre a garantire un maggior supporto economico e psicologico.
4. Nuove prospettive per l’inclusione lavorativa e le modifiche al CCNL
Oltre alla riforma dei permessi 104, un altro tema rilevante è rappresentato dalle modifiche introdotte dal nuovo CCNL per il comparto sanità. I medici ospedalieri neoassunti sono tra i principali destinatari di queste novità, che mirano a migliorare le loro condizioni economiche e professionali.
Il nuovo CCNL prevede un aumento delle retribuzioni, con adeguamenti che tengono conto sia dell’anzianità sia delle responsabilità assunte. Questo intervento punta a valorizzare il lavoro dei giovani professionisti, spesso penalizzati da stipendi iniziali poco competitivi rispetto al carico di lavoro. Sono state introdotte, inoltre, nuove tutele per i turni notturni e festivi, con incentivi economici aggiuntivi per chi opera in reparti ad alta intensità. Inoltre, viene incentivata la rotazione dei turni per garantire un equilibrio tra vita lavorativa e personale. Un elemento di particolare rilievo è l’investimento sulla formazione professionale. Il nuovo contratto prevede fondi dedicati a corsi di aggiornamento e specializzazione, con l’obiettivo di migliorare le competenze dei medici e di garantire standard elevati di qualità nelle prestazioni sanitarie. La combinazione tra la riforma dei permessi 104 e le novità del CCNL rappresenta un cambio di paradigma per il mondo del lavoro italiano. Sebbene entrambe le riforme siano state pensate per rispondere a esigenze concrete di efficienza e sostenibilità, resta da vedere come saranno accolte dai diretti interessati e quali saranno i loro effetti pratici. Nel caso dei permessi 104, il rischio principale è che le nuove regole possano penalizzare i lavoratori più vulnerabili, riducendo la loro capacità di conciliare lavoro e vita privata.
D’altra parte, il nuovo CCNL per il comparto sanità sembra rappresentare un passo avanti nella valorizzazione delle professionalità mediche, ma sarà necessario monitorarne l’applicazione per verificarne l’efficacia. La riforma dei permessi 104 e le modifiche al CCNL sono il riflesso di un contesto lavorativo in continua evoluzione, in cui le esigenze dei lavoratori devono essere bilanciate con quelle delle aziende e delle istituzioni. Affrontare questi cambiamenti richiederà un dialogo costante tra le parti sociali, con l’obiettivo di garantire una maggiore equità e di sostenere il benessere dei lavoratori, senza compromettere l’efficienza del sistema produttivo e dei servizi pubblici. Solo il tempo potrà dire se queste riforme avranno raggiunto i loro obiettivi. Il Decreto Disabilità, approvato il 15 aprile 2024 dal Consiglio dei Ministri, introduce importanti novità per la Legge 104, il principale riferimento normativo in tema di disabilità. Dal 30 giugno 2024, sono in vigore nuove regole per l’accertamento della disabilità, semplificando il sistema e favorendo l’eliminazione delle visite di rivedibilità. Inoltre, dal gennaio 2025 partirà una fase sperimentale per applicare le nuove disposizioni a campione.
I principali cambiamenti che sono stati ravvisati riguardano certamente la definizione di disabilità per cui la condizione è ora intesa come compromissione duratura che, interagendo con ostacoli ambientali, limita la partecipazione della persona ai contesti di vita. Viene introdotta una valutazione multidimensionale che tiene conto delle esigenze individuali, con l’obiettivo di sviluppare un percorso personalizzato. L’accertamento della disabilità avviene tramite una visita collegiale, che deve concludersi entro termini precisi (15 giorni per patologie oncologiche, 30 giorni per minori, 90 giorni per gli altri casi). Cambiano i criteri di riconoscimento per accedere alle agevolazioni. La gravità della disabilità stabilisce priorità negli interventi e servizi pubblici, distinguendo tra sostegni di diverso livello (lieve, medio, intensivo). L’INPS è ora l’ente responsabile dell’accertamento e gestione della disabilità, garantendo maggiore centralità e uniformità nelle procedure.