Nel campo della ricerca sulle malattie rare, le associazioni di pazienti svolgono un ruolo chiave. Finanziano e indirizzano la ricerca secondo le reali esigenze della comunità, fungendo da ponte tra pazienti, istituzioni e autorità regolatorie, oltre a promuovere l’accesso alle terapie ed effettuare attività di advocacy. In questa video intervista, Giorgia Crimi, Patient Advocacy and Scientific Support Account di Fondazione Telethon, spiega come le associazioni possano finanziare la ricerca scientifica e indirizzarla sulle necessità reali dei pazienti. La Fondazione Telethon, ad esempio, supporta le associazioni attraverso bandi dedicati, incentivando progetti su patologie poco studiate o orientati alle esigenze specifiche dei pazienti. Giorgia Crimi evidenzia l'importanza di strumenti come i Seed Grant, che prevedono valutazioni da parte di esperti internazionali o mediante peer review, per garantire un impiego ottimale dei fondi raccolti. Inoltre, sottolinea il ruolo strategico dei registri di patologia: questi database raccolgono dati clinici, genetici ed epidemiologici fondamentali per attrarre trial clinici, facilitando il reclutamento dei pazienti e l’accesso alle nuove terapie. Infine, una volta approvate, le terapie continuano a beneficiare dell'impegno delle associazioni attraverso attività di advocacy, come la promozione di screening neonatali e l’uniformazione delle opportunità di accesso a livello nazionale.
Qual è il ruolo delle associazioni di pazienti di malati rari?
“Le associazioni di pazienti hanno un ruolo fondamentale nell'ambito delle malattie rare perché possono, da un lato, decidere di finanziare con i propri fondi la ricerca scientifica, indirizzandola alle reali esigenze dei pazienti della comunità che rappresentano, e fungere da ponte tra questi, le istituzioni e autorità regolatorie. Inoltre, possono sensibilizzare e migliorare l’accesso alle terapie. Esistono numerosi ambiti della ricerca in cui possono intervenire, a partire dalla ricerca di base. Noi, ad esempio, come Fondazione Telethon, offriamo il nostro supporto a tutte le associazioni che scelgono di investire i propri fondi in questa modalità, aprendo bandi specifici dedicati alla loro patologia. In questo modo, la comunità scientifica viene incentivata a interessarsi anche a patologie finora poco studiate, oppure ad indirizzare la ricerca verso le reali necessità dei pazienti”.
In che modo vengono impiegati i fondi erogati dalle associazioni di pazienti affetti da malattie rare?
“È fondamentale che i fondi, raccolti con grande impegno dalle associazioni, vengano impiegati al meglio. Ad esempio, nel caso dei nostri Seed Grant, si effettua una valutazione da parte di esperti internazionali o mediante una peer review, al fine di evitare che le associazioni investano in maniera non ottimizzata – ad esempio, distribuendo somme in piccole dosi o finanziando progetti che non abbiano superato il metodo di valutazione riconosciuto come efficace – rischiando così di impegnare fondi in progetti non validi”.
Cosa sono i registri di patologia?
“Un altro ambito in cui le associazioni possono intervenire riguarda i registri di patologia, spesso considerati di serie B, similmente ai registri di storia naturale. In realtà, questi registri sono estremamente importanti perché le malattie rare sono poco diffuse e distribuite in maniera non omogenea sul territorio, rendendo difficile ottenere dati statisticamente significativi per supportare la ricerca o la pratica clinica. La partecipazione a registri di patologia – ovvero database che raccolgono dati di natura clinica, genetica ed epidemiologica – consente di attrarre trial clinici. Sapere che esistono coorti ben caratterizzate, con centri clinici allineati agli standard e outcome definiti, può favorire la ricerca e permettere ai pazienti di accedere alle terapie attraverso gli studi clinici. Le associazioni rivestono, inoltre, un ruolo fondamentale nella fase di reclutamento dei pazienti per gli studi clinici. Infine, dopo l'approvazione della terapia e la sua immissione sul mercato, le associazioni hanno un ruolo importante nell’advocacy, sensibilizzando le istituzioni sull’importanza, ad esempio, di attuare screening neonatali a livello nazionale. Al momento, infatti, persistono notevoli differenze regionali per quanto riguarda l’accesso a queste terapie”.