Le ipoglicemie rappresentano la
complicanza acuta più comune tra le persone che soffrono di diabete. I casi di abbassamento di glucosio nel sangue sono più frequentemente riscontrati tra coloro che sono soggetti a trattamento insulinico, ma possono verificarsi anche durante terapie con antidiabetici orali.
Secondo l’ultimo report “Italian Diabetes Barometer Report” 2021, si registrano circa 9 episodi di ipoglicemia grave
ogni anno per ogni 100 persone con diabete di tipo 2, e tra le persone più anziane, si arriva fino a
15 episodi.
Questi impattano la qualità della vita con
costi indiretti e intangibili significativi. Da uno studio canadese è emerso infatti che “un terzo dei pazienti con ipoglicemia lieve/moderata e oltre l’80% di quelli con ipoglicemia severa hanno riferito maggiori paure delle ipoglicemie dopo l’evento”. In particolar modo,
oltre la metà delle persone affette da episodi di ipoglicemia
riducono la quantità di farmaci assunti (peggiorando così il loro controllo metabolico), e oltre
l’80% registra una
riduzione della produttività (nei casi gravi il 32% dei soggetti lascia il lavoro in anticipo e il 26% rimane a casa il giorno successivo a un evento).
Tipi di ipoglicemia e sintomatologia
Tra le cause dietro l’insorgenza di episodi: un’inadeguata alimentazione, la scorretta somministrazione dell’insulina, l’abuso di alcolici e l’
inadeguata attività fisica senza appropriata introduzione di carboidrati prima/durante e/o dopo l’esercizio. I sintomi possono variare da
tremore, sudorazione, e palpitazioni nei casi di grado lieve, a
cefalee, disturbi oculari, irritabilità e sonnolenza nei casi moderati, fino alla
perdita di coscienza e causare una molteplicità di comorbidità potenzialmente fatali nei casi di ipoglicemia grave.
“L’abbassamento di glucosio mette a rischio, in primis e in particolar modo, il
sistema nervoso, il
cuore e le
cellule nervose, tanto da poter favorire l’insorgenza di
infarti, ictus e altre malattie cardiovascolari”, ricorda
Vincenzo Toscano, Professore Ordinario FR di Endocrinologia presso l’Università Sapienza di Roma, ex-presidente dell’Associazione Medici Endocrinologi nella quale ad oggi ricompre il ruolo di Coordinatore Editoriale e della FAD - introducendo il
nuovo corso ECM “
Paziente virtuale: i disturbi da ipoglicemia. Diagnosticare e curare una sindrome ipoglicemica non comune”, realizzato con Consulcesi e aperto a tutti i professionisti della salute.
Reiterando l’importanza di incrementare l’
informazione “non solo tra le persone affette da diabete ma anche tra amici e famigliari che sono a stretto contatto con questi”, lo specialista ricorda che gli episodi di ipoglicemia compaiono in particolare
durante le ore notturne, oltre che dopo un’attività fisica e lontano dai pasti, e che “nei casi più gravi è spesso necessario l’intervento di altre persone per la somministrazione di glucagone”.
Novità nei trattamenti dell’ipoglicemia
A tale proposito, l’ultima novità farmacologica è del 2020. Si tratta di uno
spray intranasale che permette un più rapido e semplice intervento rispetto alla somministrazione intramuscolare o sottocutanea del glucagone tipicamente contenuto in fiale, che dovevano essere conservate in frigorifero. La nuova modalità poiché caratterizzata da
assorbimento passivo rappresenta un importante aiuto soprattutto
nella gestione degli episodi nei bambini e per i casi più gravi.
Anche la tecnologia arriva in supporto dei pazienti diabetici. Nuovi strumenti sono infatti disponibili per il controllo glicemico, come i
sensori applicabili sulla cute della grandezza di una moneta che oltre ad avvertire con segnali acustici livelli di ipo e iper-glicemia, possono essere collegati al proprio cellulare permettendo un
monitoraggio continuo.
Nuove scoperte
Tra le ultime ricerche quella pubblicata su
Frontiers in Endocrinology, e guidata dall'Università di Exeter, che mostrerebbe l’
identificazione di un possibile nuovo target nel cervello, che mostra la
necessità di una migliore comprensione della comunicazione cervello-pancreas nella gestione dell’ipoglicemia
.
Come raccontano i ricercatori su
News Medical, attraverso esperimenti di laboratorio su un “pre-clinical test compound” (
R481) hanno visto che questo entra nel cervello attivando l’
AMPK, un
importante indicatore dello stato energetico dell’organismo. Durante lo studio si è inoltre scoperto che “il farmaco aumenta la
difesa ormonale contro l'ipoglicemia, aumentando il rilascio del glucagone da parte del pancreas”.
Craig Beall, tra gli autori senior della ricerca, ha dichiarato: “I nostri risultati suggeriscono che l'accensione del misuratore di carburante nel cervello che abbiamo identificato potrebbe essere utile per prevenire l'ipoglicemia. Nel lungo termine, il nostro obiettivo è quello di creare una pillola che possa essere ingerita prima di andare a letto, per prevenire le ipoglicemie notturne. (…) Speriamo che un giorno potremmo essere in grado di dare un po' di pace alle persone diabetiche e ai genitori dei tanti bambini con diabete che non dovranno più temere un terribile episodio notturno”.
Solo in Italia, ad oggi oltre
200mila tra bambini e adolescenti convivono con il
diabete mellito. Con l’incidenza in costante aumento pressoché in tutto il mondo, questa patologia rappresenta la
più frequente malattia endocrina in età pediatrica e l’ipoglicemia la sua complicanza più temuta.
“Con le indagini che mostrano un
aumento di casi di obesità tra le patologie correlate allo sviluppo di diabete di tipo 2 ma non solo è fondamentale incoraggiare i cittadini ad una
maggiore prevenzione e parallelamente continuare a
formare i professionisti della salute per una
diagnosi precoce e sulle
ultime scoperte scientifiche”, conclude Toscano che nel
nuovo corso interattivo accompagna il professionista nell’esecuzione di
un’anamnesi accurata e
l’individuazione del percorso diagnostico più appropriato attraverso l’utilizzo del ‘paziente virtuale’.
La formazione a distanza, parte del
catalogo Consulcesi e disponibile fino al 31 dicembre 2022 (termine ultimo per
l’acquisizione dei crediti formativi ECM obbligatori) permette al partecipante di “imparare per errori”, attraverso la simulazione di casi clinici e un consulto medico. Questo potrà interagire con il paziente, richiedere altri esami diagnostici, prescrivere farmaci ed eventuali terapie.