Articolo a cura della dottoressa Maria Cristina Gori, docente di Neurologia presso l’Università La Sapienza
“Non faccio che pensare a lui/lei”, “occupa tutto lo spazio della mia mente”, leggo tutti i social in cui compare la sua persona”, “sto nell’estasi quando risponde ai miei messaggi e sprofondo nella disperazione quando mi sento ignorato/a”.
Questi pensieri, generalmente accettati sorridendo dall’opinione generale, quando il soggetto si innamora, possono in realtà celare l’inizio di un
pensiero intrusivo devastante che progressivamente si distacca dalla realtà per restare prigioniero di sé stesso, all’interno di uno stato alterato di coscienza, sino ad esprimersi, nelle fasi più avanzate, in una relazione francamente tossica.
La limerenza rappresenta lo
stato intermedio tra
innamoramento sano e
relazione tossica. Poter riconoscere la transizione da uno stato all’altro, l’evoluzione verso una franca patologia, è un obiettivo determinante tra i professionisti sanitari ai fini della prevenzione di
fenomeni violenti o di
profonda sofferenza.
Dall’innamoramento allo smarrimento dell’io
È un argomento ignoto alla maggior parte degli operatori sanitari, persino tra psicologi e medici che colpisce tra il
5 e il 20% dei soggetti nel corso dell’intera esistenza.
La limerenza interrompe il normale fluire della vita, nulla sarà più come prima. È uno stato di magia, finché la si vive. Durante la limerenza si perde il contatto con la propria storia, ci si fonde nell’identità immaginata dell’altro, si perde il
senso del tempo, si spezzano le catene della propria
identità, nella propria vita, del proprio
ruolo sociale per rifugiarsi all’interno di un sogno costruito ad hoc nella propria mente, con l’unico obiettivo di vivere la
reciprocità di un sentimento. Il ritorno alla realtà è uno dei momenti più sofferti che rappresenteranno una ferita per il resto della vita, per quanto si è perso, ma soprattutto per la consapevolezza di aver vissuto una relazione esclusivamente all’interno della propria mente.
Educazione affettiva: una necessità da colmare
L’arte di
amare l’altro per ciò che è deve essere considerata parte di una
educazione affettiva che a tutt’oggi manca a tutti i livelli. Non sappiamo dare un nome ai sentimenti che proviamo, confondiamo l’amicizia con l’amore, l’innamoramento con la passione, tentiamo di modificare il comportamento dell’altro come “dovrebbe” essere, per farlo aderire al nostro ideale. E nel fare questo rifiutiamo la sua reale identità, costringendolo in taluni casi ad un cambiamento che è velatamente o palesemente aggressivo e lesivo della sua dignità.
Imparare ad amare è un
obiettivo complesso, che dovrebbe far parte di una educazione affettiva che parta dall’
età infantile. Riconoscere i confini tra il sano ed il patologico, prevenire la sofferenza, ed ancora di più realizzare quel tipo di relazione di cui parla Gibran in cui “…
vi sia spazio nella vostra unione, E tra voi danzino i venti dei cieli. Amatevi l’un l’altro, ma non fatene una prigione d’amore: Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime. Riempitevi l’un l’altro le coppe, ma non bevete da un’unica coppa. Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane. Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo, come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale. Donatevi il cuore, ma l’uno non sia di rifugio all’altro, Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori. E siate uniti, ma non troppo vicini; Le colonne del tempio si ergono distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro”.
Al fenomeno della
limerenza è dedicato il
nuovo corso realizzato da Maria Cristina Gori per Consulcesi. Disponibile
fino al 31 dicembre - termine ultimo per l’acquisizione dei
crediti obbligatori per il triennio 2020-2022 - la formazione è in formato ebook ed aperta a tutte le professioni medico-sanitarie.
È medico chirurgo, specializzata in
Neurologia e in
Statistica Sanitaria, laureata anche in
Scienze Sociali e in
Scienze della Formazione. Il suo percorso formativo universitario si conclude con la laurea in
Psicologia e la specializzazione in
Psicoterapia. È docente a contratto di Neurologia presso l'Università La Sapienza di Roma.
Ha all’attivo diverse pubblicazioni su riviste internazionali e svolge attività di ricerca scientifica.
Dal 2015 è responsabile dell’Unità Riabilitativa Adulti del Consorzio UNISAN e dal 2016 è Direttore Sanitario del Centro Semiresidenziale Autismo UNISAN di Roma.