Di fronte alle sfide poste dalle malattie rare e dalle incompatibilità trasfusionali e materno-fetali, diventa imperativo che i medici siano adeguatamente formati per affrontare situazioni di emergenza potenzialmente letali. In questa intervista il professor Alvaro Ringressi, immunoematologo e trasfusionista che ha lavorato all’AOU Careggi di Firenze, approfondisce come la conoscenza specifica delle reazioni trasfusionali sia cruciale per la gestione tempestiva e sicura dei pazienti. Ringressi spiega che i sanitari «prima di tutto si devono preparare sapendo che esiste il problema», evidenziando come una preparazione preventiva consenta di riconoscere e intervenire prontamente su due tipologie di reazioni. Quella da emolisi extravascolare, che pur provocando una perdita costante di globuli rossi comporta una situazione clinica relativamente stabile, e quella da emolisi intravascolare, caratterizzata da una distruzione rapida dei globuli rossi che può scatenare una coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza renale e, in casi estremi, la morte.
Un ulteriore punto di forza evidenziato dall’esperto è l’attenzione verso i fenotipi rari, come il gruppo Bombay e il deficit di piruvato chinasi (PKD) - una rara malattia ereditaria caratterizzata da anemia emolitica, ossia da una prematura distruzione dei globuli rossi - che complicano ulteriormente la reperibilità del sangue compatibile in situazioni d’emergenza. Secondo Ringressi, la presenza di centri di riferimento, operativi 24 ore su 24, risulta essenziale per una diagnosi rapida e per la gestione efficace delle situazioni critiche.
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Inoltre, lo specialista sottolinea l’importanza dello screening genetico neonatale; lo definisce come un approccio che «taglia la testa al toro». Questa strategia, infatti, permette di identificare precocemente anomalie che potrebbero sfociare in complicanze gravi, rendendo la medicina preventiva non solo più efficace, ma anche economicamente meno costosa per il SSN.