Guida alla procreazione medicalmente assistita

La famosa legge n°40/2004, sulla procreazione medicalmente assistita, contiene una cornice normativa che, a livello applicativo, deve essere approfondita sulla base delle Linee Guida Ministeriali, soggette a revisione triennale e contenenti la casistica e le indicazioni pratiche su come comportarsi in caso di PMA. Scopriamo le novità delle nuove Linee Guida di maggio 2024.

Sommario

  1. La legge sulla procreazione assistita e le Linee Guida
  2. 2. I requisiti per poter accedere alla procreazione medicalmente assistita
  3. 3. La certificazione di infertilità o sterilità
  4. 4. Il Consenso informato
  5. 5. La consulenza e il sostegno psicologico della coppia
  6. 6. Le procedure di procreazione medicalmente assistita
  7. 7. I test genetici e gli obblighi informativi
  8. 8. Embrioni: sperimentazione e crioconservazione
  9. 9. La Scheda clinica di registrazione e il mantenimento dei dati
  1. La legge sulla procreazione assistita e le Linee Guida

La legge 40 del 19 febbraio 2004 ha disciplinato le modalità di ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) da parte dei cittadini affetti da problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità; grazie alla Corte Costituzionale, il ricorso alle tecniche di procreazione assistita è consentito anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili gravi, purché accertate da apposite strutture pubbliche.

Le procedure e le tecniche di procreazione medicalmente assistita non sono rimesse alla libera scelta del medico o delle strutture sanitarie, ma sono dettate dal Ministero della Salute, che almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica, deve emanare delle apposite Linee Guida.

Dall’entrata in vigore della normativa sino ad oggi si sono susseguiti vari aggiornamenti delle Linee Guida:

  1. La prima versione del 16 agosto 2004,
  2. L’aggiornamento del 30 aprile 2008,
  3. Le Linee Guida del 14 luglio 2015.

Queste ultime sono state interamente sostituite dalle nuove Linee Guida del 9 maggio 2024, che forniscono agli operatori delle strutture autorizzate chiare indicazioni circa l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita affinché sia assicurato il pieno rispetto di quanto dettato dalla legge n. 40/2004.

Le nuove Linee Guida vanno ad incidere su una serie di previsioni, tra cui:

  • Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita,
  • La gradualità nel ricorso a tali tecniche,
  • Il consenso informato,
  • L’accertamento dei requisiti previsti per le coppie che si sottopongono alla procreazione medicalmente assistita,
  • La sperimentazione sugli embrioni umani e i suoi limiti,
  • La procreazione di tipo eterologo (con donazione di gameti),
  • Il ricorso alla procreazione per le coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili,
  • L’abolizione del reato che punisce la selezione di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili,
  • La preservazione della fertilità, con riferimento a patologie o terapie che comportano il rischio di un esaurimento funzionale delle gonadi.

Visualizza e scarica la guida

L’applicazione della legge sulla procreazione medicalmente assistita non può prescindere dalla conoscenza delle Linee Guida, recentemente aggiornate dal Ministero della Salute. Scarica la guida di Consulcesi Club.

2. I requisiti per poter accedere alla procreazione medicalmente assistita

Le Linee Guida forniscono la definizione di infertilità e sterilità:

  • Si considera infertile la coppia che non è stata in grado di concepire dopo un anno di rapporti sessuali non protetti,
  • Si considera, invece, sterile, l’individuo affetto da una condizione fisica permanente che non rende possibile il concepimento.

Nonostante la sterilità sia, a livello medico, una condizione sicuramente più grave e assoluta rispetto a quella dell’infertilità, le Linee Guida specificano che, ai fini dell’applicazione delle tecniche di procreazione assistita, i due termini devono considerarsi come sinonimi.

In virtù dell’intervento della Corte costituzionale, avvenuto con la famosa sentenza n. 96/2015, è consentito l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a:

  • Coppie affette da malattie genetiche trasmissibili gravi, tra cui quelle relative a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che potrebbero determinare un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, purché vi sia un accertamento da parte di apposite strutture pubbliche,
  • Coppie sierodiscordanti portatrici di patologie infettive, come HIV, HBV, HCV, nelle quali l’alto rischio di infezione configura una causa ostativa, di fatto, alla procreazione,
  • Coppie in cui uno o entrambi i partner siano ricorsi, in passato, alla crioconservazione dei propri gameti o tessuto gonadico per la preservazione della fertilità.

Una volta che la diagnosi di infertilità/sterilità viene completata e certificata dal medico, la coppia deve essere trattata sulla base di tre opzioni principali:

  1. Trattamento medico per ripristinare la fertilità in uno o entrambi i partner,
  2. Trattamento chirurgico per ripristinare la fertilità in uno o entrambi i partner,
  3. Accesso alle procedure di fecondazione assistita.

Sotto il profilo temporale, le strategie diagnostiche e terapeutiche sono condizionate dai seguenti aspetti:

  1. Età della donna, poiché con l’aumentare dell’età si eleva il rischio di aborto spontaneo,
  2. Riserva ovarica, poiché la gonade femminile – a differenza di quella maschile – è costituita da un numero finito di unità follicolari e cellule uovo, che può depauperarsi in maniera irreversibile, in base all’età, a cause congenite, all’interferenza di fattori iatrogeni o patologici,
  3. Esposizione alla probabilità di concepire, nel senso di durata dell’infertilità nella coppia; le linee guida indicano in due annidi rapporti liberi e assenza di patologie medicalmente reversibili l’indicazione temporale per la fecondazione in vitro, con possibilità di ridurre tale tempo a dodici mesi (o anche meno) nel caso in cui la donna abbia un’età superiore ai 38 anni e nei casi in cui il medico ne valuti la necessità.

I principi che regolano l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, secondo le Linee Guida, sono essenzialmente due:

  1. gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività,  ma tenendo in considerazione l’età della paziente e le condizioni cliniche della coppia, condizioni che determinano una riduzione del tempo a disposizione per concepire;
  2. consenso informato, affinché la coppia sia consapevole dei metodi, dei problemi bioetici e dei possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche di PMA, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro.

Le Linee Guida specificano che lo studio dell’infertilità della coppia deve essere effettuato da medici specialisti del centro di medicina della riproduzione, in maniera estremamente accurata; particolare attenzione è richiesta alla valutazione clinica del profilo della donna e agli eventuali rischi nell’evoluzione della gravidanza, con riguardo soprattutto all’analisi costi (rischi)-benefici relativa alle complicanze ostetriche (incluse le gravidanze multiple), alle potenziali ricadute sul neonato e ai potenziali rischi per la salute della donna, tenendo in considerazione:

  • il rischio diabetologico,
  • eventuali patologie autoimmuni e/o genetiche,
  • il peso corporeo della donna, che dovrà sottoporsi a tecniche di PMA,
  • il body mass index (BMI) della donna, che dovrà essere inferiore al valore di 30 per ridurre i rischi chirurgici e anestesiologici, aumentando le possibilità di gravidanza e diminuendo il rischio di aborto e complicanze materno-fetali.

3. La certificazione di infertilità o sterilità

L’infertilità/sterilità della coppia, ai sensi dell’art.4 della legge n°40/2004, deve essere documentata e/oi certificata da un atto medico; le Linee Guida prevedono che tale certificazione possa essere effettuata da ogni medico abilitato all’esercizio della professione. Per l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, in particolare, la certificazione deve essere effettuata dal medico responsabile del centro oppure da un suo delegato, previa acquisizione delle consulenze specialistiche dei medici competenti, cioè:

  • specialista in genetica medica, per le patologie genetiche,
  • ginecologo, per le patologie femminili,
  • endocrinologo con competenze in andrologia per le patologie maschili,
  • urologo con competenze in andrologia per le sole patologie di interesse chirurgico,
  • specialista in genetica medica, nel caso in cui siano presenti o sospettate patologie genetiche.

La coppia sterile/infertile ha il diritto a un sostegno psicologico che deve essere presente presso la struttura che si occupa di procreazione medicalmente assistita, e deve avere una formazione documentata in questo specifico settore, così delicato.

Così come l’infertilità e la sterilità, anche la negazione del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita deve essere certificata dal relativo specialista e verificata dal responsabile del centro di PMA.

4. Il Consenso informato

La legge n°40/04 stabilisce che prima del ricorso, nonché in ogni fase di applicazione delle tecniche di PMA, il medico ha il dovere di informare la coppia in maniera dettagliata:

  • sui metodi di PMA,
  • sui problemi bioetici,
  • sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche di PMA,
  • sulle probabilità di successo delle tecniche di PMA,
  • sui rischi derivanti dalle tecniche di PMA,
  • sulle conseguenze giuridiche per la donna, per l’uomo e per il nascituro, vale a dire sui diritti e doveri dei genitori nei confronti del nascituro (responsabilità genitoriale, dovere di mantenere, istruire, educare il figlio, scegliere l’indirizzo educativo, assistenza morale e materiale),
  • sui costi economici dell’intera procedura, nell’ipotesi di strutture private autorizzate,
  • sulle modalità e sui tempi di revoca del consenso,
  • sul fatto che dopo la fecondazione assistita dell’ovulo il consenso alla PMA non può essere revocato e la donna può chiedere l’impianto dell’embrione anche se il suo partner sia deceduto ovvero se il loro rapporto sia cessato.

Il medico, inoltre, deve prospettare alla coppia infertile/sterile la possibilità di ricorrere alla procedura di adozione o di affidamento, come alternativa alla PMA.

Questa mole di dati contribuisce a determinare la volontà della coppia sterile/infertile che decide di accedere alla PMA; solo dopo aver ricevuto tutte queste informazioni obbligatorie, il medico responsabile della struttura di PMA raccoglie, per iscritto, il consenso (informato) sia dell’uomo che della donna coinvolti in questa particolare procedura.

Nel momento in cui entrambi i partner abbiano manifestato, per iscritto, il loro consenso informato, per ricorrere alle tecniche di PMA dovrà comunque intercorrere un termine non inferiore a sette giorni tra la data del consenso e la data in cui si inizia la procedura.

Il consenso, in ogni caso, può essere revocato da ciascuno dei partner fino al momento in cui l’ovulo non è fecondato. Nel sia stata applicata una tecnica di diagnosi preimpianto che abbia diagnosticato una grave patologia dell’embrione accertata da struttura pubblica/privata autorizzata, i partner possono decidere di revocare il consenso alla PMA.

5. La consulenza e il sostegno psicologico della coppia

Alla luce della delicatezza del tema e delle conseguenze negative che una diagnosi di infertilità/sterilità può avere sul piano psicologico per la coppia, le strutture devono loro offrire sostegno psicologico e attività di consulenza mirata.

L’attività di consulenza e supporto psicologico deve essere accessibile, per la coppia, in tutte le fasi dell’approccio diagnostico e/o terapeutico dell’infertilità/sterilità, anche dopo il termine del trattamento, se necessario, indipendentemente dall’esito dell’impianto.

Devono essere oggetto di consulenza psicologica tutti gli aspetti che vengono illustrati dal medico della struttura prima di raccogliere il consenso informato, come illustrati nel paragrafo precedente, in modo da rafforzare la consapevolezza della scelta effettuata dalla coppia.

L’attività consulenziale può, a seconda delle situazioni, essere di vario tipo:

  1. decisionale, per permettere ai soggetti coinvolti di comprendere e riflettere sulle implicazioni che la PMA avrà su di loro, sulle loro famiglie e sui figli già esistenti e su quelli che nasceranno con l’ausilio della PMA,
  2. di sostegno, per supportare le coppie nei momenti di stress e difficoltà durante ogni fase della PMA,
  3. fornita nella previsione del rischio di anomalie genetiche trasmissibili,
  4. terapeutica, cioè finalizzata ad assistere i soggetti che ne abbiano bisogno per sviluppare strategie che permettano loro di affrontare le conseguenze dei trattamenti per l’infertilità, sia a breve che a lungo termine.

6. Le procedure di procreazione medicalmente assistita

Le Linee Guida definiscono tecniche di procreazione medicalmente assistita tutti quei procedimenti che comportano il trattamento di ovociti umani, di spermatozoi o embrioni nell’ambito di un progetto finalizzato a realizzare una gravidanza. All’interno di questi procedimenti, che possono essere effettuati con gameti donati o provenienti dalla coppia, rientrano:

  • l’inseminazione intrauterina,
  • la fecondazione in vitro e il trasferimento intrauterino di embrioni,
  • la microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo,
  • la crioconservazione dei gameti e degli embrioni,
  • la biopsia embrionale per eseguire i test genetici di preimpianto.

Tutte le procedure di laboratorio della PMA devono essere eseguite da biologi esperti in riproduzione umana.

Le Linee Guida raccomandano ai medici e alle strutture di prediligere, in prima istanza, le opzioni terapeutiche più semplici, meno invasive e meno onerose, tenendo conto dei seguenti parametri:

  • età della donna,
  • riserva ovarica della donna,
  • tempo di ricerca della gravidanza,
  • causa (se nota) dell’infertilità/sterilità di coppia, identificata dagli specialisti in medicina della riproduzione.

L’inseminazione intrauterina, con o senza induzione multipla dell’ovulazione, non è consigliabile alle coppie in cui la donna abbia un’età superiore ai 35 anni, ed è indicata nel caso di:

  1. sterilità inspiegata;
  2. infertilità maschile di grado lieve – moderato non altrimenti trattabile dopo relativo inquadramento clinico-diagnostico;
  3. endometriosi I-II stadio della classificazione American fertility society (AFS);
  4. ripetuti insuccessi nell’ottenere una gravidanza con induzione dell’ovulazione e rapporti mirati in pazienti con anovulazione cronica;
  5. patologie sessuali e coitali che non hanno trovato giovamento dall’inseminazione intracervicale semplice;
  6. prevenzione del rischio di trasmissione di malattie infettive in coppie sierodiscordanti.

La fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (FIVET), invece, è indicata nelle ipotesi di:

  1. fattore tubo-peritoneale: patologia tubarica acquisita o congenita (precedente gravidanza ectopica, precedenti aborti tubarici, anamnesi positiva per flogosi pelvica, interventi chirurgici sulla pelvi);
  2. infertilità maschile di grado moderato non altrimenti trattabile dopo relativo inquadramento clinico-diagnostico e/o quando il trattamento medicochirurgico o inseminazioni intrauterine non hanno dato risultati o sono stati giudicati non appropriati;
  3. endometriosi di III o IV grado;
  4. endometriosi I o II se la chirurgia o le inseminazioni intrauterine non hanno dato risultati o sono state giudicate non appropriate;
  5. infertilità inspiegata se le inseminazioni intrauterine non hanno dato risultati o è stato giudicato non appropriato;
  6. seme crioconservato in relazione alla qualità seminale successiva allo scongelamento;
  7. fallimento dell’iter terapeutico a bassa tecnologia;
  8. quando la causa dell’infertilità di coppia dopo valutazione diagnostica e clinica di entrambi i componenti della coppia è da ricondursi soltanto ad un tempo anagrafico e/o biologico a disposizione per concepire ridotto (età materna superiore a 35 anni e/o bassa riserva ovarica).

È invece indicata la microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI), secondo le Linee Guida, nei seguenti casi:

  1. infertilità maschile di grado severo non altrimenti trattabile dopo relativo inquadramento clinico-diagnostico e/o quando il trattamento medico-chirurgico non ha dato risultati o è stato giudicato non appropriato;
  2. zoospermia ostruttiva e secretiva (spermatozoi testicolari o epididimari);
  3. mancata o ridotta fecondazione in precedenti cicli (FIVET);
  4. ovociti precedentemente crioconservati;
  5. ovociti maturati in vitro;
  6. test genetici preimpianto;
  7. seme crioconservato in relazione alla qualità seminale successiva allo scongelamento;
  8. alterazione seminale che pone a rischio la fecondazione ovocitaria;
  9. a giudizio dell’equipe medico-biologica in relazione alle caratteristiche clinico-anagrafiche e biologiche della coppia.

7. I test genetici e gli obblighi informativi

Nel corso dell’iter per accedere alla procedura di procreazione medicalmente assistita, se la coppia deve sottoporsi a dei test genetici, il medico ha l’obbligo di fornirgli una serie di informazioni ulteriori.

Le coppie devono essere informate sul fatto che studi internazionali che confrontano i concepiti con ICSI e FIVET suggeriscono che il loro sviluppo neurologico è paragonabile, che anche la crescita e gli aspetti della salute fisica sono simili, ma che, tuttavia, gli studi sono pochi e limitati soprattutto all’infanzia.

Il medico deve informare la coppia sul fatto che i dati di follow-up a lungo termine sulla salute dei nati da fecondazione in vitro sono limitati. Alcuni dati della letteratura internazionale riportano la presenza di una percentuale aumentata, se pur modesta, di difetti congeniti (in particolare difetti cardiaci) compresa tra 1,1 e 3,3% e patologie epigenetiche in coppie con fattore severo maschile d’infertilità, rispetto ai concepimenti naturali. A questo proposito, è anche importante tenere in considerazione possibili effetti associati all’età materna e paterna avanzata e alla patologia di base. Tuttavia, non si può escludere che l’aumento rilevato sia dovuto a un monitoraggio particolarmente attento delle gravidanze derivate da concepimenti assistiti;

Infine, la coppia deve essere informata del fatto che la ICSI aumenta le possibilità di fecondazione rispetto alla FIVET solo nei casi di sterilità da fattore maschile severo o in caso di precedente insuccesso di fecondazione con tecnica FIVET, ma una volta avvenuta la fecondazione le percentuali di gravidanza ottenute con le due tecniche sono le stesse.

8. Embrioni: sperimentazione e crioconservazione

La normativa vieta, in generale, qualsiasi tipo di sperimentazione sugli embrioni umani, consentendo la ricerca clinica e sperimentale solo se si perseguono finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e solo se non siano disponibili dei metodi alternativi.

È comunque vietata:

  1. la produzione di embrioni umani per fini di ricerca, sperimentazione, o comunque per fini diversi da quelli della PMA,
  2. ogni forma di selezione degli embrioni e dei gameti a scopo eugenetico,
  3. qualunque tipo di intervento che, attraverso tecniche di selezione, manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, sia diretto ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete o a predeterminarne le caratteristiche genetiche, salvo che per gli interventi aventi finalità diagnostica e terapeutica di cui abbiamo accennato sopra,
  4. interventi di clonazione, sia a fini procreativi che di ricerca,
  5. fecondazione di un gamete umano con uno di specie diversa, nonché la produzione di ibridi o di chimere.

Le Linee Guida, nel richiamare la normativa della legge n°104/2004, danno atto di una serie di pronunce della Corte costituzionale intervenute dal 2004 ad oggi in materia di embrioni e sperimentazione.

Non è reato selezionare gli embrioni nel caso in cui tale attività sia finalizzata ad evitare di impiantare nell’utero della donna embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili gravi accertate da struttura pubblica o privata autorizzata (Corte costituzionale sentenza n. 229/2015).

Il trasferimento degli embrioni deve essere effettuato non appena possibile e senza pregiudizio sulla salute della donna, comunque senza limiti per il numero di embrioni da impiantare: il divieto di un unico e contemporaneo impianto di embrioni, comunque non superiori a tre, è caduto a seguito dell’intervento della Corte costituzionale n. 151/2009.

Con riferimento alla crioconservazione, le Linee Guida specificano che tutti gli embrioni non immediatamente trasferiti vengono crioconservati e mantenuti presso i centri dove le tecniche sono state effettuate e i relativi oneri sono a carico dei medesimi centri per il primo anno successivo alla fecondazione e/o alla gravidanza e al parto. I costi saranno a carico della coppia in caso la stessa decida di procrastinare oltre il primo anno il trasferimento degli embrioni crioconservati. La donna, in ogni caso, ha sempre il diritto ad ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati.

Nella scheda clinica dovranno essere riportate le motivazioni in base alle quali è stato ipotizzato un numero ottimale di embrioni per far ottenere una o più gravidanze a quella coppia e, eventualmente, quelle in base alle quali si è stabilito quali e quanti embrioni non trasferiti siano temporaneamente da crioconservare.

9. La Scheda clinica di registrazione e il mantenimento dei dati

Durante il percorso della coppia sterile/infertile il medico dovrà compilare una scheda clinica contenente le valutazioni e i dati pertinenti della coppia, così come emersi durante il percorso: la scheda dovrà poi essere conservata a cura del Centro per la procreazione assistita.

La scheda, da elaborare secondo il modello predisposto dalle Linee Guida, deve contenere:

  • le generalità di entrambi i partner, il loro recapito,
  • i dati anamnestici e clinici dei componenti la coppia,
  • eventuali esami genetici ed infettivologici,
  • la diagnosi,
  • il trattamento con le prescrizioni terapeutiche e la descrizione della procedura eseguita,
  • le eventuali tecniche di anestesia e/o sedazione e/o analgesia utilizzate,
  • i nominativi del/degli operatori,
  • il decorso clinico,
  • eventuali complicanze,
  • l’esito del trattamento.

Le Linee Guida impongono un’adeguata documentazione di tutti gli esami di accertamento dello stato di gravidanza; deve, a tal fine, essere compilata una scheda di laboratorio che contenga le generalità di entrambi i partner, il loro recapito e le informazioni riguardanti gli eventuali riferimenti alla PMA con donazione di gameti e gli esami effettuati su cellule e tessuti umani, come ad esempio:

  • tecniche minori utilizzate,
  • tecniche maggiori con indicazione dei dati relativi alla stimolazione, al prelievo, agli ovociti,
  • dati riferiti all’embrione,
  • dati di raccolta dello sperma.

La conservazione della scheda clinica e di quella di laboratorio è affidata al centro di procreazione, che dovrà naturalmente adottare le tecniche di protezione dei dati personali e sanitari esistenti in quel determinato momento storico, per evitare che i dati vengano smarriti, distrutti o persi.

Al termine del percorso il medico dovrà redigere una relazione conclusiva, clinica e biologica, destinata al

medico curante e consegnata all’utente al termine della prestazione, dove dovranno essere indicati:

  • la procedura impiegata ed i dettagli della stessa;
  • il monitoraggio endocrino/ecografico;
  • i dati di laboratorio inerenti le caratteristiche seminali ovocitarie ed embrionarie nei vari giorni di coltura;
  • gli eventuali farmaci utilizzati durante il prelievo ovocitario;
  • il risultato ottenuto;
  • ogni indicazione terapeutica utile al curante per il periodo successivo alla procedura effettuata.

Le linee guida offrono due modelli tipo di scheda clinica e di laboratorio, da personalizzare in base alle esigenze della clinica e soprattutto all’esperienza pratica dei sanitari.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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