In Italia, dove la formazione, specie quella medica, passa attraverso enormi e spesso polverosi tomi cartacei, si tratta di una rivoluzione. Le linee guida per la cura dei pazienti Covid negli ospedali ci entrano tramite internet. Girano via mail nei cellulari di medici ed infermieri, vengono esplorati da computer accesi 24 ore su 24. Non c’è tempo per l’inchiostro o per i convegni dal vivo, la velocità della tecnologia può salvare più vite e diffondere più sapere.
La storia di Roberto
Succede anche a Roberto, radiologo da 40 anni al San Matteo di Pavia. Dalle sue parole ascoltiamo le frenesia di quei periodi e l’urgenza di risposte, spesso in arrivo di giorno in giorno. Poi arrivano i vaccini, quel metodo che mesi prima aveva portato conoscenza e diffuso strumentazioni, da remoto e in maniera capillare, torna ad essere protagonista. L’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Agenzia italiana del Farmaco prepara un corso intensivo per formare la figura del “vaccinatore”. La “novità” di quella che è la soluzione salvavita diffonde in contemporanea una pandemia di fake news sugli effetti e le conseguenze delle inoculazioni.
La testimonianza della vaccinatrice
Con la testimonianza della dottoressa Francesca, apprendiamo come e quanto l’azione del personale sanitario di diffondere il proprio sapere e le informazioni fondamentali ai pazienti riesca a contrastare quella che sembrava una battaglia persa. Da quel sapere sono scaturite competenze. Le stesse che, secondo il The Lancet, hanno salvato 20 milioni di persone dalla morte per Covid: con le cure prima, con i vaccini poi. Farlo non sarebbe stato possibile senza la rete di formazione più ambiziosa che l’Italia abbia mai tentato. Non una novità nella sua applicazione. Medici, infermieri e sanitari tutti sono educati a una formazione in continua evoluzione, all’obbligo ma anche al dovere di restare aggiornati su patologie, medicinali, tecniche che gli studi mettono loro a disposizione. È scritto nel dna della loro professione.